Intervista

Trecento volte Tonelli: «Sementina, più di una famiglia»

Il capitano del Sementina al traguardo delle trecento presenze - «Motivo di orgoglio fare parte della storia di una società, piccola o grande che sia»
Riccardo Vassalli
07.10.2025 06:00

Lo vedi sgusciare a destra e sinistra, su e giù per il campo. Senza sosta e sempre pronto con un consiglio o un incitamento ai compagni. Lo vedi palla al piede e viene naturale chiedersi se effettivamente la carta d’identità dica il vero. Manuel Tonelli – per tutti «ciro» -, trentasei candeline da spegnere tra poco più di due settimane, sembra non stancarsi mai. In effetti, per il capitano del Sementina il tempo sembra non passare mai. O, perlomeno, corpo, piedi, mente e polmoni fingono di non accorgersi del trascorrere del tempo.

Dalla prima volta in cui ha messo piede all’Isola di Sementina, però, di tempo ne è passato. Oltre tredici stagioni lunghe una vita. Trecento (e una) presenze tutte con la stessa maglia celebrate la scorsa settimana. «Ciro» riceve il giusto tributo della sua società tra gli applausi di compagni, dirigenti e avversari. Poi di nuovo in campo a macinare chilometri, sterzate e traversoni pericolosi. Anche qualche gol: sono 37 in Seconda Lega, a un passo dai top venti marcatori più prolifici dell’ultimo quindicennio in Ticino. Quello di Tonelli è un percorso fatto di sogni ed esperienze indimenticabili, come quella da adolescente con gli allievi nazionali della Roma.

Manuel Tonelli è roba d’altri tempi, qualcosa – o qualcuno – a cui si aggrappano gli ultimi romantici del calcio. «Sono cresciuto con modelli come Del Piero, Totti e Maldini. Per me, quindi, non poteva essere altrimenti. Le trecento presenze sono un traguardo, ma anche motivo di orgoglio. Piccolo o grande che sia, è bello poter dire di far parte della storia di un club. Ho difeso, e continuerò a farlo, questi colori quando le cose andavano bene, ma anche quando sono andate male».

Il telefono di Tonelli ha squillato, e squilla, ogni sessione di mercato. La risposta, però, è sempre stata la stessa: No, grazie. Sto bene a Sementina. «Quando ti senti a casa in un posto, difficilmente te ne vuoi andare. E per me è sempre stato così. Sementina è la mia seconda casa grazie ai tantissimi sacrifici che la società fa per noi. Non ci fanno mancare mai nulla, anche se non sempre è facile rapportarsi con i diversi caratteri di noi giocatori. Il ringraziamento più grande va soprattutto a loro».

Incarnare i valori di una società in campo e fuori è un lavoro che parte da dietro le quinte. «Ai miei compagni, specialmente ai più giovani, cerco di trasmettere l’entusiasmo e la voglia di migliorarsi ogni giorno, allenamento dopo allenamento. Non sono mai stato di troppe parole, ma provo ad essere un esempio positivo in tanti altri modi. Lo spogliatoio è il nostro luogo sacro e bisogna cercare di trovare il giusto equilibrio per far funzionare bene le cose. Ecco, a Sementina questo ci riesce piuttosto bene. Abbiamo un gruppo fantastico».

Con Tonelli abbiamo affrontato anche il tema dei cambiamenti. «Il calcio regionale è cambiato in questi anni. È molto più atletico. Tempo fa c’era più spazio per la fantasia e il gusto di giocare la palla. Ora il fisico la fa da padrone e ci lascia un po’ di nostalgia per quel calcio che sapeva emozionarci in altri modi». Balorda nostalgia, direbbe un cantante in voga nell’ultimo periodo.

Il Sementina è partito a razzo in questo avvio di stagione. «Siamo partiti come abbiamo finito: andando forte. Cerchiamo di farlo ogni partita. Il campionato è lunghissimo e quest’anno ci sono tante squadre attrezzate. Proveremo a centrare la promozione? Bhè, quando si gioca lo si fa per vincere. O almeno con l’obbligo morale di provarci».

Proviamo a mettere in difficoltà capitan Tonelli chiedendogli i top tre compagni in tutti questi anni di Sementina. «Mi vuoi male (ride, ndr). La lista è davvero troppo lunga. La meraviglia del calcio è che ti fa conoscere persone che, con il tempo, diventano più di semplici amici. Il Sementina, tra tutti, mi ha regalato due fratelli con i quali posso dire che condividiamo tutto da dieci anni: sono «zio mimmo La Teano» e Ricky Trotta».

Tanti compagni e tanti allenatori. «Il migliore? Per forza Righi, sennò non gioco più (ride, ndr). Scherzi a parte, è un grande allenatore che mi sta dando tantissimo e che sa valorizzare ognuno di noi. Devo ringraziare anche Berriche, con lui sono cresciuto molto a livello caratteriale».

In questo articolo: