L'intervista

Ja Morant e quella pistola in diretta streaming: che succederà, ora?

Il caso del cestista dei Memphis Grizzlies continua a fare discutere negli Stati Uniti – Ne abbiamo parlato con Riccardo Pratesi, storica firma del basket per la Gazzetta dello Sport
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13.03.2023 15:45

L’allenatore dei Memphis Grizzlies, Taylor Jenkins, negli scorsi giorni ha affermato a ESPN: «Abbiamo avuto conversazioni in passato per cercare di guidarlo e aiutarlo a continuare a evolversi come persona e giocatore». Ciò non è stato sufficiente a evitare che Ja Morant, cestista statunitense dei Grizzlies, sabato 4 marzo pubblicasse un video in live streaming su Instagram con una pistola mentre era allo Shotgun Willie, uno strip club di Glendale in Colorado. Il dipartimento di polizia della città, mercoledì 8 marzo, ha dichiarato che le prove riguardo all’accaduto al momento non erano sufficienti per perseguire penalmente il giocatore, per poi successivamente confermare che Morant non avrebbe affrontato alcun provvedimento penale.

Tuttavia, l’NBA dovrà prendere dei provvedimenti a seguito dell’accaduto. Si ipotizza che il giocatore potrebbe rischiare 10 giornate di squalifica. In ogni caso, in attesa della decisione dell’NBA, i Grizzlies hanno deciso di sospenderlo dal campo per quattro partite. «Tutti vogliono sapere cosa succederà – ha riferito Jenkins a ESPN –, è sicuramente un hot topic. Ma si sta prendendo del tempo. Questo è un fattore importante».

Morant è nato a Dalzell, nella Carolina del Sud, e la sua carriera di cestista professionista è iniziata proprio a Memphis, con i Grizzlies. Sempre l’8 marzo, i Los Angeles Lakers hanno ritirato la maglia di Pau Gasol, giocatore straordinario che ha iniziato ad affermarsi nell’NBA nella medesima squadra di Ja Morant. Per capirne di più, e per tracciare un possibile confronto fra le due star NBA, abbiamo sentito il giornalista della Gazzetta dello Sport nonché espertissimo di basket Riccardo Pratesi.

Signor Pratesi, quali sono i provvedimenti che si possono ipotizzare riguardo al caso Ja Morant?
«Se la pistola l’ha portata viaggiando con la squadra questo è un problema perché ovviamente non è possibile a livello di organizzazione della franchigia portarsi un’arma dietro. La questione è diversa se venisse provato in qualche modo che ha fatto quella diretta Instagram con la pistola ubriaco o sotto sostanze stupefacenti perché in quel caso si tratta di un reato. Ora, le prove non sono sufficienti per stabilire esattamente ciò che è successo. Stiamo aspettando di vedere cosa succederà. Morant sarebbe davvero in difficoltà nel caso la polizia del Colorado fosse in grado di comprovare un’ipotesi di reato nei suoi confronti. Se questo non avviene rientra tutto in un contesto di cattiva condotta e di cattiva immagine. Purtroppo il suo caso è una forma di autolesionismo. Per avere qualche like in più si è trovato in una spiacevole situazione!».

Da cosa dipende un atteggiamento simile? 
«In passato molti giocatori erano delinquenti. Ora hanno “ripulito gli spogliatoi” e ce ne sono molti meno. Con questa premessa, tanti ragazzi come lui hanno un background molto complicato proprio perché nella società americana si vivono condizioni sociali drammatiche. Morant, tra i vari, non è quello che ha avuto l’infanzia più difficile. Ma promuove quest’immagine di giocatore extra-campo che corrisponde a quella del ragazzo afroamericano che esce dal ghetto a cui il basket ha dato la possibilità di riscatto sociale. L’NBA ha il piacere di poter essere veicolo di questo tipo di processo che porta i ragazzi che vivono in condizioni economiche precarie a diventare milionari. Però ciò si ritorce loro contro perché non sempre questi ragazzi sono in grado di gestire il successo e i soldi perché non hanno la preparazione culturale di capire certe situazioni».

L’NBA aiuta i ragazzi a gestire il loro successo cestistico? In alcune situazioni la fama e il successo potrebbero dare alla testa…
«La corsa a far arrivare questi ragazzi nell’NBA non va sempre a loro vantaggio. L’NBA ha l’interesse di promuovere la loro carriera cestistica perché prima diventano professionisti, prima finiscono in mano ad agenti e sponsor. Ma quando un ragazzo ha 18 anni non è pronto a gestire economicamente questa fama. Può essere paradossalmente pronto in campo, ma non  nel gestire la vita da star; soprattutto se proviene  da contesti di vita complicati. Bisognerebbe contrariamente procedere per gradi. Essere uno studente e un atleta implica diverse responsabilità formative per un ragazzo che bisogna saper gestire prima di affrontare ciò che comporta entrare nel mondo NBA, dove se non si rispettano i propri obblighi e doveri il risultato finale è il fallimento».

Da un certo punto di vista Memphis è un vantaggio per un ragazzo così. Le tentazioni che potrebbe avere a Miami o Chicago sono molte di più

Memphis è la città in cui alcuni giocatori hanno iniziato la propria carriera cestistica con successo, altri purtroppo hanno incontrato il fallimento. È il contesto giusto per la crescita di un ragazzo con il suo vissuto?
«Da un certo punto di vista è un vantaggio per un ragazzo così. Le tentazioni che potrebbe avere a Miami o Chicago sono molte di più. Memphis è un posto abbastanza pericoloso per certi versi. Ma in cui non è difficile capire cosa fare e cosa non fare. In questo senso quindi semplifica le cose per un ragazzo. Se giocasse a New York o a Los Angeles sarebbe più facile vederlo in frantumi che a Memphis. Lo svantaggio però è che c’è la tendenza permissiva  nei suoi confronti di concedergli la libertà di fare ciò che vuole, essendo indubbiamente il giocatore più forte della squadra».

Il suo caso ricorda quello di Gilbert Arenas…
«Gilbert Arenas è un ragazzo complicato che ha scelto proprio il numero 0 perché si sentiva di essere sottovalutato. A differenza di Ja Morant, quando giocava nell’NBA, erano diversi i cosiddetti “fuorilegge”. Il commissario NBA di allora, David Stern, rispetto ad Adam Silver era più severo. Con lui i giocatori erano chiamati a rispondere delle proprie azioni. Con Silver invece è passata una linea di condotta più permissiva e buonista».

Anche Gasol, a cui è stata appena ritirata la maglia dai Lakers, ha iniziato la sua carriera a Memphis. C’è però una dicotomia tra i due giocatori. Mettiamo a confronto le due personalità cestistiche che oltre a ricoprire due ruoli differenti in campo hanno un passato divergente.
«Ja Morant rispetto a tanti altri ragazzi ha fatto un college di terzo grado a Murrey State, un ateneo del Kentucky. In una scuola che ha grandi aspettative un giocatore è più abituato a gestire le pressioni. Quando si arriva da un’università meno nota, dove il percorso accademico passa in sordina rispetto alla presenza sul campo, è chiaro che diventa più difficile gestire le aspettative di tutti. Gasol, invece, viene da una famiglia benestante di Barcellona. Il padre è dottore, la madre infermiera. Non ha sicuramente fronteggiato le stesse difficoltà di Morant, nato e cresciuto in Carolina del Sud. Inoltre, è un uomo di cultura, una persona dagli svariati interessi che spaziano dall’arte alla storia. Sono mondi diversi, anche in campo. Partendo dal presupposto che ricoprono ruoli diversi, Gasol ala e Morant guardia, il cestista spagnolo è un giocatore elegante, tecnico e dai grandi fondamentali. Morant è un giocatore completamente opposto, più istintivo».