Il caso

Retrogaming, non solo nostalgia

Commodore 64, Sega Mega Drive, Nintendo Game Boy sono nomi che da soli sintetizzano generazioni e vite: usare i giochi vecchi è un fenomeno che riguarda circa il 41% degli appassionati di videogiochi
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Stefano Olivari
04.11.2021 17:32

Commodore 64, Sega Mega Drive, Nintendo Game Boy: nomi che da soli sintetizzano generazioni e vite, anche oltre l’effetto nostalgia. ll boom mondiale dei videogiochi e l’enfasi, con annessi investimenti, sugli esports stanno creando quasi per reazione il boom del retrogaming, che affascina anche i più giovani e che negli ultimi tempi sta portando ad un fenomeno quasi incredibile: giochi nuovi che vengono programmati per macchine vecchie, e addirittura venduti su supporti fisici. Non per amore del passato ma per la bellezza della semplicità, del gioco per il gioco. Dove può portare questo movimento?

RETROGAMING
Usare i giochi vecchi, per lo meno quelli meglio conservati, su macchine vecchie, console o computer che siano, o anche nuove tramite emulatori è un fenomeno che riguarda, secondo l’indagine Ipsos Connect GameTrack, circa il 41% degli appassionati di videogiochi: chi nostalgico della propria adolescenza, chi semplicemente curioso, chi in fuga dalle complicazioni e dall’ansia generati dai videogiochi moderni. Parliamo del 41% dei 2,2 miliardi di gamer (tenendo conto anche degli smartphone, cioè la nuova frontiera di tanti, Netflix compresa), un mercato quindi enorme e solo in pochi casi alternativo a quello per così dire moderno: solo un pazzo contesterebbe la grafica e la velocità della PlayStation 5 o della Xbox, ma sempre più netta è la spaccatura fra chi si vuole soltanto divertire e chi del videogioco ha una visione semiprofessionistica.

MAI MORTE
A dominare sono le console iconiche, fuori produzione da decenni però mai realmente morte: dall’Atari 2600 fino alla prima PlayStation, passando per Intellivision, SEGA Mega Drive ed i computer che in realtà erano strumenti di gioco, come il Commodore 64 e l’Amiga. Esistono anche cultori del Ping-o-tronic, che in pratica aveva solo Pong e altri due giochi. Non è un divertimento costoso, perché di queste console ne sono state conservate tante così bene che su eBay o nei negozi specializzati si può portare a casa un bel pezzo per un centinaio di franchi. Quanto ai giochi, i più richiesti ed i più commentati su riviste di culto come Old School Gamer Magazine sono Tetris, Super Mario Bros, Frogger, Space Invaders, Doom, Final Fantasy, International Soccer, Grand Theft Auto, Manic Miner, The Legend of Zelda, Final Fantasy, Bubble Bobble, Donkey Kong, e si potrebbe continuare quasi all’infinito.

EMULATORI
Fino a poco tempo fa la fame di retrogaming veniva saziata dai cosiddetti emulatori, cioè in pratica da software che girano su computer di ultima generazione e che ripropongono i vecchi giochi così com’erano, senza la minima rielaborazione ma facendoli giocare con le possibilità tecniche, non grafiche perché la grafica di solito rimane quella originale, più avanzate. I più famosi di questi emulatori sono il MAME, la cui prima versione fu lanciata nel 1997, all’inizio solo per MS-DOS, e il VICE, specializzato nei computer Commodore. Con il tempo lo scopo principale degli emulatori è diventato quello di conservare una memoria storica dei videogiochi, soprattutto di quelli coin-op, quelli da bar, più che il far giocare davvero i nostalgici. Da non confondere con i simulatori, che riprendono i vecchi giochi e ne riscrivono in gran parte il software: comunque una nicchia nella nicchia.

NUOVO SU VECCHIO
Ed arriviamo finalmente alla tendenza del momento, inseribile nel mondo del retrogaming per il suo spirito vintage ma che è evidentemente un ibrido. Perché mai un programmatore di videogiochi del 2021 dovrebbe sprecare il suo tempo con il Commodore 64? Che senso ha? Pare che la cosa abbia molto senso, invece, perché nonostante le scarse prospettive di guadagno in questo settore stanno lavorando grandi professionisti, che a volte riciclano giochi recenti di scarso successo ma più spesso ne inventano di nuovi. Piccoli oggetti di culto sono diventati lo sparatutto Soul Force di Sarah Jane Ivory, per il Commodore 64, Travel Trough Time per lo ZX Spectrum. Nox Archaist per l’Apple II: tutti computer leggendari, tutti giochi comprensibili a chiunque in pochi secondi. Abbiamo scritto ‘oggetti’ ed oggetti sono davvero, perché in tutti i casi si torna, sia pure con tiratura limitata, al caro vecchio supporto fisico.

CONTRO IL VIDEOGIOCO MODERNO
Siamo quindi in presenza di una forma di ribellione nei confronti dell’industria dei videogiochi, che propone titoli sempre più complicati e sceneggiature sempre più elaborate, che soddisfano l’ego dei loro creatori ma fanno arrabbiare chi ai videogiochi chiede solo una mezz’ora di svago. Un sistema che si nutre di licenze pagate decine di milioni, si pensi soltanto a FIFA 22, e di comandi sempre più complicati, con l’intelligenza artificiale che risolve meno problemi di quanti ne crei. Una ribellione anche nei confronti del gioco in rete e delle connessioni sempre attive che hanno tolto qualsiasi momento davvero privato. Una ribellione anche a modelli di business ai confini della legalità, come sono molti videogiochi free-to-play: se ne scarica gratis una versione base ma poi per poter competere bisogna comprare aggiornamenti di ogni tipo.

QUESTIONE DI ETÀ
Gli anni dei videogiocatori spiegano bene le potenzialità del retrogaming, in ogni sua forma e derivazione. Perché gli Under 18 sono soltanto il 21% del totale, la stessa esatta percentuale di chi ha più di 50 anni. La fascia più rappresentata è quella 18-35 anni, con il 40%, mentre il 18% è in quella 36-49. Va da sé che il 39% dei videogiocatori di oggi, non di quelli di ieri, sa perfettamente di cosa si stia parlando e che anche presso altri il retrogaming trova terreno fertile. Il punto di arrivo non è quello di giocare ai videogiochi di quaranta anni fa, ma di conservarne lo spirito arcade con la grafica di oggi.