Basket

«Un altro titolo a Friburgo, poi torno in Ticino»

Intervista a Roberto Kovac in vista di gara-1 della semifinale playoff tra il suo Olympic e la SAM Massagno, in programma questa sera alla St. Léonard
© Keystone/Cyril Zingaro
Fernando Lavezzo
03.05.2025 06:00

Inizia questa sera a Friburgo (ore 17.30) la semifinale playoff tra l’Olympic e la SAM Massagno. Gara-2 è in programma mercoledì, sempre alla St. Léonard, poi la serie si sposterà a Nosedo. Ne parliamo con Roberto Kovac, 35 anni compiuti proprio ieri, giunto all’ultima stagione sulle rive della Sarine.

Robi, questa semifinale sembra già scritta e non si vede come la SAM possa battervi in una serie «best of 5». Voi come la vivete?
«Con la consapevolezza di essere i grandi favoriti, anche se non ci verrà regalato nulla. Siamo in fiducia, in forma e in salute. Per dire: prima di gara-3 dei quarti di finale contro il Monthey, in cui ci siamo fermati a 98, avevamo superato i 100 punti in 8 partite consecutive. Stiamo giocando una bella pallacanestro e credo che venire a vincere in casa nostra sia difficilissimo per chiunque».

State anche gestendo al meglio le energie. Nella serie contro i vallesani, ad esempio, solo Nottage ha superato i 25’ di gioco...
«È quasi sempre così. Siamo tutti attorno ai 20’ di media ad eccezione di Eric, che ne gioca qualcuno in più. La SAM, invece, ha una rotazione ridotta a 7 uomini, quando è al completo. In quelle condizioni è difficile pensare di venire due volte a Friburgo in cinque giorni per cercare il break. Andare sul 2-0 è il nostro obiettivo e se daremo il 100% ci riusciremo. Gara-3 a Nosedo, per contro, sarà indubbiamente più complicata, con la trasferta, il pubblico ostile, i tabelloni un po’ molli che agevolano la SAM nei tiri liberi. Insomma, dovremo stare attenti. A Massagno, del resto, abbiamo rimediato la nostra unica sconfitta in campionato, a inizio febbraio. Me la ricordo bene: eravamo affaticati dalla gare europee, Nottage era stato espulso e siamo stati battuti di 3 all’overtime».

Nei playoff, nonostante la vostra superiorità, non dovrebbe essere un problema trovare le giuste motivazioni. Ma quanto è stato complicato riuscirci in una regular season dominata?
«Noi non cerchiamo le motivazioni nel blasone dell’avversario, ma nel desiderio di progredire ogni giorno. E ci stiamo riuscendo. Da campioni in carica, abbiamo cambiato pochissimi uomini, migliorando però nel gioco. Quindi, di fatto, ci siamo rinforzati. Le altre squadre, invece, si sono un po’ tutte indebolite. Il livello del campionato si è abbassato e il gap tra noi e gli altri è aumentato. La nostra salvezza, in termini di stimoli, è stata la Europe Cup. Arrivare fino ai quarti di finale della competizione FIBA ci ha permesso di giocare tante partite di alto livello, intense e combattute. Senza l’Europa, oggi non saremmo così forti in Svizzera. Ci ha fatto crescere e ci ha permesso di conoscerci meglio, costringendoci ad affrontare delle difficoltà. Sono state più importanti alcune sconfitte di misura in Europa che tante vittorie di 30 punti in SB League».

Gli altri club prendano esempio dal Friburgo

L’unica delusione tra i confini nazionali è stata la sconfitta in Coppa Svizzera contro il Ginevra, in un ottavo di finale che ha messo di fronte le due squadre più forti. Quanta rabbia vi siete portati dietro dopo l’eliminazione?
«Avevamo giocato quella partita in un periodo difficile, tra lunghi viaggi in Europa e assenze. Io ero infortunato, Killian Martin pure. Detto questo, è stata un’altra lezione importante: se prendi una partita sottogamba, puoi perdere anche da una squadra svizzera. Fateci caso, adesso iniziamo ogni incontro spingendo subito al massimo. Spesso, dopo 10 minuti, siamo già a +15. A quel punto, contro di noi gli avversari si arrendono. Lo vedi nei loro occhi. All’inizio ci sperano, ci provano, poi, appena prendiamo un po’ di margine, smettono di combattere. E di conseguenza le partite finiscono a +40 o a +50...».

O addirittura a +80, come un mese fa a Nyon: 134 a 54. Sembra quasi che vogliate smascherare tutti i limiti del nostro campionato e sbatterli in faccia a chi muove i fili del basket svizzero...
«L’Olympic vuole giocare in un campionato professionistico. A Friburgo ci sono i migliori svizzeri, quattro buoni stranieri, un bravo allenatore, uno staff completo e infrastrutture all’altezza. Personalmente, mi auguro che gli altri club, invece di sentirsi umiliati, prendano esempio da quello che si sta facendo qui. La realtà attuale è triste. Quando ho iniziato a Vacallo, nel 2006-2007, c’erano sei stranieri e diverse squadre forti. Il torneo era competitivo e variato. Poi, anno dopo anno, il livello è sempre sceso, finché la pandemia ha dato il colpo di grazia. Spero vivamente che si possa invertire la tendenza. Il Ginevra ci sta provando e magari il nuovo polo sportivo di Lugano e la nuova palestra di Nyon daranno una spinta a questi club».

Che voto dai alla prima stagione friburghese dell’ex bianconero Massimiliano Dell’Acqua?
«Direi un bell’8 su 10. Se lo merita, è stato bravo e ha imparato tanto. Passare da una realtà quasi amatoriale come Lugano al vero professionismo di Friburgo non è mai evidente. Da noi si va in palestra due volte al giorno, si lavora sodo anche al mattino. E in ogni allenamento, Max deve marcare me, non un ragazzo più giovane di lui. Settimana dopo settimana è cresciuto, ha capito tante cose, ha messo su 5 o 6 chili di muscoli. Pian piano, dovrà iniziare a prendersi responsabilità sempre più importanti. Soprattutto dall’anno prossimo, quando io non ci sarò più».

Voglio chiudere il mio capitolo friburghese con un altro titolo. Poi rientrerò sicuramente in Ticino

Parlando del tuo futuro ci fornisci un bell’assist: si dice infatti che ci siano stati contatti tra te e i Lugano Tigers per la prossima stagione. Puoi confermarcelo?
«Non è un segreto, mi piacerebbe venire a Lugano e chiudere la mia carriera in Ticino, magari avviando anche la carriera di allenatore. Di accordi, però, non ce ne sono ancora. Finanziariamente, i bianconeri non sono messi benissimo e stanno valutando le prossime mosse. Nell’attesa che mi facciano sapere qualcosa, voglio chiudere il mio capitolo friburghese con un altro titolo. Poi, a stagione finita, rientrerò sicuramente in Ticino, per il bene della mia famiglia, di mia moglie e dei miei figli. Se potrò giocare a Lugano ottimo, se no andrà bene lo stesso».

Escludendo la SAM come opzione, visti i vostri dissapori, saresti anche pronto a smettere con la pallacanestro di serie A?
«Sì. Penso proprio di sì».