Verità e controverità su Catherine Deneuve

Con La Vérité, il regista giapponese Kore-eda Hirokazu c osa lanciarsi in un’impresa che quasi mai è andata bene ad autori provenienti dall’Oriente: girare un film in Europa con un cast tutto europeo. Kore-eda riesce in questo caso a sfruttare al meglio la magnifica protagonista - una Catherine Deneuve raramente così perfida e al tempo stesso commovente - per raccontare una vicenda che dal mondo del cinema amplia i propri orizzonti al tema della memoria. La Deneuve è Fabienne, star del grande schermo che dopo aver pubblicato le sue memorie riceve la visita della figlia Lumir (una misuratissima Juliette Binoche) che vive a New York, accompagnata dal marito (un attore americano di second’ordine interpretato da un autoironico Ethan Hawke) e dalla figlioletta. Tra Fabieenne e Lumir si instaura subito un rapporto conflittuale non certo nuovo ma che viene rinfocolato dalle versioni divergenti delle due donne su molti episodi contenuti nel libro. In particolare sulle circostanze della morte di Sara, una collega di Fabienne a cui la piccola Lumir era molto affezionata. Ma questa è solo la punta dell’iceberg: poco a poco emergono altre circostanze in cui Fabienne si è comportata in maniera deprecabile senza che provi alcun senso di colpa, poiché secondo lei a un’attrice di successo si può concedere molto di più che a una persona «normale». La Vérité mischia realtà e finzione (le riprese del nuovo film di Fabienne) in un continuo rincorrersi di verità e controverità da cui scaturisce un ritratto inedito della grande Catherine, basato su lunghe conversazioni con il regista che hanno incluso anche gli aspetti più delicati della sua esistenza, come la morte prematura della sorella Françoise Dorléac. Nonostante questi aspetti scabrosi, il film di Kore-eda trasuda serenità e delicatezza, confermandone la maestria nell’affrontare i soggetti più complessi con stupefacente semplicità.