Calcio

«Che fastidio lo spareggio a Lugano, e i vertici dell'ACB forse hanno superato il limite»

Abbiamo intervistato il CEO della Swiss Football League Claudius Schäfer: i numeri positivi della Super League, i rischi in campo internazionale, l'indisponibilità del Letzigrund, la battaglia sui biglietti nominativi e gli attriti con i dirigenti del Bellinzona
©KEYSTONE/SAMUEL GOLAY
Massimo Solari
30.05.2025 06:00

Il pubblico della Super League è aumentato di nuovo. Il titolo ha cambiato padrone e, sino all’ultimo, ci si è battuti per un posto in Europa e per la salvezza. Per queste ragioni, Claudius Schäfer è un CEO felice. Per altre, tuttavia, il numero uno della SFL non nasconde un certa preoccupazione. Lo abbiamo intervistato a margine dell’assemblea generale dei club che - in attesa dell’esito dello spareggio tra GC e Aarau, questa sera - ha fatto tramontare la stagione 2024-25.

Signor Schäfer, partiamo proprio dalla fine. Manca la sfida di ritorno, ma il Grasshopper ha blindato la permanenza nel massimo campionato battendo 4-0 l’Aarau nel primo incrocio dello spareggio. Con tutto il rispetto per gli argoviesi e per l’Yverdon retrocesso, grazie alle cavallette e al ritorno del Thun, il prodotto Super League farà un passo avanti nella stagione 2025-26?
«Per la Swiss Football vi sono due capisaldi: l’aspetto sportivo - e dunque i risultati ottenuti sul campo - e quello amministrativo, con l’ottenimento o meno della licenza di gioco. Le squadre che lei ha menzionato presentavano e presentano i requisiti per disputare il prossimo campionato di Super League. E ai nostri occhi è ciò che conta, senza preferenze per una o per l’altra società».

GC-Aarau si è giocata a Cornaredo. Tradotto: il club zurighese non ha trovato una sola mano tesa oltre San Gottardo. Oggettivamente, si tratta di una situazione assurda. Da responsabile della SFL, quali sono le sue riflessioni?
«Innanzitutto, per la SFL si tratta di una situazione molto fastidiosa. Parliamo infatti di un club - il Grasshopper - che dispone di uno stadio casalingo ma non è nelle condizioni di poterlo sfruttare a causa di un concerto. Ogni impianto, invece, dovrebbe rimanere a disposizione sino al termine della stagione. E la stagione si conclude con lo spareggio, non prima. In secondo luogo, a fronte di quanto accaduto credo s’imponga una profonda analisi su più fronti. Lo scenario del Letzigrund, era noto dall’inizio del torneo, ed è dunque lecito chiedersi come mai non sia stato possibile trovare una soluzione di ripiego in tempo utile. Al proposito bisogna tuttavia precisare come siano state le Città e i Cantoni - con le rispettive polizie - a negare al GC un piano B logisticamente più sensato. Non i club. E pure questo elemento deve far riflettere. Mi sia quindi permesso di sottolineare il gesto di grande solidarietà dell’FC Lugano e delle autorità locali, del quale - come SFL - andiamo fieri».

Molto, appunto, ruota attorno al delicato nodo della sicurezza, con i club vincolati alle decisioni della polizia. Il calcio svizzero è in ostaggio?
«Che il permesso per organizzare la singola partita dipenda dal parere favorevole delle autorità è oggettivo. Così come è comprensibile che ci s’interroghi sull’opportunità - o meno - di ospitare una sfida tra due club “esterni”. A mio avviso, le questioni che sono state sollevate potevano tuttavia essere risolte in altro modo. Ecco perché ho trovato un po’ superficiali e semplicistiche le varie risposte negative date al Grasshopper. Anche il club zurighese - e lo ribadisco - sarà però chiamato a valutare l’iter seguito e ciò che ha comportato».

Tra poco più di due settimane, il Consiglio nazionale potrebbe seguire il parere positivo degli Stati e fornire un ulteriore assist all’introduzione dei biglietti nominativi. È preoccupato?
«Lo scorso aprile, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale ha respinto in modo netto la mozione che spinge in questa direzione. Insieme all’FC San Gallo e all’associazione mantello dei tifosi svizzeri, abbiamo presentato ai commissari la nostra posizione, riuscendo - credo - a persuadere chi avevamo di fronte, visto che in precedenza a esprimersi erano stati i rappresentanti delle polizie. Il lavoro di lobbying prosegue e confidiamo che il plenum possa seguire il parere negativo della commissione incaricata di analizzare il tema. Come SFL siamo convinti che la violenza all’esterno degli stadi debba essere combattuta perseguendo gli autori del reato, non attraverso un biglietto nominativo che punisce collettivamente i tifosi che all’interno degli impianti non creano particolari problemi».

Il CEO della Swiss Football League, Claudius Schäfer.
Il CEO della Swiss Football League, Claudius Schäfer.
Mi sia permesso di sottolineare il gesto di grande solidarietà dell’FC Lugano e delle autorità locali nell'accettare di accogliere la sfida d'andata dello spareggio

Intanto, negli scorsi mesi il modello a cascata – e il suo famigerato livello 3 – è stato attivato a più riprese, obbligando diverse società a chiudere interi settori dei propri stadi. Chi li occupava, e cioè le tifoserie organizzate, ha però sfruttato puntualmente le falle del sistema per accedere comunque in altre zone degli impianti. In quanto fermo oppositore del citato modello, immagino le sia venuto da sorridere a più riprese.
«In realtà, c’era poco da sorridere. Episodi del genere, in effetti, presentano un fattore di rischio non indifferente. Il modello a cascata introdotto a inizio stagione, detto altrimenti, ha prodotto più inconvenienti che soluzioni. Il tutto comportando un aumento dei costi per i club. Perché, dunque, non concentrarsi sui provvedimenti individuali? Penso all’obbligo di presentarsi ai posti di polizia - molto efficace in Inghilterra e mai sfruttato in Svizzera - o alle diffide, che lungo la stagione 2023-24 sono state appena 55. Un’inezia. La polizia lamenta l’assenza di mezzi? E allora, tutti assieme, cerchiamo di rafforzare le risorse da mettere a disposizione alle forze dell’ordine.Se esistano già dei margini di manovra per cambiare rotta nel prossimo campionato, però, spetta ai Cantoni dirlo».

Torniamo al campo. E al titolo, per certi versi inaspettato, conquistato dal Basilea. Dopo il periodo segnato dal dominio dello Young Boys, un successo e un campione del genere possono solo fare bene alla Swiss Football League?
«A chiudersi è stata la seconda stagione di Super League con il nuovo formato e - tolti alcuni inconvenienti - possiamo ritenerci molto soddisfatti. Tolto il titolo, fino all’ultimo vi erano in palio obiettivi importanti, dall’accesso al “Championship Group”, alla salvezza, passando per i piazzamenti europei. Complimenti al Basilea e alle sue prestazioni, dopo diversi anni vissuti in secondo piano. E, sì, per la SFL la rotazione dei campioni rappresenta una buona notizia».

L’incertezza sino a pochi turni dal termine e l’incremento del numero degli spettatori avranno sicuramente fatto felice Claudius Schäfer. Ma, a bocce ferme, concorda sull’abbassamento del livello complessivo della Super League?
«La gente continua a frequentare i nostri stadi e a dimostrarlo è il nuovo record di spettatori, cresciuti di 12.000 unità e attestatisi a una quota superiore ai 3 milioni. È un dato che ci rende orgogliosi ed è anche il dato più importante per la maggior parte dei club, che continuano a fondare le proprie entrate sulla vendita di abbonamenti e biglietti. In merito alla competitività della lega, in quanto non specialista è difficile fornire un giudizio definitivo. Sicuramente, i risultati dello Young Boys hanno messo a nudo il gap crescente tra le grandi e le piccole che frequentano la Champions League. Eppure, allo stesso tempo il Lugano ha conosciuto un percorso entusiasmante in Conference, competizione in cui non ha sfigurato pure il San Gallo. La sfida e le risposte più importanti, dunque, interessano la prossima stagione, dal momento che è già certo che nel 2026-27 - complice il passo indietro nel ranking UEFA - perderemo un posto in Europa. Chi sarà protagonista in campo internazionale dovrà raccogliere punti essenziali in ottica futura».

Tra gli ultimi giocatori convocati dal ct della Nazionale Murat Yakin, figura un solo elemento del nostro massimo campionato: il portiere Marvin Keller. Se non è una sentenza di condanna questa…
«Ma la Nazionale di riferimento della SFL è la U21. È in questa squadra che vogliamo vedere i giocatori che militano in Super e Challenge League. Trovo per contro normale che la selezione maggiore si rifornisca prevalentemente dalle principali leghe europee. Dopo tutto, realtà come il Belgio non agiscono in modo differente».

Sabato, Peter Knäbel è stato eletto alla testa dell’ASF. Si tratta del candidato sostenuto dalla Swiss Football League. Perché ritiene che sia l’uomo giusto per guidare il calcio svizzero?
«È un’elezione che ci ha reso felici. Era il nostro candidato, vero, ma Peter Knäbel non è mai stato “un uomo della Swiss Football League”. Delle sue competenze potrà beneficiare tutto il calcio svizzero, basta osservare le molteplici esperienze che ha maturato in carriera. A tutti i livelli e in tutti i ruoli. La sfida principale? La formazione ad alto livello, per la quale sarà probabilmente necessario ritoccare alcune linee guida».

Per quanto concerne lo sviluppo delle carriere, Knäbel ha denunciato a più riprese l’insufficiente tempo di gioco concesso ai giovani calciatori svizzeri. La SFL, in questo senso, che margini di manovra possiede?
«Esiste un gruppo di lavoro misto, tra ASF e SFL, che ha avanzato una serie di proposte in tal senso. L’allargamento della Challenge League figura fra queste, come pure - sempre per la lega cadetta - la riduzione dei giocatori stranieri in contingente. Il prossimo passo consisterà nell’elaborazione di un progetto che abbracci tutte le sezioni del calcio svizzero. Serve una strategia precisa, in grado di dirci dove saremo fra 10 anni. Ebbene: al momento questa visione continuare a mancare, ma confido che con Peter Knäbel alla testa dell’ASF sarà possibile delineare un chiaro sviluppo. Una riforma è urgente, anche se il formato della Challenge League non potrà mutare prima della stagione 2027-28».

Le insinuazioni dei dirigenti del Bellinzona? La questione sarà ora valutata internamente e non escludiamo l’apertura di uno o più procedimenti

A proposito di Challenge League. Nel quadro del verdetto in seconda istanza sulle licenze per la prossima stagione, l’AC Bellinzona ha voluto mettere pressione all’autorità competente della SFL, con tanto di insinuazioni circa dei possibili favoritismi allo Sciaffusa. Come CEO, quanto ritiene grave l’atteggiamento del club granata?
«Quale premessa, va ricordata l’indipendenza delle commissioni chiamate a esprimersi sulle domande di licenza. Detto questo, conoscono gli avvocati attivi in quest’ambito e non sono persone che si fanno mettere sotto pressione da uno o dall’altro club. Nelle scorse settimane ho letto le affermazioni di alcune persone legate all’AC Bellinzona e non mi sono piaciute per nulla. Ciascuno è responsabile di ciò che dice ma, al netto della libertà di espressione, vi sono dei limiti che non vanno superati. Proprio per questa ragione, la questione sarà ora valutata internamente e non escludiamo l’apertura di uno o più procedimenti».

Battaglie al TAS comprese, perché la convivenza con il Bellinzona e i suoi dirigenti - assenti all'assemblea di mercoledì - è così complicata?
«Lega e club sono come una famiglia, all’interno della quale è normale che di tanto in tanto si litighi. L’importante, però, è battersi per un obiettivo comune. E cioè il miglioramento del prodotto calcio in Svizzera. È responsabilità delle parti lavorare bene insieme e perseguire questo scopo. E i dirigenti del Bellinzona sanno esattamente ciò che pretendiamo da loro. Purtroppo, e non lo nego, negli ultimi anni la collaborazione con il club granata non è stata semplice. Speriamo che in futuro si possa costruire su basi differenti».

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