Viaggio con l’OSI tra Russia e India

Sta sempre più vestendo i panni del curioso esploratore Markus Poschner: al timone dell’orchestra della Svizzera italiana il «nocchiero» bavarese sta infatti conducendo il complesso sinfonico ticinese verso territori sonori sempre nuovi, in grado di stuzzicare la curiosità sia dei musicisti sia di un pubblico che si sta dimostrando avvezzo a raccogliere la sfida di uscire dai sentieri sin troppo battuti a favore di altre vie. Che, in occasione del terzo appuntamento stagionale di «OSI al LAC» di domani sera vanno verso Oriente, facendo dapprima tappa nella Russia di inizio Novecento per poi spostarsi in India, la cui ricca tradizione da più di mezzo secolo ha iniziato a farsi conoscere ed apprezzare anche da noi.
Tra i grandi artefici dell’arrivo e della diffusione della musica indiana in Occidente va ricordato Ravi Shankar (1920-2012), uno dei più grandi virtuosi del sitar (una sorta di chitarra indiana) della seconda metà del XX secolo, il quale, agli inizi degli anni Sessanta iniziò ad esibirsi con regolarità in Europa e in Nord America. Sfruttando la sua amicizia con i Beatles – con George Harrison in particolare – Shankar non solo introdusse le singolari sonorità del suo strumento nell’universo del pop , gettando in pratica i semi di quella che sarebbe poi diventata la «world music», ma fece conoscere la ricca tradizione indiana ad un vastissimo pubblico, partecipando ad eventi epocali quali i festival di Monterey e di Woodstock.
Sulle orme di papà
A portare avanti la sua tradizione c’è ora una delle sue due figlie, Anoushka Shankar, (l’altra, Norah Jones, è invece una superstar della scena jazz-pop). Come il genitore virtuosa del sitar, come lui interessata da un lato a portare avanti la tradizione classica indiana e dall’altra a fonderla con la tradizione occidentale (tra i suoi riusciti esperimenti di «fusion» c’è quello con il flamenco spagnolo), Anoushka Shankar sarà domani sera al LAC a fianco dell’OSI unitamente all’austriaco Manu Delago (suo produttore nonché virtuoso dell’hang – strumento musicale idiofono in metallo creato in Svizzera una ventina di anni fa da Felix Rohner e Sabina Schärer) nell’interpretazione di alcuni brani tratti dall’album Reflections, un’antologia dei suoi principali successi in versione riveduta e corretta, pubblicata a marzo da Deutsche Grammophon.
Un’immortale suite
Il programma della serata si completerà con l’esecuzione, in apertura, di una delle più celebri opere di Igor Stravinskij: L’uccello di fuoco, composizione nata nel 1911 come musica per un balletto ma la cui fortissima carica di immagini evocate dai suoni, la rende una partitura in grado essere eseguita anche in forma di Suite sinfonica e di essere fruita facilmente da ogni tipo di pubblico.
Di questo primo grande balletto del musicista russo (che sarebbe di lì a poco seguito da due altre immortali produzioni di questo tipo, Petrushka nel 1911 e da La sagra della primavera nel 1913) l’OSI eseguirà la terza Suite, che Stravinskij scrisse nel 1945, integrando i brani composti in due precedenti occasioni con altri sei.