Calcio

Alexander Gerndt, il trascinatore alla Pippi Calzelunghe

Quando lo svedese segna il Lugano va (quasi) sempre a punti – Da Visby a Cornaredo, ecco la storia di un attaccante speciale
L’attaccante del Lugano Alexander Gerndt. (Foto Keystone)
Marcello Pelizzari
05.03.2019 06:00

Alexander Gerndt è un autodidatta. È cresciuto in una famiglia numerosa e ha imparato presto l’arte di arrangiarsi. «Avevamo un giardino molto ampio e ricordo che ci passavo le giornate con gli amici» spiegava in una vecchia intervista rilasciata al nostro giornale. «Partite su partite. Mia mamma doveva sempre sgolarsi per farmi rientrare a casa».

L’attaccante del Lugano è (ancora) quel bambino. Non lasciatevi impressionare dai tatuaggi, né dal fisico. Il ragazzone di Visby non è cambiato. Osserva sempre la vita con gli occhi di chi, negli anni Novanta, sognava di sfondare nel calcio guardando i poster di Nedved e Zidane appesi in cameretta. Già, Visby. È una cittadina meravigliosa, patrimonio dell’umanità Unesco. Fra i suoi vicoli medievali perfettamente conservati venne girata la serie televisiva «Pippi Calzelunghe», tratta dall’omonimo romanzo di Astrid Lindgren. E Alex, a ben vedere, ha molti punti di contatto con la protagonista.

Con il Signor Nilsson, la scimmia, sulla spalla, Pippi sollevava il suo cavallo Zietto, combatteva ladri e malfattori, salvava di continuo gli amici Tommy e Annika, non sottovalutava mai i pericoli e non aveva bisogno di nessuno. Un inno all’indipendenza e all’intraprendenza. Allo stesso modo, Gerndt quando indossa la maglia bianconera ha un qualcosa di (super)eroico: corre, lotta, sgomita, si fa beffe degli avversari e, quando segna, risulta quasi sempre decisivo ai fini del risultato. C’è un dato, a tal proposito, significativo. Scomponendo i 17 gol segnati finora con il Lugano, salta fuori che Gerndt fra Europa League, Coppa Svizzera e campionato ha garantito ai bianconeri 13 vittorie e 2 pareggi, a fronte di una sola sconfitta (la rete, consolatoria, sul sintetico di Neuchâtel).

Il rapporto fra Gerndt (ribattezzato «Ghèert» dai tifosi luganesi, con la tipica inflessione dialettale) e Cornaredo non è sempre stato idilliaco, va detto. A volte criticato da spettatori e stampa, principalmente perché non è un goleador di razza, altre ritenuto non all’altezza dallo staff tecnico (era successo durante l’era Abascal), lo svedese era stato perfino inserito in un’ipotesi di scambio l’estate scorsa. Il Lugano voleva Margiotta del Losanna e sembrava disposto a cedere il suo Pippi Calzelunghe. Sembrava, appunto. Per fortuna, verrebbe da dire ora, quello scambio non si concretizzò mai. La decisione di rinnovare il contratto ha avuto il potere di riavvicinare Gerndt al Lugano e alla sua gente. Anche perché Alex si è impegnato fino al 2021 «a scatola chiusa», ovvero con una classifica che allora preoccupava e un futuro societario tutto da scrivere (della serie: chi sarà il proprietario, Novoselskiy o Renzetti?). Un vero e proprio atto d’amore verso la maglia. E in campo lo svedese è sempre più simbolo, oramai. La sua figura emerge nel bene – 3 gol e 2 assist nelle ultime 6 partite, Coppa compresa – e nel male. Prendiamo l’incredibile e rocambolesca rete dello Young Boys a tempo scaduto: è andata come è andata, d’accordo, ma Gerndt si è fatto cento metri a tutta nel tentativo di recuperare l’avversario. Un po’ come Pippi, tanto forte fisicamente da riuscire a sollevare un cavallo.

Ma la forza di Alexander è anche, se non soprattutto, spirituale. I suoi compagni lo vedono come un leader e un esempio da seguire. Non perché parli molto, al contrario. Piuttosto, perché si sacrifica per la causa come e più degli altri. Lugano è diventata casa sua. Come lo era Visby, la città di Pippi Calzelunghe.