Musica

Tony Hadley: «L’apice della mia carriera? Di certo il Live Aid del 1985»

L’ex frontman degli Spandau Ballett è stato tra i protagonisti di «City of Guitars» a Locarno
Tony Hadley domenica a Locarno (Foto CdT)
Enrico Giorgetti
16.09.2019 06:00

A Locarno la grande musica e i grandi artisti sono di casa. La seconda edizione di «City of Guitars» ha portato sulle rive del Lago Maggiore nomi storici del mondo delle sette note e tanto pubblico grazie alle ideali condizioni atmosferiche. Insomma non c'è solo Moon&Stars ma anche questa bella manifestazione alla portata di tutti in quanto è gratuita grazie al lavoro di Tycoon Promotion e alla disponibilità del Comune. Oltre agli spazi didattici, quest'anno sul palco allestito in Piazza Grande si sono esibiti artisti del calibro di Samuele Bersani, Irene Grandi, Pupo, che ha stupito per la sua incredibile energia, Enrico Ruggeri, Gazebo ma non sono mancate autentiche leggende della musica internazionale come Paul Young e Tony Hadley. Con l'ex frontman degli Spandau Ballet - 59 anni splendidamente portati, 40 di carriera - che ha dimostrato una disponibilità totale e un'umiltà appannaggio dei grandi, dopo una cordiale stretta di mano, abbiamo potuto parlare sulla terrazza dell'hotel Ibis.

Lei ha accettato di partecipare a «City of Guitars». Qual è il suo artista preferito di questo strumento?

«Per me esibirmi dal vivo è una ragione di vita in un'epoca in cui la musica passa tutta da un cellulare e gli ascolti spaziano molto velocemente. Amo Jeff Beck, Brian May dei Queen, Steve Lukather fondatore dei Toto, naturalmente il mio storico chitarrista Richard Barrett con il quale abbiamo condiviso 20 anni di carriera e colui che mi accompagna attualmente alla sei corde, Tim Sandiford».

Ci dice qualcosa del suo nuovo album Talking to the Moon?

«È terribilmente bello (ride). Ho lavorato per molto tempo e spero e di aver realizzato qualcosa di buono che emozioni chi avrà la pazienza di ascoltarlo. Ho investito tanto e cerco di fare il maggior numero possibile di concerti per farlo conoscere. Sono felice del risultato. Forse dovremmo parlare di più con la luna chiedendole un piccolo aiuto, o semplicemente ammirando la sua bellezza. Ho ancora delle cose da dire e sto già scrivendo dei testi per un ulteriore disco. Voglio sempre dare il meglio di me, il pubblico lo merita».

Ci regala un ricordo degli anni ’80?

«Potrei raccontarne molti ma forse l’apice è stato il Live Aid. È dal quel momento che i musicisti hanno capito che era importante impegnarsi per obiettivi nobili. Tutti gli eventi promossi per aiutare chi ha bisogno sono partiti da lì. Appartengo alla schiera degli essere umani fortunati e quando me lo chiedono mi metto con piacere a disposizione per eventi benefici».

Da pelle d'oca il suo intervento nel brano di Caparezza Goodbye malincònia...

«Caparezza è una persona meravigliosa. Ma io non conosco la malinconia, sono ottimista per natura e la realtà mi impone l'obbligo morale di essere il più possibile felice e di trasmettere positività a chi mi avvicina. Lo faccio con quello che so fare».

Un altro artista con il quale ha duettato è il nostro Paolo Meneguzzi...

«Certo, come dimenticare Grande, la canzone che Pablo ha presentato nel 2008 a Sanremo. L'ho incrociato all'aeroporto di Santiago del Cile: lui è molto apprezzato in Sudamerica e ne sono felice. È un ragazzo che merita perché ama veramente la musica».

Lei ha incontrato tutti i più grandi artisti: un aneddoto?

«Avevo 17 anni e incontrai Frank Sinatra che mi augurò buona fortuna. Sei anni dopo in quello stesso luogo tenemmo un concerto da tutto esaurito!».