Storie

«Uso il telaio di mia nonna per creare tessuti con una storia alle spalle»

Il racconto di Matteo Gehringer, 36enne di Claro che dopo studi d’arte e musicali ha deciso di dedicarsi all’antica tecnica della tintura con l’indaco
Romina Borla
29.01.2019 18:00

«Quello che faccio sembra strano in un mondo dove si vuole tutto e subito. Infatti lavoro anche diversi mesi su di un unico tessuto, dalla sua creazione alla decorazione. Ma c’è chi sa aspettare, clienti selezionati. Si tratta di privati che hanno buon gusto e desiderano acquistare qualcosa di particolare con una storia alle spalle, architetti, interior designer, ecc. Il loro entusiasmo è per me fonte di grande soddisfazione». A parlare è Matteo Gehringer, 36 anni, artigiano di Claro che tesse ad un telaio manuale ereditato dalla nonna e ha recuperato l’antica tecnica, già in uso nella Lombardia prealpina dal Cinquecento fino al Secondo conflitto mondiale, della stampa in negativo (o tintura con l’indaco).
Ma come è arrivato a questo antico mestiere? «La mia famiglia ha vissuto di tessitura e tintura per tre secoli», spiega. «Poi, con la Seconda guerra mondiale, la tradizione si è interrotta perché la richiesta di stoffe fatte a mano è diminuita drasticamente. In casa, però, si continuava con la tessitura. Ed io ne ho appreso i segreti dai nonni». In seguito il nostro interlocutore è partito alla volta di Bologna, dove ha conseguito un dottorato in Storia dell’arte. Non contento, ha ottenuto anche un diploma al Conservatorio. «Ho fatto altro, insomma, senza dimenticare la mia grande passione per i tessuti e la storia della moda, con particolare attenzione al periodo medievale e rinascimentale fino ai giorni nostri». Quando è rientrato in Ticino ha conosciuto altre persone interessate ai tessuti: biologi e chimici. «Insieme abbiamo intrapreso delle interessanti ricerche sulla stampa e la tintura nel nostro cantone, specialmente la famosa stampa in negativo con l’indaco ispirata al più pregiato broccato (tessuto ornamentale decorato con disegni prodotti da catene e da trame supplementari, aggiunte al tessuto di fondo senza che questo subisca modificazioni, ndr.)». L’indaco, precisa l’esperto, è un pigmento (blu) di origine vegetale proveniente dall’Asia, in particolare dall’India, dall’Africa e dal Sudamerica che veniva acquistato dagli emigranti. Una sostanza quindi costosa che potevano permettersi anche i ceti meno abbienti. «La tintura con l’indaco era infatti diffusissima sul nostro territorio», osserva Gehringer. «Tutte le famiglie possedevano almeno un pezzo decorato con il prezioso pigmento da inserire nella dote e alcuni tessuti per il vestiario. I decori e gli abbinamenti variavano a seconda delle regioni».

Matteo Gehringer nel suo laboratorio.
Matteo Gehringer nel suo laboratorio.

Dalla canapa alla seta
Ma quali erano i tessuti in voga nel Ticino del passato? «Per i capi “ordinari” si usavano principalmente canapa e lana», risponde l’artigiano. «Il lino era destinato a biancheria, vestiti della festa e abiti ecclesiastici. Il cotone è apparso dopo la fine della dominazione austro-ungarica sulla Lombardia. Anche la seta ha avuto un grosso peso per quello che riguarda le Prealpi lombarde, il Ticino». Fino alla grande emigrazione dell’Ottocento, continua l’intervistato, quello del tessitore-tintore era un mestiere prevalentemente maschile, in seguito è stato «ritirato» dalle donne che sono rimaste in Patria. Ma con il passare del tempo, l’avvento della società industriale e della produzione in serie, il settore è entrato in crisi. «L’ultima stamperia professionale, la Colombo di Lugano, ha chiuso i battenti a fine Ottocento – inizio Novecento», ricorda Gehringer. «Sono andate avanti le imprese a conduzione famigliare per una cinquantina d’anni. L’ultimo scritto che parla di questa antica industria artistica è della moglie di Francesco Chiesa, Corinna Chiesa-Galli. Poi, con la Seconda guerra mondiale, è andato tutto a finire nel dimenticatoio».

Fino a pochi anni fa...
Quando il nostro interlocutore ha ripreso in mano il telaio della nonna e deciso di recuperare la tecnica della tintura con l’indaco, rivedendo la «ricetta» del pigmento. «In quella originale erano infatti presenti dei componenti non più utilizzabili in quanto pericolosi: sali di piombo e di mercurio. Li abbiamo sostituiti con delle sostanze naturali. Poi abbiamo provato e riprovato fino ad ottenere il giusto risultato. La teoria è importante, ma alla fine è l’esperienza continua che ti porta a capire cosa va più o meno bene per quel tipo di stoffa. Infine ho proceduto alla stampa, con gli stampi originali della mia famiglia oltre a quelli delle collezioni dello Stato». A quell’epoca tessere e stampare era per Gehringer un passatempo. «Da tre anni a questa parte vivo di queste attività», afferma. «La mia, comunque, è un’esistenza frugale e non ho famiglia... Non insomma per nulla evidente».

«Gli ordini sono sempre relativamente piccoli perché il processo di produzione è molto lungo. Ma c’è chi sa aspettare. Si tratta di persone che hanno buon gusto e desiderano acquistare qualcosa di particolare»

L’artigiano non può infatti contare sulla produzione di grandi quantitativi: «Gli ordini sono sempre relativamente piccoli perché il processo di produzione è molto lungo. Ad esempio coltivo il lino. Il raccolto mi permette di creare circa 50 metri di tela l’anno (il processo produttivo dura quindi 12 mesi). Compro poi la seta e altri filati in Svizzera, tranne il cotone fair trade che arriva da oltre confine. Purtroppo la canapa qui da noi non si può più coltivare, se non si vogliono avere problemi. Riguardo ai tempi della tessitura: per una tela semplice si riesce ad arrivare ai 3 metri al giorno. Se poi parliamo della decorazione: per un tessuto ci vogliono circa 6 mesi di lavoro». Dunque i clienti, come detto, devono sapere aspettare e sicuramente spendere più denaro rispetto a chi sceglie tessuti prodotti industrialmente che però non hanno niente a che vedere con i piccoli capolavori creati dal nostro interlocutore che è uno dei pochi tessitori professionisti attivi nel cantone.

Senza Internet
Gehringer non è un grande fan delle nuove tecnologie. Per raggiungere la clientela si affida al passaparola, ai mercati e alle fiere in Ticino e Svizzera interna. Svizzera interna che raggiunge anche in occasione di corsi di aggiornamento organizzati dall’associazione mantello dei tessitori e delle tessitrici. Lui che ha imparato dai nonni e dall’esperienza, non perde occasione per migliorarsi. E così, con un sorriso, ci saluta per partire alla volta della Schule für Gestaltung di Basilea.