Airbag obbligatorio: dopo lo sci, il ciclismo?

Migliorare la sicurezza nel ciclismo professionistico è diventata una priorità. Per quanto entusiasti, in questi giorni anche gli spettatori del Tour de Suisse si saranno preoccupati vedendo i corridori superare i 100 km/h in discesa con il casco come unica protezione. Gli incidenti mortali di Gino Mäder, proprio al TdS di due anni fa, e di Muriel Furrer ai Mondiali di Zurigo lo scorso autunno hanno dimostrato le tragiche conseguenze che alcune cadute possono avere.
La scorsa stagione, l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) ha registrato 497 incidenti nelle gare del WorldTour, del Women’s World Tour e delle ProSeries. Più di un terzo di questi incidenti era dovuto a errori di guida «non provocati». L’UCI ha risposto introducendo alcune misure, come la distribuzione di cartellini gialli per penalizzare le manovre pericolose. All’inizio dell’anno, la federazione internazionale ha anche messo sotto esame l’introduzione degli airbag.
Anche sulla neve
Questa tecnologia è già presente nell’ippica e nel motociclismo. Dal prossimo inverno, l’airbag sarà obbligatorio anche nella Coppa del mondo di sci alpino, almeno per le discipline di velocità, nonostante la riluttanza di alcuni atleti che hanno criticato le limitazioni di movimento associate all’airbag e al suo peso. Lo scetticismo ha accompagnato anche l’introduzione del sistema Halo in Formula 1 nel 2018, un cerchio di titanio posto sopra l’abitacolo per proteggere la testa dei piloti. La riduzione della visibilità è stata criticata, così come l’estetica. Ma oggi non è neanche immaginabile fare a meno di questa misura protettiva, che ha già evitato il peggio in diverse occasioni.
Per dimostrare l’affidabilità dell’airbag, la Federazione Internazionale di Sci (FIS) ha dichiarato di aver effettuato 7.000 test. L’UCI non è ancora arrivata a questo punto. Esistono già airbag dedicati al ciclismo, ma non sono sviluppati specificamente per le corse, o sono ancora in fase di sperimentazione.
Non c’è ancora dialogo
Negli scorsi giorni l’agenzia di stampa Keystone-ATS ha indagato a margine del Tour de Suisse per sapere cosa ne pensassero i protagonisti svizzeri dell’airbag. Raphael Meyer, CEO del team svizzero Tudor, ha spiegato che non c’è stato ancora alcun contatto con l’UCI sull’argomento. Per Olivier Senn, direttore della corsa a tappe nazionale, l’argomento è «sicuramente da discutere» e lui stesso si pone diverse domande: «Cosa si può fare? C’è la volontà da parte delle squadre, dei corridori e dei produttori di abbracciare questa tecnologia?»
Per quanto riguarda i corridori, i segnali sono abbastanza positivi, ma nessuno è stato in grado di effettuare alcun test per il momento. «Se migliora la nostra sicurezza, non sono contrario», afferma Mauro Schmid. Il campione svizzero su strada vede però alcuni limiti. «In estate, quando fa molto caldo, complicherebbe ulteriormente lo sforzo», dice.
Come i freni a disco
Anche Stefan Küng è aperto: «Dovremmo esaminare tutte le opzioni. Se diventerà obbligatorio, tutti dovranno farlo e saranno su un piano di parità». La cosa più importante è che i sistemi siano adattati ai requisiti specifici del ciclismo. Silvan Dillier fa un paragone con l’introduzione dei freni a disco: «All’inizio, molti professionisti erano contrari. Ora sono diventati la norma. Le innovazioni hanno sempre bisogno di tempo tra l’idea iniziale e la realizzazione».
Per Olivier Senn, una cosa è certa: «Un airbag che funziona sarebbe un grande vantaggio. Al momento, i ciclisti pedalano senza quasi nessuna protezione». «Se evitasse anche una sola frattura – conclude Küng – varrebbe la pena di investire».