La recensione

Doom: The Dark Ages, il paradiso di chi vuol sterminare demoni

In viaggio per l’inferno, con fucile a pompa e scudo motosega
Paolo Paglianti
29.05.2025 06:00

Nel mondo dei videogame, Doom è sinonimo di brutale passeggiata tra i demoni dell’Ade cosmico: una gita colorata di rosso sangue in cui prima si spara e poi si spara di nuovo, senza spazio per le chiacchiere e la filosofia. E il nuovo Doom: The Dark Ages non tradisce le promesse, anzi ne svela l’origine folle e violenta.

Facciamo un passo indietro. Nel 1993, l’originale Doom ha inventato il genere degli sparatutto in prima persona. Avevamo già visto qualcosa con Wolfenstein 3D, ma è con la disperata missione sulla luna di Marte di Doom che id Software (si scrive minuscolo, non è un errore) ha scatenato milioni di giocatori in sparatorie furibonde dagli occhi del protagonista. Poi ci sono stati QuakeCall of Duty e Halo, e la grafica ha fatto enormi passi avanti.

Il publisher del gioco - quella Bethesda di Fallout e di Starfield per capirci - nel 2016 aveva tirato fuori dal cilindro un reboot, che si chiamava semplicemente di nuovo Doom e raccontava la storia un po’ rimaneggiata e rimodernata dello Slayer, il soldato finale senza paura che viaggiava fino all’inferno e faceva a pezzi i demoni a casa loro. Poi è seguito Doom Eternal, nel 2020, che tentò di svecchiare un po’ lo sparatutto «old style» solo fucilate e lanciarazzi, introducendo degli elementi da platform. Insomma, si sparava ma si saltava anche, e non tutti gli aficionados dello Slayer hanno gradito fino in fondo la svolta.

A trent’anni dall’originale e cinque dopo l’ultimo capitolo del franchise infernale, arriva Doom: The Dark Ages, che fa una bella retromarcia. Non solo temporale – è un prequel, che racconta come lo Slayer è nato e perché odia così tanto i demoni – ma anche stilistica. Niente più piattaforme, solo la devastante, brutale voglia di sparare a tutto quello che si muove. E se si avvicina troppo, possiamo anche mollargli due schiaffoni.

Non è esattamente il Medioevo, ma poco ci manca. Il setting di Doom: The Dark Ages è sempre quel bizzarro mix tra dark sci-fi e fantasy dal sapore techno, e ci riporta dritti all’origine del mito. La storia è piuttosto confusa, e non ci stupiremmo di scoprire che molti di voi inizieranno a saltare i filmati già dopo la seconda mezz’ora. Ci sono divinità aliene, umani disperati e tecnologicamente arretrati, un sacco di demoni incavolati; e poi c’è lo Slayer.

Questa volta non salta più come in Eternal (anzi, tecnicamente, essendo un prequel, non ha ancora imparato a farlo), ma si limita a fare ciò che gli riesce meglio: prendere a calci i demoni e chiunque osi sbarrargli la strada. E no, non è una figura retorica: il vostro alter ego li prenderà davvero a calci. Ma anche a schiaffoni, grazie al nuovo pugno bionico, a fucilate gli sparerà colpi di plasma o razzi. L’arsenale è al tempo stesso tradizionale — il fucile a pompa del Doom del 1993 ha letteralmente fatto la storia dei videogiochi — e innovativo, con perle di distruzione come il nuovo scudo a sega rotante, che è entrato dritto nella nostra top 10 delle armi da sparatutto di sempre.

Con lo scudo potete ovviamente parare i colpi nemici, ma anche rispedirli al mittente con gli interessi (se sono di colore verdastro). Potete lanciarlo in traiettorie ardite per affettare i demoni più piccoli oppure piantarlo in quelli più grossi, immobilizzandoli per qualche secondo mentre cercano disperatamente di estrarlo dalle viscere (o qualsiasi cosa abbiano sopra le gambe e sotto le braccia). Visto che il suo creatore doveva essere particolarmente sadico — e probabilmente un fan dell’ottimizzazione — lo scudo ospita anche una motosega lungo il bordo, che ovviamente aumenta l’effetto lacerazione e squartamento. Infine, potete usarlo come arma d’assalto: «agganciando» un nemico da lontano e lanciandovi contro di lui con tutta la forza dello Slayer, spappolandolo tipo pomodoro maturo. Non temete: siamo lontani dall’iperrealismo violento di GTA. Qui è tutto esagerato, sopra le righe, irreale — una parodia semiseria dell’inferno dantesco-tech più che una rappresentazione credibile del male. Nessuno potrebbe prendere Doom sul serio. Naturalmente è vietato ai minori di 18 anni, e altrettanto naturalmente non lo metteremmo in mano a un bambino o a un ragazzino, così come non gli faremmo guardare un horror pieno di gente affettata lasciandolo da solo davanti alla TV mentre andiamo in centro per l’aperitivo.

Per un giocatore adulto, è davvero difficile scandalizzarsi per la violenza di Doom — tanto quanto lo sarebbe stupirsi per gli squartamenti in un horror coreano. Sai benissimo che è tutto finto, e sai altrettanto bene a cosa stai andando incontro.

Casomai, il rischio è che per molti gamer — abituati alla varietà di missioni, alla libertà di esplorazione e agli stili diversificati dei moderni shooter — Doom: The Dark Ages possa sembrare arcaico e primitivo. Ma è esattamente quello che volevano gli sviluppatori: un ritorno alle origini, violento e vecchia scuola, dove l’unico obiettivo è far fuori tutto ciò che si muove e andare avanti.

Ci sono segreti nascosti da scoprire un po’ ovunque, certo, ma si tratta di bivi minori. L’eccellente mappa 3D, richiamabile a schermo in ogni momento, fa il suo dovere e vi indica chiaramente dove andare e dove vi aspettano nuove orde di nemici da decimare — con lanci parabolici dello scudo, razzi, mitragliatori e anche a schiaffoni, guidando lo Slayer in una danza di guerra fatta di colpi a distanza, agganci, spinte con lo scudo e furiosi corpo a corpo. Funziona tutto benissimo, con una fluidità impressionante resa possibile da un sistema di controllo curato nei minimi dettagli.

Non c’è molto altro da fare — quindi se cercate storie emozionanti, colpi di scena o un gameplay più sofisticato, guardate altrove. In Doom, si spara ai demoni da trent’anni, e The Dark Ages non ha alcuna intenzione di cambiare strategia. Per fortuna, ci sentiamo di aggiungere.

Doom: The Dark Ages è disponibile su PS5, PC e Xbox Series X|S. Su queste ultime due piattaforme è incluso fin dal lancio nel Game Pass, l’abbonamento «all you can play» di Microsoft. Il gioco è completamente tradotto in italiano e, come da tradizione, ha un PEGI 18.

In questo articolo: