Tutto esaurito al LAC per la PFM che canta De Andrè

Era uno degli appuntamenti più attesi della stagione musicale «pop» del LAC il concerto di sabato sera della Premiata Forneria Marconi che, per l’occasione, ha abbandonato il suo repertorio concentrandosi su un momento particolare della sua carriera: la collaborazione con Fabrizio De Andrè, che ha avuto il suo culmine proprio quarant’anni fa, con un ciclo di concerti poi condensati in due album che rappresentano una delle più riuscite coniugazioni tra la canzone d’autore diciamo così «classica» ed il rock. Una collaborazione che però ha origini più lontane, addirittura a quando la PFM ancora non esisteva ed il suo nucleo di musicisti (che allora si faceva chiamare «I Quelli») fu chiamato da Faber a suonare uno dei suoi dischi più ambiziosi, La buona novella, un concept album dedicato ai Vangeli apocrifi.
Ed è proprio su questi due differenti momenti che si è sviluppato il concerto di sabato con, da un lato la riproposizione dei più celebri successi del cantautore con quei briosi ed eleganti arrangiamenti contenuti nei due dischi «live» che De Andrè e PFM realizzarono e che lo stesso Fabrizio ha poi riproposto per tutto il resto della sua carriera mettendo completamente da parte le versioni originali delle canzoni, e da un lato la rilettura che qualche anno fa, in occasione del 70. anniversario della nascita dell’artista, la PFM diede della Buona Novella.
Di queste due parti quella che, sinceramente, ha convinto di più è stata proprio quest’ultima: la riscrittura della Novella in chiave splendidamente «prog» da parte della «Premiata» ha infatti avuto il merito di valorizzare un capolavoro che è sempre stato penalizzato, nella sua stesura originale, da una scrittura musicale scarna e fin troppo minimalista. In più non trattandosi di brani universalmente conosciuti dal grande pubblico (eccezion fatta, forse, per Il testamento di Tito) nella sua reinterpretazione la PFM ha potuto personalizzare il lavoro evitando imbarazzanti confronti vocali.
Che sono stati un po’ il limite del resto del concerto: meraviglioso dal punto di vista strumentale (anche grazie al fatto che, alla PFM di oggi si sono aggiunti per l’occasione un paio di musicisti in grado di ricreare il meglio possibile il sound di quella storica collaborazione, l’ex tastierista del gruppo Flavio Premoli e lo storico chitarrista di Faber Michele Ascolese) e invece carente da quello vocale con Franz di Cioccio - che di sé non è un grande cantante - incapace di reggere il confronto con quelle versioni delle canzoni che tutti hanno nelle orecchie e nel cuore.
Una pecca questa che non ha comunque inficiato la bontà e la validità dell’operazione, sia per la già citata abilità dei musicisti sia perché Di Cioccio ha compensato i suoi limiti canori con una straordinaria verve scenica, una consumata abilità nel dialogare e coinvolgere il pubblico (che ha mostrato grande entusiasmo dalla prima all’ultima nota) ed una energia davvero invidiabile. Un ottimo concerto, insomma, che ha avuto il suo momento toccante quando la PFM ha fatto fare a tutti un viaggio nel tempo eseguendo La canzone di Marinella su un palco buio illuminato solo da un fascio di luce puntato su una postazione microfonica vuota, con la voce registrata di Faber che la cantava. Come fosse ancora tra noi. E probabilmente c’era davvero....