L’esplosione di «Super Max», il talento locale dei Tigers

«Però, niente male quel Max, si vede che lo ha nel sangue». Sugli spalti, commenti simili si sentono regolarmente da inizio stagione. Le tribune non sono però quelle di un circuito di Formula 1, ma dell’Istituto Elvetico di Lugano, dove i padroni di casa Tigers hanno scoperto di avere in scuderia il proprio «Super Max», al secolo Massimiliano Dell’Acqua. Figliol prodigo come il campionissimo dell’automobilismo Verstappen, anche il «nostro» Max ha dovuto scalpitare qualche anno prima di poter mostrare il suo vero potenziale. Ma una volta trovato spazio e acquisita fiducia, la giovane guardia bianconera ha iniziato a ripagare l’attesa.
Partenza lanciata
L’inizio di stagione di Dell’Acqua è infatti sotto gli occhi di tutti. Che l’esplosione fosse dietro l’angolo non sorprende più di tanto – il talento è sempre stato lì da vedere – ma aveva bisogno dei suoi tempi, e delle giuste circostanze, per compiersi del tutto: «Quest’anno ho più minuti, più responsabilità e quindi ho anche di più il pallone tra le mani. Il fatto che riesca ad esprimermi al meglio è una conseguenza di questo». Passato da 15 minuti di impiego a 29, ha anche raddoppiato la produzione di punti, saliti dai 5,2 del 2022/2023 agli 11,5 di questo primo scorcio di stagione. Numeri che raccontano solo in parte la capacità di tenere il campo del giovane bianconero. Lui però divide i meriti con i compagni: «La squadra è unita, in campo e in spogliatoio non ci sono egoismi, la palla gira che è un piacere e in generale facciamo molto gruppo. Giocare e produrre diventa di conseguenza più facile, e se ci sto riuscendo lo devo alla squadra che mi mette nelle condizioni di farlo». E in questo senso anche avere in panchina un coach di valore come Montini aiuta: «Gran parte del merito di quanto stiamo facendo va dato a lui. Ha saputo unire il gruppo da un lato e creare gli schemi giusti per noi dall’altro. In generale poi, sapere che andando all’allenamento hai la possibilità di migliorare, di imparare cose nuove, è un fattore importante, uno stimolo non da poco».
Passato, presente e futuro
Prima di trovare il campo con regolarità però, Max ha anche dovuto mordere parecchio il freno in panchina, legge empirica del processo di crescita. Ma non ha mai pensato di mollare: «Ho sempre creduto in me e sapevo che lavorando prima o poi sarei stato ripagato. Momenti in cui ho pensato adesso basta, non ci sono mai stati. Soprattutto nelle ultime stagioni, dove ho ritrovato l’entusiasmo di andare in palestra, tutto è decisamente più bello e divertente. In passato non sempre è stato così, non a tutti gli stranieri passati da qui interessava più di quel tanto fare gruppo e coinvolgere i giovani». Anche perché finalmente adesso l’esterno luganese può pensare solo al basket: «Finita la scuola, esaurito il servizio civile, oggi posso allenarmi due volte al giorno e mi rendo conto che mentalmente sono più libero».
Questo è però anche il momento del bivio per un 20.enne della nostra pallacanestro, dove bisogna decidere se puntare su uno sport che qui (ri)paga poco, oppure pensare a cosa fare della propria vita adulta: «Magari sapessi cosa voglio fare da grande (ride ndr.)! Per il momento punto sul basket, magari ad un’esperienza all’estero. Già quest’estate ero pronto ad andare in Spagna. Ci sono stati dei contatti, ma avevo da finire il servizio civile. Punto all’anno prossimo. Comunque ho voglia di uscire dalla mia “comfort zone” e vorrei affrontare una nuova esperienza. Uscire di casa, insomma. E provare a ripartire praticamente da zero».
Sulle orme dei giganti
Le mani educate e l’educazione cestistica di Max affondano nelle radici dell’albero genealogico della famiglia Dell’Acqua, con lo scomparso «Seo» insignito qualche anno fa del titolo di «miglior giocatore ticinese di sempre»: «Il nonno le mie partite non se le perdeva mai. Era sempre lì, in tribuna. E, quando giocavo bene, mi arrivava sempre un suo messaggio di complimenti. Certo, mi dispiace non possa vedermi in questo momento. Però sono contento dei momenti passati insieme. Di consigli ne ha sempre dati e sempre tutti buoni. Li ho ascoltati.Se erano migliori i suoi o quelli di papà Ivano? Preferisco non rispondere (ride ndr.)!». Di sicuro i 31 punti con cui il nipote ha fatto ballare la difesa degli Starwings a inizio ottobre se li sarebbe goduti tutti: «E dire che in campo non mi sono reso conto di niente. Ero anche reduce da una settimana difficile, sotto antibiotici. Pensavo solo a vincere».