Calcio

Akanji: «A Istanbul ho realizzato un sogno, ma nutro ancora grandi ambizioni»

Ultimo ad aggregarsi alla selezione di Yakin nel ritiro ticinese, il 27.enne zurighese è reduce da una stagione stellare: «Vincere la Champions e centrare il “triplete” con i Citizens è stato incredibile - Ora voglio chiudere in bellezza con la Svizzera»
Il classe 1995 è giunto a Locarno martedì sera, dopo aver festeggiato con i compagni di club la conquista della Champions League. © CDT/GABRIELE PUTZU
Nicola Martinetti
15.06.2023 06:00

«Grazie, mi serviranno». Sorridente, Manuel Akanji allunga la mano e accetta volentieri le caramelline gentilmente offerte dal responsabile stampa della Nazionale, Sergio Affuso. Un toccasana per alleviare i postumi degli ultimi quattro giorni, comunque parzialmente traditi dalla voce del 27.enne zurighese. «È colpa dell’aria condizionata» afferma divertito il centrale rossocrociato, fresco vincitore della Champions League, senza tuttavia convincere nessuno. «Scherzi a parte, credetemi, va già molto meglio rispetto a ieri - prosegue “Manu” -. Del resto, ultimamente non ho dormito granché. Anzi, a Istanbul non ho dormito affatto».

Da Raúl a Grealish

La chiacchierata con il difensore del Manchester City, va da sé, non può che partire da lì. Dalla magica notte andata in scena nella città turca, che ha consegnato lui e i suoi compagni agli annali del calcio continentale. «Vincere la prima Champions League nella storia del nostro club è stato unico ed eccezionale. Come incredibile, del resto, si può definire tutta la nostra stagione. Certo, la finale di Istanbul non è stata la nostra miglior partita. Abbiamo accusato un po’ di nervosismo, e io - credo per la prima volta in carriera - ho persino sofferto per i crampi. Però, alla fine, ciò che conta è il risultato. Riuscire a realizzare un “triplete” è un grande exploit, specialmente in una realtà così competitiva come quella inglese. Ne andiamo molto fieri».

Akanji, per sua stessa ammissione, momenti simili li immaginava sin da ragazzino. Cullando un sogno che infine si è realizzato. «La cosa buffa è che da piccolo il mio idolo era l’attaccante spagnolo Raúl, all’epoca in forza al Real Madrid. Sognavo di imitarlo, vincendo a mia volta la Champions League. Alla fine il destino ha volto che ci riuscissi, seppur in un ruolo diametralmente opposto. E va benissimo così (ride, ndr). Io e i miei compagni ci siamo divertiti, e con noi i nostri tifosi. L’apice, in questo senso, lo abbiamo toccato lunedì, quando si è tenuta la parata per le vie di Manchester. Nemmeno la pioggia è riuscita a guastare i nostri bagordi».

A prendersi la scena in quell’occasione - anzi, in realtà durante tutti i festeggiamenti - è stato il nazionale inglese Jack Grealish. Irrefrenabile, tra un drink e l’altro, tanto quanto Akanji in occasione dell’azione che ha portato al decisivo 1-0 nei confronti dell’Inter. Anzi, a ben pensarci il nativo di Birmingham è risultato decisamente più incontenibile. «Da allora non l’ho più sentito - racconta il difensore elvetico -. Forse dovrei fargli una chiamatina... Dovrebbe tuttavia essere in Nazionale pure lui, e quindi stare bene. Al massimo gli ci vorranno un paio di giorni per riprendersi (altra risata, ndr). La sua esuberanza? È il bello del nostro gruppo, animato da tanti caratteri diversi, uniti da un solo obiettivo. L’unica cosa che mi dispiace, è che anche in questo caso - come dopo aver vinto la Premier League e la Coppa d’Inghilterra - abbiamo dovuto condensare i festeggiamenti in pochi giorni. Non è facile, da un lato vorresti assaporare il momento. Ma va bene così, siamo professionisti e siamo abituati a vivere determinati ritmi».

La mano di Guardiola

Per il prodotto del vivaio del Winterthur, la stagione ormai agli sgoccioli è stata la migliore in carriera. E a sentire il centrale elvetico, i suoi progressi sono in gran parte da ricondurre a una figura chiave: Pep Guardiola. «È il miglior allenatore che io abbia mai avuto, non ho dubbi - conferma l’ex Borussia Dortmund -. Sin da quando ho messo piede a Manchester mi ha dato subito fiducia, schierandomi da titolare dopo un paio di allenamenti. La concorrenza in squadra è altissima, ma sotto la sua guida è molto facile riuscire a progredire, aumentando il proprio livello. Pep è una miniera di idee, tanto che a volte è persino difficile riuscire a stare al suo passo (ride, ndr). Cambiamo tattiche quasi ad ogni match e anche nei ruoli c’è grande varianza, tanto che ho perso il conto di quante posizioni ho ricoperto nel corso della stagione. Ma ripeto, la sua cura per i dettagli è vitale. Trova sempre il modo di aiutarti, sia quando giochi male sia quando giochi bene. Io personalmente sento di essere cresciuto molto nell’assunzione dei rischi, così come nella lettura dei duelli».

Palmarès alla mano, e con ancora diversi anni di carriera di fronte a sé, Manuel Akanji sta pian piano allestendo la sua candidatura al titolo di miglior giocatore svizzero di tutti i tempi. Il diretto interessato tuttavia, stuzzicato al proposito, nicchia. «La mia speranza è che - al netto di questa ottima annata - io possa fare anche meglio in futuro. Il pensiero di diventare il miglior svizzero di tutti i tempi non ha però mai fatto breccia nella mia mente. Anche perché, in tutta onestà, ritengo che non spetti a me determinarlo. Io intendo semplicemente continuare sulla via tracciata, divertendomi e - possibilmente - conquistando ulteriori trofei. Con il City, ad esempio, mi piacerebbe realizzare una stagione ancora più completa sollevando anche la Coppa di Lega, realizzando così il famoso “quadruple”. In Nazionale, invece, l’obiettivo è qualificarsi per gli Europei. E perché no, una volta lì provare a vincerli. Poi, una volta appese le scarpette al chiodo, toccherà a qualcun altro stilare eventuali bilanci». Guardare indietro, insomma, non rientra tra le abitudini dell’ex Basilea. «Ogni tanto lo faccio, ma in un’altra ottica. Ripenso agli albori della mia carriera, quando ero un ragazzino, e a come scendevo in campo con l’intento di divertirmi. Come suggerivo in precedenza, anche se ora tutto è diverso, cerco sempre di mantenere questa mentalità».

Le ultime due fatiche

A metà tra il passato e il futuro, c’è un presente che vede il classe 1995 in procinto di affrontare Andorra e Romania assieme ai compagni di Nazionale. Un bel cambio di scenario, rispetto ai fasti della Champions e della Premier League inglese. «È sicuramente un contesto differente, ma - come dicevo in precedenza - siamo professionisti e le motivazioni non ci mancano. Personalmente mi fa piacere essere di nuovo in Nazionale, in un ambiente, quello rossocrociato, nel quale mi diverto sempre. Vogliamo chiudere in bellezza la nostra stagione, vincendo altre due partite molto importanti lungo il nostro cammino verso gli Europei del 2024».

© CdT/Gabriele Putzu
© CdT/Gabriele Putzu

Tami: «L’addio di Rahmen non è un fulmine a ciel sereno»

La voce era iniziata a circolare qualche giorno fa. Quando, cioè, il Winterthur ha permesso a Bruno Berner di lasciare la Schützenwiese per accasarsi al Grasshopper. In cerca di un nuovo tecnico, gli zurighesi hanno a loro volta messo gli occhi sul selezionatore dell’U21 elvetica Patrick Rahmen. E, in poco tempo, dalle idee si è passati ai fatti, con la conferma dell’ingaggio (biennale) annunciata ieri da entrambe le parti. «Dopo l’imminente Europeo di categoria, Rahmen lascerà la federazione - ci spiega Pierluigi Tami, direttore delle squadre nazionali maschili elvetiche -. Sarebbe tuttavia sbagliato definire la sua partenza un fulmine a ciel sereno, o l’ennesimo cambio di rotta in seno all’U21. Poco meno di un anno fa, infatti, abbiamo puntato sull’esperienza di Patrick con l’intento di dare continuità al progetto avviato da Mauro Lustrinelli, pur sapendo che il suo profilo sarebbe stato appetibile per i club di Super League. Ora gli si è presentata questa occasione e non ci siamo opposti alla sua partenza in direzione Winterthur, a patto che venisse portata a termine l’attuale campagna. Archiviata - ci auguriamo con successo - la rassegna continentale, chiuderemo a tutti gli effetti un ciclo. Aprendone uno nuovo da agosto». In questo senso, le idee di Tami appaiono già chiare. «Il nuovo profilo al quale affideremo questo compito sarà diverso da quello di Rahmen. L’intento è pianificare almeno un biennio, se non di più. A luglio parlerò con i candidati più appetibili della lista che stiamo attualmente stilando, ed entro inizio agosto annunceremo la nostra scelta definitiva». 

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