Valdés su tutti per l'esordio di Estival - LE FOTO

LUGANO - È attorno alla performance del Premio alla Carriera Estival Jazz - Corriere del Ticino, Chucho Valdés che ha ruotato la prima serata in Piazza della Riforma a Lugano di Estival Jazz 2015. Premiato poco prima della sua esibizione dal direttore del CdT Giancarlo Dillena e dal responsabile artistico di Estival Jacky Marti, che gli hanno consegnato una speciale scultura realizzata dall'artista ticinese Gino D'Antoni "per il grande contributo dato con la sua formazione degli Irakere nell'evoluzione della musica afro cubana e del jazz latino in generale", il settantatreenne pianista cubano ha mostrato alla platea luganese di essere ancora una delle figure più innovative e propositive della scena improvvisata contemporanea.
Affiancato da una band di nove elementi in cui spiccava una ricca sezione fiati ed un energico tris di percussioni, Valdés ha ribadito il suo personalissimo concetto di "fusion", muovendosi tra gli stili con grande nonchalance ma dando sempre, a ciascuna delle composizioni affrontate, un inconfondibile e speziato tocco di "cubanismo". Difficile infatti imbrigliare all'interno di un preciso stile la sua ricca proposta sonora nella quale il bolero va a braccetto con la contradanza, il funk si mescola con la conga, il jazz ed il blues si colorano e arricchiscono di ritmiche dispari e di coinvolgenti ceselli percussionistici, ma nella quale non mancano neppure intensi momenti di lirismo riconducibili a quel classicismo "americano" che ha in Gershwin il suo nume tutelare. Un intenso caleidoscopio che Chucho Valdés ha splendidamente orchestrato sia dalla tastiera del suo pianoforte - ma sempre con un occhio vigile e attento sull'operato dei suoi giovani musicisti - sia ponendosi al centro della scena con il piglio di un autentico direttore d'orchestra, e che non ha mancato di offrire spunti di straordinario eclettismo. Su tutti Tango, ipnotica e coinvolgente composizione nella quale il tradizionale ritmo argentino viene aumentato progressivamente sino a trasformarsi in un jump blues, ma sempre accompagnato dalle percussioni cubane che hanno il potere di stemperare l'intenso e avvolgente giro armonico: un piccolo capolavoro stilistico, insomma...
La performance di Chucho Valdés ha avuto il potere di mettere in ombra le due altre esibizioni in cartellone. La prima, di eccellente fattura, l'ha regalata il giovane vibrafonista italiano Marco Pacassoni che, come ha perfettamente sintetizzato lui stesso, si muove "tra jazz contemporaneo, classicismo senza dimenticare i Pink Floyd", ossia proponendo una musica ibrida ma contempo gradevole che forse a tratti pecca di intellettualismo ma che non manca di regalare spunti degni di nota. La seconda ha invece lasciato un po' d'amaro in bocca. Gli attesissimi Los Lobos si sono rivelati, più che dei grintosi lupacchiotti, degli quadrupedi imbolsiti e spelacchiati. Il coinvolgente tex-mex con il quale sono diventati famosi si è infatti visto solo per pochi brani all'inizio del loro show, lasciando poi spazio ad un bluesaccio dozzinale con qualche sconclusionata virata verso la psichedelia californiana, per giunta non sorretto da particolare tecnica (vocale e strumentale) e neppure da una scaletta ben orchestrata e che trasudava di approssimazione. Un concerto che, benché il pubblico abbia accompagnato con ovazioni e danze a gogo (ma ad una cert'ora, se c'è un po' di ritmo, la piazza balla qualsiasi cosa...) non si è rivelato all'altezza della situazione, neppure quando, nel finale, è stato intonato il cavallo di battaglia della band, La Bamba, la cui esecuzione si è rivelata un lontanissimo parente di quella che negli anni Ottanta portò i "lupi" ai vertici delle classifiche mondiali.
Stasera dalle 20.45 ancora in Piazza della Riforma si continua, dapprima con il "vocal play" degli americani Naturally 7, poi con "Les Ambassadeurs" del tradizione del Mali Salif Keita, Amadou Bagayoko e Cheick Tidiane Seck, ed infine con l'affascinante sassofono di Candy Dulfer. Ingresso libero.