Il ricordo

Claudio Gentile piange l’amico Paolo Rossi: «È una pugnalata»

Il difensore ripercorre gli anni alla Juventus e il trionfo del 1982 con l’Italia: «Bearzot decise di portare Pablito mettendosi tutti contro, ma ebbe ragione»
Paolo Rossi, a sinistra, assieme a Claudio Gentile, il secondo da sinistra, e Dino Zoff, a destra. © EPA/ANSA
Marcello Pelizzari
10.12.2020 19:45

Se n’è andato così, poco dopo Diego Armando Maradona. In silenzio. Nell’anno più brutto, il 2020. Due volte venti, il suo numero al «Mundial». Paolo Rossi non c’è più. Con lui se ne va un pezzo di Italia e, va da sé, un pezzo di storia del calcio. A tradirlo un male incurabile. Aveva 64 anni. Piange il Paese, piangono i tanti amici sparsi per il mondo. E piangono gli Azzurri di allora, guidati dal «Vecio» Bearzot. Rossi, in Spagna, fu decisivo. Si svegliò tardi, ma poi segnò 6 reti e trascinò gli altri al successo. Cambiando altresì il volto all’Italia intesa come nazione.

«Oh, finalmente»

«È una pugnalata» ci racconta Claudio Gentile, oggi 67 anni, suo compagno alla Juventus e in Nazionale. La voce scava nei ricordi. E tira fuori quei tre gol al Brasile delle meraviglie, al Sarrià di Barcellona, gol che sbloccarono «Pablito». «Me li ricordo come fosse ieri, come mi ricordo il peso che Paolo si tolse segnandoli. Ci disse: oh, finalmente. Lì capimmo la grandezza del personaggio».

Gentile, a suo modo, diede una mano all’Italia con le sue marcature leggendarie. Prima Maradona, poi Zico. Tuttavia, fu decisivo anche in fase di spinta, ad esempio fornendo l’assist a Rossi per l’1-0 contro la Germania Ovest in finale. «Il mio rapporto con lui iniziò in bianconero, alla Juve. Prima dei Mondiali fece solamente tre partite». Già, Rossi aveva appena finito di scontare due anni di squalifica a causa del calcioscommesse. «Bearzot gli diede fiducia, convocandolo per i Mondiali. Sembrava una decisione esagerata. C’erano polemiche a non finire, da un lato perché il capocannoniere del campionato, Pruzzo, era stato scartato e dall’altro per l’assenza di Beccalossi. Però partimmo, con tutti contro ma partimmo. E alla fine il ‘‘Vecio’’ dimostrò di avere ragione».

«Bearzot si era fissato con lui»

Le polemiche si trascinarono fino alla Spagna. Perché Rossi, all’inizio, non segnava. «Fece fatica» riconosce Gentile, che aggiunge: «Non vi dico quanto ci avrebbe fatto comodo un Rossi in forma già all’inizio». Di più, Altobelli in panchina spingeva per avere una maglia da titolare forte dell’opinione pubblica. «Ma Bearzot si era fissato con Rossi, provocando una sorta di reazione in lui. E funzionò, pensando ai tre gol al Brasile e a quelli successivi con Polonia e Germania Ovest. Fu decisivo, un trascinatore. Fa male sapere che Paolo non è più con noi».

«Le parole di Sandro Pertini»

Già, fa male. «Una pugnalata» ripete Gentile. «Noi dell’82 sapevamo che Paolo non stava bene, ma non credevamo che fosse qualcosa di grave. È stata una mazzata, davvero. Non eravamo pronti a dirgli addio. Non così. E adesso che rivedo le immagini di quelle partite mi sale il magone, un magone immenso».

Un magone legato a doppio filo ad un’epoca che non c’è più, ad un’Italia capace, grazie al Mondiale, di abbandonare gli anni di piombo per anni più felici, liberi e spensierati. «La portata del nostro successo fu chiarissima poco dopo il 3-1 di Madrid, in albergo, quando il presidente della Repubblica Sandro Pertini ci disse: voi non vi rendete conto del bene che avete fatto al Paese. Ecco, in quel momento tutti noi ci sentimmo un po’ più italiani».

Italiano, in tutti i sensi, era Paolo Rossi. Un uomo d’area, furbo, veloce, capace di sbucare all’improvviso alle spalle di un difensore e di segnare. E di far sognare un’intera nazione, riscopertasi tale nell’estate del 1982. «È una pugnalata» chiosa Claudio Gentile. Lo è per lui e per il calcio.