Yves Saint Laurent, genio e sregolatezza

Il biopic dello stilista diretto da Jalil Lespert
Marisa Marzelli
28.03.2014 00:21

Di solito i biopic o sono troppo ligi alla versione ufficiale o, al contrario, smaniano di essere trasgressivi. Alla prima categia appartiene Yves Saint Laurent di Jalil Lespert, alla seconda è probabile che tenderà l'annunciato film di Bertrand Bonello, sempre sullo stilista francese.Il film è benedetto da Pierre Bergé, compagno d'affari e di vita dello stilista. In effetti, ancor più che sull'enfant prodige della moda parigina, il racconto sembra modellato su Bergé, deus ex-machina dei successi commerciali del brand, protettore paziente del genio creativo e voce narrante.Patinato quanto serve – dato l'ambiente – il biopic copre circa vent'anni della vita di Saint Laurent. Chiamato giovanissimo (nel 1957) a collaborare con Christian Dior è destinato a succedergli come direttore artistico della Maison, salvo farsi licenziare perché, quando scoppia la guerra d'Algeria, non vuole saperne di essere richiamato e finisce in ospedale psichiatrico con la diagnosi di maniaco-depressivo. Ma ci pensa Bergé a creare il celebre marchio con le Y S L elegantemente intrecciate. Il film glissa su come siano stati reperiti i capitali necessari, comunque l'operazione è di successo. Saint Laurent ha il tocco magico per l'eleganza. È un dono e il film non ne spiega il mistero, limitandosi a ricostruire alcune celebri sfilate. Ma sebbene la regia non si sforzi di indagare le radici della sua creatività le immagini stesse danno qualche risposta.Genio e sregolatezza – già visti tante volte al cinema  personaggi famosi e autodistruttivi –, Saint Laurent scivola nella cocaina, colleziona amanti, beve e si annienta nelle feste. Come commenta fuori campo il saggio Bergé, lo stilista (morto nel 2008) viveva per due soli momenti: in primavera e in autunno, quando presentava le sfilate. Sembra la biografia di una rockstar maledetta. Invece la colonna sonora preferisce la musica lirica e la voce della Callas, un'icona della cultura gay. Il problema è che dopo la metà, il film ha già detto tutto e il resto è ripetizione. Un po' ossessiva.Un elemento però mette tutti d'accordo: la bravura dei protagonisti Pierre Niney (Yves Saint Laurent) e Guillaume Gallienne (Bergé), entrambi legati alla Comédie Française.