Ja Morant e quella pistola in diretta streaming: che succederà, ora?

L’allenatore dei Memphis Grizzlies, Taylor Jenkins, negli scorsi giorni ha affermato a ESPN: «Abbiamo avuto conversazioni in passato per cercare di guidarlo e aiutarlo a continuare a evolversi come persona e giocatore». Ciò non è stato sufficiente a evitare che Ja Morant, cestista statunitense dei Grizzlies, sabato 4 marzo pubblicasse un video in live streaming su Instagram con una pistola mentre era allo Shotgun Willie, uno strip club di Glendale in Colorado. Il dipartimento di polizia della città, mercoledì 8 marzo, ha dichiarato che le prove riguardo all’accaduto al momento non erano sufficienti per perseguire penalmente il giocatore, per poi successivamente confermare che Morant non avrebbe affrontato alcun provvedimento penale.
Tuttavia, l’NBA dovrà prendere dei provvedimenti a seguito dell’accaduto. Si ipotizza che il giocatore potrebbe rischiare 10 giornate di squalifica. In ogni caso, in attesa della decisione dell’NBA, i Grizzlies hanno deciso di sospenderlo dal campo per quattro partite. «Tutti vogliono sapere cosa succederà – ha riferito Jenkins a ESPN –, è sicuramente un hot topic. Ma si sta prendendo del tempo. Questo è un fattore importante».
Morant è nato a Dalzell, nella Carolina del Sud, e la sua carriera di cestista professionista è iniziata proprio a Memphis, con i Grizzlies. Sempre l’8 marzo, i Los Angeles Lakers hanno ritirato la maglia di Pau Gasol, giocatore straordinario che ha iniziato ad affermarsi nell’NBA nella medesima squadra di Ja Morant. Per capirne di più, e per tracciare un possibile confronto fra le due star NBA, abbiamo sentito il giornalista della Gazzetta dello Sport nonché espertissimo di basket Riccardo Pratesi.
Signor Pratesi, quali sono i provvedimenti che si
possono ipotizzare riguardo al caso Ja Morant?
«Se la pistola l’ha portata viaggiando con la squadra questo
è un problema perché ovviamente non è possibile a livello di organizzazione
della franchigia portarsi un’arma dietro. La questione è diversa se venisse
provato in qualche modo che ha fatto quella diretta Instagram con la pistola
ubriaco o sotto sostanze stupefacenti perché in quel caso si tratta di un
reato. Ora, le prove non sono sufficienti per stabilire esattamente ciò che è
successo. Stiamo aspettando di vedere cosa succederà. Morant sarebbe davvero in
difficoltà nel caso la polizia del Colorado fosse in grado di comprovare un’ipotesi
di reato nei suoi confronti. Se questo non avviene rientra tutto in un contesto
di cattiva condotta e di cattiva immagine. Purtroppo il suo caso è una forma di
autolesionismo. Per avere qualche like in più si è trovato in una spiacevole
situazione!».
Da cosa dipende un atteggiamento
simile?
«In passato molti giocatori erano delinquenti. Ora hanno
“ripulito gli spogliatoi” e ce ne sono molti meno. Con questa premessa, tanti
ragazzi come lui hanno un background molto complicato proprio perché nella
società americana si vivono condizioni sociali drammatiche. Morant, tra i vari,
non è quello che ha avuto l’infanzia più difficile. Ma promuove quest’immagine
di giocatore extra-campo che corrisponde a quella del ragazzo afroamericano che
esce dal ghetto a cui il basket ha dato la possibilità di riscatto sociale. L’NBA
ha il piacere di poter essere veicolo di questo tipo di processo che porta i
ragazzi che vivono in condizioni economiche precarie a diventare
milionari. Però ciò si ritorce loro contro perché non sempre questi ragazzi sono
in grado di gestire il successo e i soldi perché non hanno la preparazione
culturale di capire certe situazioni».
L’NBA aiuta i ragazzi a gestire il
loro successo cestistico? In alcune situazioni la fama e il successo potrebbero
dare alla testa…
«La corsa a far arrivare questi ragazzi nell’NBA non va
sempre a loro vantaggio. L’NBA ha l’interesse di promuovere la loro carriera
cestistica perché prima diventano professionisti, prima finiscono in mano ad
agenti e sponsor. Ma quando un ragazzo ha 18 anni non è pronto a gestire
economicamente questa fama. Può essere paradossalmente pronto in campo, ma
non nel gestire la vita da star; soprattutto se proviene da
contesti di vita complicati. Bisognerebbe contrariamente procedere per gradi.
Essere uno studente e un atleta implica diverse responsabilità formative per un
ragazzo che bisogna saper gestire prima di affrontare ciò che comporta entrare
nel mondo NBA, dove se non si rispettano i propri obblighi e doveri il
risultato finale è il fallimento».


Memphis è la città in cui alcuni
giocatori hanno iniziato la propria carriera cestistica con successo, altri
purtroppo hanno incontrato il fallimento. È il contesto giusto per la crescita
di un ragazzo con il suo vissuto?
«Da un certo punto di vista è un vantaggio per un ragazzo
così. Le tentazioni che potrebbe avere a Miami o Chicago sono molte di più.
Memphis è un posto abbastanza pericoloso per certi versi. Ma in cui non è
difficile capire cosa fare e cosa non fare. In questo senso quindi semplifica
le cose per un ragazzo. Se giocasse a New York o a Los Angeles sarebbe più
facile vederlo in frantumi che a Memphis. Lo svantaggio però è che c’è la
tendenza permissiva nei suoi confronti di concedergli la libertà
di fare ciò che vuole, essendo indubbiamente il giocatore più forte della
squadra».
Il suo caso ricorda quello di Gilbert Arenas…
«Gilbert Arenas è un ragazzo complicato che ha scelto proprio
il numero 0 perché si sentiva di essere sottovalutato. A differenza di Ja
Morant, quando giocava nell’NBA, erano diversi i cosiddetti “fuorilegge”. Il
commissario NBA di allora, David Stern, rispetto ad Adam Silver era più severo.
Con lui i giocatori erano chiamati a rispondere delle proprie azioni. Con
Silver invece è passata una linea di condotta più permissiva e buonista».
Anche Gasol, a cui è stata appena
ritirata la maglia dai Lakers, ha iniziato la sua carriera a Memphis. C’è però
una dicotomia tra i due giocatori. Mettiamo a confronto le due personalità
cestistiche che oltre a ricoprire due ruoli differenti in campo hanno un
passato divergente.
«Ja Morant rispetto a tanti altri ragazzi ha fatto un college
di terzo grado a Murrey State, un ateneo del Kentucky. In una scuola che ha
grandi aspettative un giocatore è più abituato a gestire le pressioni. Quando
si arriva da un’università meno nota, dove il percorso accademico passa in
sordina rispetto alla presenza sul campo, è chiaro che diventa più difficile
gestire le aspettative di tutti. Gasol, invece, viene da una famiglia
benestante di Barcellona. Il padre è dottore, la madre infermiera. Non ha sicuramente
fronteggiato le stesse difficoltà di Morant, nato e cresciuto in Carolina del
Sud. Inoltre, è un uomo di cultura, una persona dagli svariati interessi che
spaziano dall’arte alla storia. Sono mondi diversi, anche in campo. Partendo
dal presupposto che ricoprono ruoli diversi, Gasol ala e Morant guardia, il
cestista spagnolo è un giocatore elegante, tecnico e dai grandi fondamentali.
Morant è un giocatore completamente opposto, più istintivo».