Calcio

Admir Mehmedi: «Mi sono preparato al meglio per essere un buon dirigente»

In vista della sfida odierna tra Sciaffusa e Bellinzona, al via dalle 19.30, abbiamo raggiunto Admir Mehmedi - Il 32.enne di recente ha deciso di svestire i panni del calciatore ed è tornato in Svizzera - Oltre a raccontarci i motivi che l’hanno spinto al ritiro, ci ha parlato di come sta andando la sua nuova avventura da direttore sportivo della società giallonera
© Keystone/Gabriel Monnet
Alex Isenburg
15.03.2024 06:00

«La mia famiglia ha giocato un ruolo fondamentale nella scelta che mi ha portato al ritiro» ci spiega Mehmedi. Con sua moglie, infatti, ha deciso di salutare la Turchia e tornare in Svizzera, per permettere al figlio di iniziare qui la scuola elementare. L’affetto per i suoi cari è sempre stato al primo posto. «La famiglia è la cosa più importante nella mia vita. Ringrazio tuttora mio papà per tutti i sacrifici che ha compiuto, tanto di quello che ho ottenuto lo devo a lui». Cresciuto proprio in quel di Bellinzona, Admir non ha mai dimenticato il tempo trascorso nel nostro cantone. «Ricorderò sempre da dove vengo, è anche una questione di rispetto. I primi calci al pallone li ho dati sul sintetico del Comunale, sono immagini indelebili. Quando mi capita di recarmi in Ticino vivo ogni volta dei momenti speciali».

Il mancato ritorno

Prima di appendere gli scarpini al chiodo, Mehmedi sarebbe tornato volentieri a giostrare tra le fila dello Zurigo, un club al quale è da sempre molto legato. «In Svizzera, era l’unico club per il quale avrei giocato, andare altrove sarebbe stata una sorta di tradimento». Tra le due parti - ci ha confermato - ci sono stati dei contatti, ma i cambiamenti a livello societario del club sono stati decisivi per il mancato accordo. La partenza del precedente direttore sportivo (Marinko Jurendic, ndr.) ha cambiato un po’ le carte in tavola. «Non ci siamo trovati, succede nel mondo del calcio. Non ci sono rimasto male per quanto accaduto». Una volta abbandonata la pista Zurigo, Mehmedi ha quindi deciso di smettere di giocare e la sua ultima squadra è dunque rimasta l’Antalyaspor.

Un legame indissolubile

La maglietta indossata con più orgoglio, per lui, è però stata quella della Nazionale rossocriocata. «Ho sempre avuto il sogno di vestirla, almeno per una volta». Alla fine, di presenze, ne ha collezionate ben 76. «Sono molto fiero di quanto ho realizzato, ho vissuto delle emozioni davvero incredibili, in primis il rigore decisivo all’Europeo contro la Francia». Di origini macedoni, Mehmedi non ha mai avuto dubbi su quale Paese avrebbe voluto rappresentare. «Per me è sempre stato chiaro, volevo giocare per la Svizzera. Sentivo il desiderio di voler ripagare quanto di buono io e i miei cari avevamo ricevuto. Pur non sentendo più con regolarità i propri ex compagni, segue ancora da vicino le sorti dei rossocrociati. «Sono convinto che potranno fare grandi cose e andare lontano all’Europeo, il potenziale è molto alto. Visti i miei trascorsi importanti in Germania, seguirò la sfida contro i tedeschi con particolare interesse».

Un futuro già scritto

Durante la sua carriera, Mehmedi ha anche portato avanti un percorso di studi legati al management sportivo, la sua nuova via, dunque, sembrava già indirizzata. «Ho sempre visto in maniera limpida il mio futuro. Volevo che il mio indirizzo fosse questo e sento di essermi preparato al meglio». Dinnanzi a lui, poi, si è palesata l’opzione Sciaffusa e la possibilità di diventare direttore sportivo. «Dopo un breve momento di riflessione ho accettato l’incarico, mi sentivo pronto». La squadra giallonera, in quel momento, viveva un periodo di grande difficoltà, nei bassifondi della classifica di Challenge League. «Questo aspetto non mi ha per nulla frenato, anzi. Per me rappresentava un’ulteriore sfida. Sarebbe stato facile entrare in un club in cui andava tutto alla perfezione. Allo Sciaffusa, invece, avrei potuto concretizzare appieno le mie idee. Ero convinto di poter risollevare le sorti della società».

La scalata dai bassifondi

Mehmedi nel mercato di riparazione ha operato diverse scelte e - per quanto visto finora - i risultati gli hanno dato ragione. «Quando sono arrivato ho osservato attentamente la rosa e per me era evidente che mancavano tre aspetti principali: qualità, personalità ed esperienza. Siamo soddisfatti di come abbiamo agito in questo senso. In termini di punti siamo stati premiati molto in fretta e abbiamo recuperato terreno, ma la strada è ancora parecchio lunga ed insidiosa». Decisive, poi, sembrano essere state anche le mosse riguardanti lo staff tecnico. «Ho voluto cambiare allenatore e ho optato per Christian Wimmer. Lo conosco dai tempi in cui giocavo al Wolfsburg: io ero impegnato in prima squadra, mentre lui allenava l’U19». Al fianco del 39.enne Wimmer, c’è anche Eren Derdiyok, alla prima esperienza in quanto assistente allenatore. «Siamo giovani, ma non è importante la nostra età - conclude Mehmedi - quello che conta è la qualità e noi ne abbiamo molta. Sono contento del nostro percorso, sta nascendo un progetto molto interessante».