"Basta ragionare solo come arbitri"

ZURIGO - A vederlo sul campo adiacente la sede della Fifa, mentre dà indicazioni, sembra non esista un prima e un poi nella vita di Massimo Busacca. Sarà una nostra deformazione, eppure la sensazione è che il ticinese sia ancora un arbitro internazionale. Invece, dal 2011 ha appeso fischietto e cartellini al chiodo per trasferirsi a Zurigo. Assumendo la carica di capo del dipartimento arbitrale in seno al governo mondiale del calcio. Una sorta di commissario tecnico dei fischietti. Il ticinese, classe 1969, lo scorso gennaio ha diramato la lista di convocati per il Brasile. «Il meglio del meglio» dichiara con un sorriso. Gli abbiamo chiesto, allora, cosa si aspetta dalla prossima Coppa.«Mi aspetto una grande competizione, con l'auspicio che prevalga il fair play. Andremo in Brasile, un Paese che respira calcio. Sono convinto che le varie nazionali si adatteranno a questo clima: vedremo belle partite, divertenti, con giocatori concentrati sullo spettacolo. Quanto agli arbitri, la Fifa ha fatto il massimo per loro. Faranno bene. Confido ci sarà rispetto reciproco».Un seminario a Zurigo con gli arbitri di Asia, Europa e Oceania appena concluso; un altro alle porte con i fischietti di Africa, Sudamerica, Centro e Nordamerica alle porte. Un giudizio sul lavoro svolto finora?«Purtroppo il tempo per stare assieme non è mai abbastanza. Le occasioni per trovarci sono relativamente poche. A questo giro abbiamo lavorato intensamente, sia sulla teoria sia sulla pratica. La Under 21 dello Zurigo si è prestata volentieri, simulando varie situazioni di gioco. L'approccio tattico per un arbitro è fondamentale. Ogni direttore di gara conosce il regolamento a menadito, sa cos'è un fallo e via discorrendo, spesso ha buona personalità. Ma è importante preparare una partita a livello di tattica e posizionamento, saper anticipare».Il segreto dell'arbitro perfetto dunque è l'intelligenza calcistica?«Proprio così. Mi rifaccio anche alla mia personale esperienza. È importante riuscire ad entrare nella mentalità di un calciatore, ragionare come lui, capire ad esempio quando simula. Come detto, l'arbitro al giorno d'oggi conosce perfettamente il regolamento, spesso tuttavia gli manca l'interpretazione, non legge come dovrebbe la giocata del singolo o i movimenti di una squadra».Soddisfatto della «nazionale» che ha scelto per il Brasile? Quale filosofia ha applicato Busacca nella gestione del gruppo?«Sì, anche se purtroppo – lavorando poco insieme – mancano automatismi. La mia filosofia si basa sulla risposta che, un giorno, diede un allenatore: posso essere bravo, so cos'è il calcio ma per vincere ho bisogno di grandi giocatori e non di gregari. Analogamente, io ho bisogno di grandi arbitri».La tecnologia sulla linea di porta per eliminare il gol fantasma?«È un supporto in più. Ma l'arbitro deve sempre basarsi sulla propria conoscenza e non affidarsi solo alla tecnologia».L'arbitro, per natura, deve avere una personalità marcata. Altrimenti non potrebbe fare questo mestiere. Come si può conciliare il carattere del singolo alla mentalità di squadra che cerca di instillare Busacca?«Non siamo qui per creare robot, sia chiaro. Ognuno deve mantenere la sua personalità. Se uno è stato convocato, è perché ha grandi qualità ed è un arbitro importante. Un arbitro non deve necessariamente assomigliare ad un altro, anzi. Ma tutti possono e devono migliorare nell'approccio tattico. Io, in quanto allenatore, do le istruzioni. E mi aspetto che queste istruzioni vengano tradotte in pratica. Ad un grande giocatore non dici come giocare, ma al limite dove. L'uniformità è un'utopia».Ultima domanda: dopo le delusioni e le polemiche in Sudafrica, quattro anni fa, ci apprestiamo a vivere il primo Mondiale senza Massimo Busacca in campo. Le manca fare l'arbitro?«Il campo mi mancherà sempre. Ho fatto l'arbitro per tantissimi anni e per tantissime partite, fuori dal rettangolo verde è impossibile vivere le stesse emozioni e sentire la stessa adrenalina. Nel mio nuovo ruolo sto dando tutto me stesso e sono davvero entusiasta. Ma in Brasile, ammetto, sarà strano non vivere in prima persona l'evento. Va detto che, avendo diverse partite da gestire e ricoprendo un incarico di pura responsabilità, non avrò tempo per eventuali rimpianti».