La nuova odissea di Death Stranding 2 - On the Beach

O lo ami, o lo odi. Anche sforzandoci, non riusciamo a pensare a un videogioco più divisivo di Death Stranding. L’acclamato capolavoro di Hideo Kojima, uscito nel 2019 per PlayStation 4 e poi su PC e Xbox, non conosce mezze misure. Chi lo adora, lo considera una tra le massime espressioni videoludiche: non solo il punto di contatto tra videogiochi e film autoriali, ma il media che certifica la capacità dei videogame di superare la capacità narrativa delle altre sette arti. Chi non lo sopporta, vede solo un gioco noioso e ripetitivo, inframezzato da sequenze video incapaci di raccontare una storia compatta e organica. E voi, da che parte state?
Partiamo da quella che ci sembra una ovvietà. Derubricare Death Stranding e il suo seguito come giochi noiosi ci pare comunque, quale che sia la propria visione del videogame, molto riduttivo. L’autore, quel Hideo Kojima che in pratica ha inventato Metal Gear Solid e ha scritto le regole dei videogame stealth, può essere esageratamente autoriale, ma di sicuro sa raccontare storie e sa come superare gli schemi che spesso imbrigliano il nostro media preferito.
Nel primo Death Stranding abbiamo scoperto l’immaginario del videogioco: una Terra del prossimo futuro, devastata da una calamità misteriosa (che dà il nome al gioco). Non sappiamo bene cosa sia successo, ma sta di fatto che ora il mondo è una desolazione unica, un deserto inospitale in cui pozze nere sono il portale tra l’aldilà e quello che resta della Terra. Sam Bridges, «interpretato» da Norman Reedus (lo scapestrato Dixon di The Walking Dead) è un corriere che porta pacchi da una destinazione all’altra, collaborando nel ricreare una rete di comunicazione e scambi tra le città sopravvissute all’olocausto metafisico.
Il viaggio è l’elemento centrale del gioco, che mai come in questo caso conta più della meta. Scoprire dove andare e come arrivarci; arzigogolarsi su come superare un canyon profondo, evitare un gruppo di nemici, o accumulare una colonna di merci sulla propria schiena da far invidia alla Torre di Pisa: questa è la sfida del primo Death Stranding, affiancata allo stupore di scoprire un gioco fuori da qualsiasi schema, con comparsate che comprendono Mads Mikkelsen, Léa Seydoux, Margaret Qualley e Guillermo del Toro e quindi un cast che fa invidia a buona parte delle produzioni hollywoodiane con budget a sette zeri. Più di questo non vogliamo raccontarvi: o lo avete giocato, e quindi sarebbe inutile, o dovete ancora godervelo, e quindi non vorremmo incappare nel grave reato di spoiler inutile. Se volete saperne di più, qua sotto trovate un video che racconta la storia «fino ad ora», ovvero all’inizio del nuovo gioco. Ci limitiamo a sottolineare che affrontare Death Stranding 2 senza aver giocato almeno una dozzina di ore al primo è una scelta assurda, anche perché al momento in cui stiamo scrivendo, l’opera prima del franchise costa tra i 35 e i 5 franchi, a seconda se la acquistiate su console o su PC.
Il secondo Death Stranding raccoglie il testimone esattamente dove si concludevano le vicende del primo. Sam Bridges si è ritirato dal lavoro di corriere e si dedica alla sua genitorialità molto particolare. Tuttavia, una vecchia conoscenza torna dal passato per reclutarlo, e convincerlo a tornare in attività. Questa volta, dovremo guidarlo nelle sue solitarie peregrinazioni per riconnettere le comunità del Messico e soprattutto della lontana Australia.
Hideo Kojima e il suo team hanno deciso quindi di «resettare» il gioco e far vivere una seconda esperienza molto simile alla prima al giocatore, ma amplificata e potenziata. Cambia il setting, che ora include valli innevate e deserti assolati degni di Mad Max; cambia l’armamentario e i veicoli - ora passeremo molto meno tempo a piedi - e arrivano nuovi personaggi, compreso quello interpretato da Luca Marinelli.
Come è affrontare il nuovo Death Stranding? Da una parte, oggi è assente la sorpresa e lo stupore vissuti nel 2019 nell’affrontare un gioco misterioso, che seguiva regole tutte sue e mandava in crisi gli schemi abituali dei giochi. Death Stranding 2 non è un prodotto mai visto prima, proprio perché abbiamo già vissuto il primo Death Stranding. Dall’altra, Kojima Productions ha migliorato quello che potremmo definire, con tanta approssimazione, il gameplay del secondo episodio, che ora assomiglia ancora di più a un videogioco. Addirittura, potremo spesso scegliere se affrontare una data situazione come in uno sparatutto o sfruttando le doti stealth del nostro personaggio, rifacendoci proprio a quel Metal Gear Solid creato da Kojima decenni fa, realizzando che non lo ho mai definitivamente abbandonato. Rimane l’emozione di vivere un gioco che ha un forte sapore di cinema autoriale, dal cast stellare che mette in scena ore e ore di sequenze video alla straordinaria colonna sonora, fino agli scorci panoramici di Messico e Australia che spremono ogni muscolo della PS5 per creare un fotorealismo impressionante, anche grazie a quella che non esitiamo a definire «regia».
Il gioco merita la vostra attenzione? Al di là del costo, Death Stranding 2 è assai impegnativo anche per quanto riguarda le ore che vi richiederà per vederne i titoli di coda: siamo ben oltre le 60 ore di gioco, passate sia a esplorare, trovare strade in territori impervi e a combattere, sia a guardare le irrinunciabili sequenze video che spiegano sempre più nel dettaglio cosa sta succedendo e le vicende dei vari personaggi.
Potrà sembrare una risposta astuta e salomonica, ma è l’unica che ci viene in mente: se avete adorato il primo Death Stranding, vi sarete goduti i suoi viaggi a tratti pesanti e massicci, avete imparato ad accatastare sulle spalle di Sam Bridges colonne di beni, e goduto nel trovare scale e mezzi per superare gli ostacoli, il secondo episodio è fatto su misura per voi. Non vediamo un singolo motivo per sconsigliarvi dall’affrontare quello che è un seguito naturale, un’evoluzione più impegnativa e articolata, un nuovo mondo da esplorare con le regole speciali del vecchio.
Viceversa, se appartenete alle schiere di chi non ha compreso il primo gioco del franchise, e lo ha trovato mortalmente noioso e ripetitivo, dubitiamo che Kojima Productions abbia modificato qualcosa - o meglio, abbia voluto modificare qualcosa - per farvi cambiare idea. Sebbene ci sia più gioco, stealth e gameplay «normale» nella magica miscela di Kojima, non riteniamo che il risultato finale sia abbastanza diverso dall’originale per spingervi a provarlo e cambiare giudizio.
Death Stranding 2 - On the Beach è una esclusiva PS5, anche se non c’è da escludere che, come nel caso del primo episodio, prima o poi arrivi anche su PC e Xbox. Ha un comprensibilissimo PEGI età consigliata 18+ ed è tradotto nella nostra lingua.