L'intervista

«Grazie calcio, mi hai insegnato anche a volare»

Melvyn Giglio: ««Simunac il più difficile da marcare, non puoi lasciargli un centimetro. Con Benjamin Frizzi un anno perfetto»
Riccardo Vassalli
22.04.2025 06:00

Se si apprestava a prendere la rincorsa, allora i portieri avversari cominciavano a tremare. Piede fatato e una passione fuori dal comune. Grinta, corsa e anima sempre lasciati sul campo. La prima maglia sudata era la sua, quella di Melvyn Giglio, classe 1995 e «bandiera» dell’ultimo decennio del Tenero-Contra. La resa dei conti qualche giorno fa: troppo forti i dolori a quel tormentato ginocchio. Le scarpe appese al chiodo. «Difficile accettarlo, ma è arrivato il momento di dire basta. Il calcio è stato tutto per me. La mia unica vera passione, il posto dove mi sentivo vivo. Porterò con me ogni singolo ricordo, ogni istante vissuto con il pallone tra i piedi. Grazie, calcio. Mi hai spezzato, ma prima mi hai insegnato a volare».

Melvyn, che viaggio è stato?

«Un viaggio ricco di emozioni, sia belle che brutte. Solo ora che è finito mi rendo conto di quanto tutto ciò sia stato formante a livello umano per i rapporti costruiti in tutti questi anni».

Scelta sofferta, immagino…

«Eccome. Ma durante il mio percorso ho operato due volte il ginocchio destro e una volta il sinistro. Dannato menisco. Dopo l’ultima operazione nell’ottobre scorso, ho scoperto di avere l’artrosi al ginocchio destro. Ho provato a fare il possibile per continuare a giocare, ma il dolore è troppo e ho dovuto mettere al primo posto la salute».

Dal 2016 al Tenero. Cosa rappresentano per te i biancorossi?

«Dopo una vita passata al Gambarogno, nel 2016 mi si è presentata l’occasione di andare a Tenero. Senza aspettative, lì ho trovato la mia seconda famiglia. Tenero è diventato casa, la società è sempre presente e lavora al massimo per trasmettere dei valori sani, che secondo me sono sempre più rari nel nostro calcio».

Piede fatato e punizioni spesso imparabili. Frutto di quanti sacrifici?

«Così divento rosso (ride, ndr). Ho lavorato tanto e sempre messo il calcio al primo posto. Ho avuto la costanza nel provarci a sfinimento».

Cosa ti mancherà di più del calcio?

«Il giorno della partita, le farfalle nello stomaco già dalla mattina e il condividere lo spogliatoio con i miei compagni. Emozioni che non si possono spiegare a chi non ha mai praticato questo sport».

Il ricordo più bello?

«La vittoria della Terza nel 22-23 con Benjamin Frizzi al comando. Un anno perfetto. Non ho mai visto un gruppo così unito verso l’obiettivo».

La partita indimenticabile?

«Sono tante. Ma credo che la più bella sia un Sementina-Tenero 2-4. Un turbinio di emozioni che ci ha consegnato la salvezza in Seconda Lega».

L’avversario che ti ha fatto più dannare?

«Stipe Simunac, non puoi concedergli un centimetro».

Chi è Melvyn fuori dal campo?

«Sono un ragazzo tranquillo. Mi piace viaggiare e andare in montagna. Per questo smetto, mi piacerebbe riuscire ancora a farmi una passeggiata senza dover essere recuperato dai soccorsi».