La storia

Da Londra a Berna, solo per il Lugano

La sveglia alle 3.45, il volo per Zurigo e poi il treno per la Capitale: Fabio è arrivato da molto lontano per godersi il successo bianconero
Marcello Pelizzari
16.05.2022 19:00

Domenica 15 maggio 2022. Drin. Drin. Drin. La sveglia, sì. Alle 3.45 di mattina. Fabio, ticinese e tifosissimo del Lugano, apre lentamente gli occhi. È il momento, sì. C’è una finale, anzi la finale. Impossibile mancare quando in palio c’è la Coppa Svizzera. Tutti a Berna, proprio così. E pazienza se il punto di partenza, Londra, si trova a un migliaio di chilometri di distanza. «Al cuore non si comanda» racconta il nostro interlocutore, cui abbiamo chiesto di ripercorrere il viaggio nonché le emozioni vissute a destinazione e vittoria raggiunte.

«Il mio primo figlio, che mi ha accompagnato in questa follia, è nato a Lugano» dice Fabio al telefono dalla City. «Da nove anni, però, vivo e lavoro a Londra. Mia moglie è inglese, le piaceva il Ticino ma voleva fortemente tornare nel Regno Unito».

Una questione di cuore

I bianconeri, ribadisce il tifoso d’oltremanica, sono una questione di cuore. «Sto inculcando questo concetto a mio figlio» prosegue. «A Londra abbiamo tutto, potremmo scegliere fra un sacco di club e ne seguiamo uno nel quartiere in cui viviamo. Ma il Lugano è il Lugano. Lo tifi a prescindere, che giochi in Challenge League o in Europa. La mia opera ha avuto successo, visto che il mio ragazzo segue i risultati del calcio svizzero e non quelli di Chelsea o Manchester. Il pallone, in Inghilterra, è diventato molto più commerciale. Mentre il Lugano, beh, ha mantenuto un’anima vera. Basti pensare allo stadio, vecchio, in cui abbiamo giocato per tutti questi anni».

L’idea di prendere un aereo e, in seguito, un treno per recarsi a Berna è maturata tempo fa. «Dopo il risultato della semifinale» chiarisce Fabio. «La mia prima domanda, mentre festeggiavo, era: quando si gioca la finale? Ho controllato il calendario, ho visto che era una domenica. Quindi, ho subito iniziato a programmare la trasferta».

Altra domanda, nostra stavolta: perché non partire già il sabato sera, con un certo agio? «Perché avendo due bimbi sarebbe stato un po’ complicato». Si trattava, insomma, di stare lontano da casa il minor tempo possibile. La classica toccata e fuga. «Ho optato per il primissimo volo da Heathrow a Zurigo, alle sei. Colazione in aeroporto, treno per Berna, turismo nella Capitale con tanto di capatina alla fossa degli orsi, partita, rientro».

Qualche problemino lo abbiamo avuto al ritorno. Il treno era, una volta ancora, pieno zeppo di tifosi avversari. E non erano proprio felicissimi. L’aereo, invece, come spesso accade la domenica sera era in ritardo
Fabio, tifoso FC Lugano

Un piano di battaglia perfetto, quantomeno sulla carta. «Sì, perché poi ti rendi conto che, appunto, devi svegliarti alle quattro meno un quarto, prevedere tre quarti d’ora per andare in aeroporto, salire su un aereo, scendere, mangiare qualcosa al volo e poi prendere un treno per Berna». Treno, secondo logica, «pieno zeppo di tifosi del San Gallo. Io e mio figlio eravamo gli unici tifosi del Lugano a bordo».

Tempi stretti, nella speranza di non incappare in qualche imprevisto. «C’è stato modo, almeno, di fare invasione di campo e festeggiare come si deve la Coppa» afferma Fabio. «Qualche problemino, invero, lo abbiamo avuto al ritorno. Il treno era, una volta ancora, pieno zeppo di tifosi avversari. E non erano proprio felicissimi. L’aereo, invece, come spesso accade la domenica sera era in ritardo. Siamo rientrati, sotto una tipica pioggerellina londinese, alle 23.25. Mio figlio è crollato, ma era strafelice».    

Strafelice e appagato

Strafelice e appagato. «Ne valeva la pena, sì». Ancora Fabio: «Una giornata del genere gli rimarrà dentro a vita. Non la scorderà mai. Siamo di Lugano, sebbene viviamo a Londra. Non potevamo mancare, davvero».

Il nostro tifosissimo, detto della finale, di trasferte «un po’ matte» ne ha fatte a decine in passato. «Ne ricordo qualcuna in Europa League, come la Repubblica Ceca o la Svezia. Diciamo che, pur vivendo lontano da Cornaredo, sento fortissimo il richiamo dei colori e della squadra. Non è sempre facile seguirla dal vivo, scendere in Ticino ogni due weekend sarebbe impensabile. Ho un lavoro, dei figli. Ma se c’è spazio per una follia, beh, io ci provo e mi infilo».

Fabio, del pomeriggio bernese, ha apprezzato in particolare la forte presenza di famiglie. «Anche in curva» dice. «È stata una piacevole sorpresa».

Ha apprezzato, di nuovo, il fatto di poter abbracciare tanto la squadra quanto il popolo bianconero. «Ci voleva, dopo due anni di pandemia. Una partita senza restrizioni né altro. Ricordo ancora quando mi inginocchiai davanti a Michele Campana (COO del club, ndr) perché il mio COVID pass britannico non veniva letto dalle macchinette allo stadio. Gli dicevo: fatemi entrare, vi prego. In Inghilterra la pandemia ha colpito forte, è stata dura. Abbiamo avuto tre lockdown, i primi due molto più pesanti rispetto a quanto vissuto in Ticino. E il calcio ci è mancato».

Il gol di rapina

Fabio, rientrando, via Twitter ha pure tentato una giocata alla Celar: il gol di rapina, esattamente. «Ho chiesto alla Swiss, la compagnia con cui ho volato, se fosse possibile un upgrade». Ovvero, se fosse possibile abbandonare l’economy per viaggiare in business. «Non ci è andata bene, io e mio figlio siamo rimasti ai posti assegnati. Però ci hanno riconosciuto e salutato, chiedendoci della partita. Il personale di cabina era felice di averci a bordo».

Tornato a Londra e, soprattutto, alla routine di sempre, Fabio stamane mostrava tutti i segni della stanchezza. «Ma quanto ero e sono felice, non potete capirlo». Altra domanda: come si può affermare il proprio amore per il Lugano in una metropoli dispersiva come la capitale britannica? «Mio figlio ha indossato la sciarpa a scuola. Non poteva indossare anche la maglietta perché qui, nei vari istituti, bisogna portare l’uniforme. Però, prima di uscire, ha detto che avrebbe detto a tutti della finale, della vittoria bianconera e via discorrendo. C’è chi, nel quartiere, ovviamente sapeva della nostra trasferta. Qualcuno mi ha dato del pazzo. Quanto agli altri ticinesi che vivono qui non saprei. La comunità, a ben vedere, è limitata. Rientrando su Londra, da Zurigo, ho visto solo tifosi sangallesi. Non era il caso di disturbarli».

Resta soltanto da capire una cosa: il Lugano, vincendo la Coppa Svizzera, ha staccato il biglietto per i preliminari della Conference League. Si giocherà ai primi di agosto. «Casualmente – sorride Fabio – sarò in Ticino. Vediamo che avversario ci riserverà l’urna. Temo Paesi impossibili, come peraltro è già capitato. Ma voglio esserci». Chiamatela mentalità.

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