Sconfitta di misura

Difendersi non basta, il Brasile non perdona

Casemiro punisce una Svizzera tanto solida dietro, quanto rinunciataria in fase offensiva — Sarà decisivo lo scontro con la Serbia — Xhaka: «Perdere così fa male il doppio»
©Rungroj Yongrit
Massimo Solari
28.11.2022 21:26

La luce, al 974, si è spenta due volte. La prima, a ridosso della pausa, quando i fari dell’impianto hanno conosciuto un parziale blackout. La seconda, mannaggia, a dieci dalla fine, quando una triangolazione da paura dei brasiliani ha fatto calare il buio sulla Svizzera. Rodrygo - lì sui 16 metri - ha vestito i panni di Neymar, mentre Casemiro non ha perdonato con un destro tremendo. Il primo impianto nella storia del Mondiali che verrà smantellato al termine dell’evento ha così tremato. In anticipo sul destino. La Nazionale rossocrociata, lei, è invece crollata definitivamente. Insieme a una prestazione degna, certo, e pure all’altezza della situazione, ma per certi versi causa principale del malessere collettivo al fischio finale.

«Non sfidavamo principianti»

Già, perché quando rinunci ad attaccare le possibilità sono due: o il sistema difensivo si rivela perfetto, «o perdere fa male il doppio». Le parole di Granit Xhaka riassumono bene il secondo capitolo della nostra storia a Qatar 2022. «Un punto, a mio avviso, non sarebbe stato rubato» aggiunge il capitano, riconoscendo pregi e difetti della prestazione elvetica: «Contro una formazione molto forte, abbiamo disputato una buona partita. In retrovia si è vista una Svizzera compatta. Il Brasile, stringi stringi, non ha creato chance clamorose. In attacco, per contro, abbiamo creato troppo poco. Però ripeto: non affrontavamo la prima squadra trovata per strada. Peccato, siamo delusi». Tutto, come previsto alla vigilia del torneo, si deciderà contro la Serbia. Sempre al 974, venerdì. «In fondo lo sapevamo» ammette Xhaka, per poi allontanare con decisione uno dei possibili scenari: «Credo nelle favole, ma non alla favola del Camerun vincente contro il Brasile. Il destino è in ogni caso nelle nostre mani. Cosa servirà per battere la Serbia? La compattezza mostrata con i verdeoro e la concretezza per sfruttare le maggiori occasioni che - sono sicuro - riusciremo a creare». Con lo scontro del 2018 nello specchietto retrovisore, tuttavia, anche testa e maturità saranno fondamentali. «Ci attende una gara completamente diversa dalle prime due» annuisce Xhaka: «Se penso a Mitrovic, per esempio, è immaginabile che molti più cross verranno scagliati verso la nostra area». E le provocazioni? Qualche giornalista serbo cerca subito di dare all’incontro una dimensione extra-sportiva. «Non c’è alcuna componente storica e identitaria sullo sfondo» taglia corto il leader dei rossocrociati: «Siamo professionisti. Sono un professionista. Giocheremo a calcio. E che vinca il migliore».

La promessa del ct

Alla Svizzera, suggerivamo, servirà soprattutto un atteggiamento più coraggioso. Più spregiudicato, anche. Oggi per dire, troppe volte si è preferito tornare sui propri passi. Anteponendo la prudenza a un pizzico di follia. Il nostro folletto, d’altronde, è rimasto in panchina per 95 minuti. «Shaqiri ha avvertito un fastidio muscolare alla coscia» spiega il ct Murat Yakin: «Non era al 100% e quindi abbiamo preferito preservarlo per la sfida con la Serbia». Il giovane Rieder, suo sostituto, ha fallito. «Il genio di Shaq ci avrebbe fatto comodo, così come la velocità di Okafor» riconosce l’allenatore. «Sì, ci è mancato coraggio. E un filo di organizzazione in occasione della rete di Casemiro». Al contempo, Yakin ha comunque poco da rimproverare ai suoi: «L’intensità e la solidarietà garantite sul piano difensivo sono state enormi. Non commettere errori contro il Brasile era quasi impossibile». La Svizzera, ora, non dovrà però sbagliare con la Serbia: «Il risultato con il Camerun fa il nostro gioco. Un pareggio, salvo colpi di scena, dovrebbe bastare. Ma non sono il tipo di allenatore che invita i propri giocatori a cercare un punto. No, abbiamo le qualità per qualificarci con un successo». E dietro, aggiungiamo noi, Akanji ed Elvedi saranno della partita. «Kaliningrad? Vi prometto che nulla del genere si ripeterà». Beh, speriamo almeno la vittoria.

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