A proposito di Henri

Siqueira-Barras ha lasciato il Chiasso, ora potrebbe lasciare il calcio
Red. Online
17.01.2013 06:00

CHIASSO - Quella di Chiasso potrebbe essere l?ultima curva della sua carriera, che lo ha visto indossare le maglie di Grasshopper, Winterthur, Neuchâtel Xamax, Locarno, Arges Pitesti, Gloria Bistrita, Enosis Paralimni e Bellinzona. Henri Siqueira-Barras, classe 1985, campione europeo U17 nel 2002 con la Svizzera, sta infatti meditando il ritiro. In anticipo rispetto ai tempi.«Non ho ancora deciso» ci racconta con un velo di tristezza. «Ora intendo guarire: ho un?ernia che comprime il nervo sciatico, il dolore si irradia lungo la gamba ed è fastidioso. Non voglio un intervento chirurgico, in carriera ne ho già sopportati troppi. Attualmente intendo dare priorità al mio corpo e terminare gli studi. Poi, vedrò quali porte si apriranno».Poniamo che l?addio al calcio sia già stato dato: momenti significativi?«Potrei dire l?Europeo vinto e le varie esperienze in Nazionale. Ma per la mia crescita personale è stato importante andare in Romania, dove fra l?altro ho avuto Giannini quale allenatore. Lì ho visto la povertà vera e mi ha colpito».Le persone che si incontrano lungo il cammino sono importanti, giusto?«Sì e infatti serbo un bellissimo ricordo di Gabriele Giulini, presidente del Bellinzona. Mi ha dato una spinta. Attraverso le sue parole e gli incontri che organizzava, mi ha trasmesso un grande senso di giustizia e morale. E mi ha dato anche la voglia di rimettermi a studiare».Qualche particolare legato ai tempi di Bellinzona?«La scorsa stagione il presidente, in un momento difficile, fece scrivere ad ogni giocatore alcune riflessioni. Lo fece per comprendere meglio la situazione. In quel periodo non erano tanto i risultati a pesare, quanto alcune scorrettezze che minavano la componente morale del progetto Bellinzona. Alcuni giocatori non essendo legati ad un determinato procuratore non venivano presi in considerazione dall?allenatore. Dissi ai dirigenti che erano tonti. Sì, tonti. O forse ipocriti, poiché pubblicamente si esprimevano in una certa maniera, ma intanto tolleravano il peggio».