L’allarme

«Constantin ha ragione, il calcio svizzero rischia grosso»

L’assenza di chiare prospettive per la stagione 2021-2022 fa temere il peggio per la sostenibilità delle principali società elvetiche - «L’impatto dei diritti tv è minimo, senza tifosi dopo l’estate i budget dei club potrebbero tornare ai livelli di 20 anni fa» avverte Edmond Isoz
L’impianto dello Young Boys, 32.000 posti a sedere, desolatamente vuoto. © reuters/ denis balibouse
Massimo Solari
03.04.2021 06:00

A lanciare la bomba, manco a dirlo, è stato Christian Constantin. Un purosangue sul proscenio del calcio svizzero. Nel bene e nel male. Un dirigente di razza, sì, che una volta di più si è espresso senza filtri: «Vedo arrivare lo tsunami. Il professionismo esisterà ancora fra un anno?». Il Blick ha raccolto il grido d’allarme del presidente del Sion, quasi inerme di fronte al «cataclisma» causato dalla pandemia. «Mancano le prospettive per la prossima stagione. Con zero spettatori perderò 5 milioni di franchi a trimestre». Da un lato gli sponsor che si tirano indietro, che fanno giustamente i loro calcoli. Dall’altro, sempre lì, stipendi e fatture da pagare. «Mi spiace dirlo, ma Constantin ha pienamente ragione». La franchezza non fa difetto pure a Edmond Isoz. L’ex direttore della Swiss Football League non ha smesso di seguire e cercare di comprendere le dinamiche - talvolta distorte - del mondo del pallone. «Tuttavia - osserva - nessuno è colpevole della situazione attuale. Nemmeno la Lega, che nulla può di fronte agli stadi chiusi, alle difficoltà degli sponsor o alle entrate contenute in materia di diritti tv».

I limiti del prodotto

L’ora della verità, prosegue Isoz, è vicina. «Se il campionato 2021-22 dovesse continuare a subire le logiche odierne, ecco che lo scenario di Constantin si presenterebbe in tutta la sua crudeltà. Scusate, ma quale realtà - nell’industria dell’intrattenimento - è in grado di sopravvivere senza incassi? Al netto degli aiuti statali, nessuna». Non in Svizzera, perlomeno. «Bisogna considerare - spiega Isoz - che i budget complessivi dei club di Swiss Football League si situano tra i 250 e i 300 milioni. E di questi, appena una trentina sono garantiti dai diritti televisivi, Capite bene, quindi, l’incertezza che accompagna la reperibilità dei fondi restanti». Diverso il discorso per Premier League, Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue 1. «I cinque principali campionati europei hanno un vantaggio e dei margini di manovra maggiori» constata Isoz. Per poi precisare il concetto: «Basti pensare che a ogni società, anche le più piccole, i diritti tv garantiscono 40-50 milioni di euro l’anno. Con questi soldi (equivalenti al 50% delle entrate per le squadre minori), e gli sponsor che s’intrecciano alla visibilità televisiva, il danno viene in parte limitato. Il monte salari, spesso e volentieri gonfiato senza senso, rappresenta poi l’ultima, importante voce sulla quale intervenire».

L’ex direttore della Swiss Football League Edmond Isoz.
L’ex direttore della Swiss Football League Edmond Isoz.
Nessuno è colpevole della pandemia. Ma l’industria dell’intrattenimento non può sopravvivere senza certi incassi

Lo United e l’hockey su ghiaccio

Anche l’olimpo del calcio, ad ogni modo, è in caduta libera. Nel suo report annuale - Football Money League - Deloitte ha previsto che entro la fine della stagione i maggiori 20 club d’Europa perderanno oltre 2 miliardi di euro di ricavi. E per la società di consulenza e revisione, gli introiti derivanti dalla parte commerciale dell’attività diventeranno vieppiù centrali. Realtà come il Manchester United, ad esempio, riescono addirittura a scongiurare i deficit grazie all’incredibile ascendente sui mercati cinese, indiano e africano. Malgrado dei risultati sportivi sotto le attese, per altro. «La pandemia - indica il rapporto - ha spinto i club a ripensare e ricalibrare i loro modelli di business, con l’obiettivo di compensare le perdite attuali. In particolare, l’attenzione sulle capacità digitali interne ed esterne ha subito un’accelerazione obbligata. E ciò dal momento che l’interazione digitale è lo strumento dominante attraverso cui le società possono relazionarsi con i tifosi».

Bene. Edmond Isoz invita però a ritornare alla dimensione elvetica. «E a dinamiche che interessano anche l’hockey su ghiaccio. I budget di buona parte delle società si basano, nella misura del 35-50%, sulle entrate da biglietteria e hospitality. Non solo. Praticamente per due stagioni consecutive, numerosi abbonati hanno accettato di devolvere i propri soldi ai club. Ed è difficile immaginare ulteriori “regali”, in caso di un ennesimo, mancato ritorno di prestazioni». Un castello che si sgretola, già. «Se dopo l’estate le cose non cambieranno, i budget del calcio svizzero d’élite potrebbero concretamente tornare ai livelli di 20 anni fa».

Se anche l’YB è in affanno

Un passo indietro per certi versi clamoroso, dunque. Sotto gli occhi della Confederazione. Ecco: Berna si è adoperata a sufficienza per sostenere lo sport di punta? «A mio avviso ha fatto quella che poteva essere fatto sul piano politico» rileva l’ex direttore della SFL. «Non dimentichiamo che l’immagine dei professionisti del calcio e dell’hockey non è così positiva. Nel 1994, quando la Svizzera ha partecipato ai Mondiali americani, non era così raro giocare in prima squadra e - al contempo - avere anche un lavoro. Mentre oggi vi sono club che esigono aiuti statali, pagando un proprio straniero più di un consigliere federale». E a proposito del valore reale dei giocatori. Isoz prende l’evidenziatore e sottolinea un altro aspetto: «Proprio mercoledì lo Young Boys ha annunciato una perdita di oltre 5 milioni di franchi, per la stagione 2019-20. Colpa della pandemia, come pure della decisione di non vendere alcune pedine. Oggi non è così grave, perché l’anno prima i gialloneri erano invece stati capaci - complici i trasferimenti - di registrare un avanzo di 20 milioni. Il problema si potrebbe però porre presto. Se il sistema globale s’inceppa, diventerà impossibile creare plusvalenze importanti. E così il club di Bundesliga di seconda fascia non sarà più disposto a pagare 10 milioni per uno svizzero semisconosciuto, valorizzato a Basilea o dall’YB. Al massimo ne verserà 3».

Il derby di Milano e il Clásico

Ridimensionamento. La parola d’ordine è questa. E per Edmond Isoz «il caso della Serie A è emblematico. I risultati del calcio italiano riflettono la situazione economica del Paese. Quando uno Stato non funziona sul piano economico - e lo stato delle infrastrutture è lì da vedere -, determinati flop sportivi non devono sorprendere. Mi riferisco naturalmente alle coppe europee. Ricordo che alla fine degli anni Novanta, il derby dei derby era quello della Madonnina. Oggi, per contro, Inter-Milan ha una reputazione sbiadita. Il mondo parla del Clásico, di Real Madrid-Barcellona. Una partita di cui, vent’anni fa, importava relativamente poco alla gente. Questo per dire che il mondo del pallone è in continua evoluzione. Alcune cose possono essere influenza. Per altre, come la pandemia, non ci sono invece colpevoli».

Riforme e competitività: "Il vero problema si chiama Challenge League"

Proviamo a essere ottimisti. E a guardare all’estate come crocevia positivo per il calcio svizzero. Con il ritorno dei tifosi negli stadi, la macchina riprenderà a funzionare a pieno regime? «Purtroppo la Swiss Football League non spicca per visione e interventismo» afferma il suo ex direttore, Edmond Isoz. «Da 4-5 anni, sul piano sportivo, siamo in perdita di velocità. Nel breve termine il calcio svizzero rischia quindi di avere un problema in termini di competitività. La netta sconfitta della U21 contro il Portogallo, all’Europeo, è un chiaro segnale in questa direzione». Nell’ultimo anno Isoz ha chiesto a gran voce, e a più riprese, di riformare i massimi campionati elvetici. Proprio lui che nel 2002 fece tramontare le vecchie LNA e LNB. «Ma tornare parzialmente indietro non è vietato. Pena rischiare di perdere per strada il livello raggiunto nell’ultimo ventennio». Proprio dodici mesi fa, la stragrande maggioranza dei club avevano bocciato l’allargamento della Super League a 12 squadre. «Il vero problema tuttavia si chiama Challenge League» rileva Isoz. «Alcune realtà, onestamente, non si giustificano più. Perché non favoriscono in alcun modo la crescita delle giovani promesse svizzere». Il nostro interlocutore avanza qualche idea. «Dalla stagione 2012-2013, la seconda divisione portoghese ospita anche le U21 di alcuni club. E a mio avviso lo stesso dovrebbe avvenire nella nostra lega cadetta». L’ASF sta valutando attendamente il tema. Isoz menziona pure le recenti decisioni prese dalla National League. «Che ha sospeso momentaneamente le retrocessioni, aprendo al contempo - e secondo precisi criteri - a 13-14 squadre. Nel massimo campionato di calcio, la pressione sui club è invece tale da non permettere il corretto inserimento e il giusto lavoro a favore dei giovani».

Isoz non si limita comunque agli schemi che ingabbiano il calcio d’élite in Svizzera. «Il tema è più ampio e, per quanto concerne i ragazzi dai 16 ai 21 anni, abbraccia pure istituzioni come la scuola, l’apprendistato. Ma anche lo sviluppo fisico dei diretti interessati». Di più: l’ex manager elvetico chiama in causa la storia. «I progressi calcistici della Svizzera sono legati a doppio filo con la guerra nell’ex Jugoslavia. Abbiamo approfittato di una generazione di giocatori talentuosi, di grande volontà e affamati di successo. Gli effetti di questo esodo, però, stanno tramontando».