È il Como, oppure è un metaverso calcistico?

Oh Signur, adesso tutti si sono accorti del Como. E quel quotidiano tutto rosa, dopo una sola giornata, si chiede dove possa arrivare. C’è chi scrive che Nico Paz vale settanta milioni. Solo ora, lo scrivono? Citando un noto film, l’impressione è che ci sia «un'epidemica mancanza di comprensione in questo sport di ciò che succede realmente». Ma dirò di più. Con il Como di mezzo l’errore è dare un valore monetario a questo o quell’altro giocatore. Come se un’offerta da cento o duecento milioni avesse potuto fare la differenza e permettere al Tottenham di prendersi l’argentino.
La fortuna, in questo presente che somiglia così tanto a un metaverso – lo ammettiamo eh, anche con una piccola dose di confusione –, è che Nico Paz potrebbe anche rimanere al Como per sempre, se il Como rimanesse questo per sempre. Proverò a spiegarmi meglio. Nico Paz non sarà mai messo nelle condizioni di avere voglia o necessità di lasciare Como e il Como, non fino a quando continuerà a esserci questa dirigenza e questo allenatore. Cesc Fabregas è la chiave. Non è tutto, ma è una buona parte del tutto. Una sineddoche vivente. Nico Paz sa che a Como e nel Como è capito, utilizzato al meglio e per il meglio, sa di essere parte di un progetto che va molto al di là della singola partita. Lui sembra averlo capito davvero, al punto da fidarsi ciecamente del suo mister e dei ritmi che lui – di concerto con la società, che rappresenta – gli detta.
Lui e gli altri. Perché questo discorso vale per lui e per tutti. Vogliamo parlare della crescita di Da Cunha? In tempi non sospetti avevo sottolineato il suo ruolo. Fateci caso: Fabregas alterna tutti, tra i titolari, ma non lui. Lui c’è sempre. Un equilibratore, un tuttocampista moderno, poco vistoso – anche se lo è sempre di più, eh – perché, più che altro, poco narciso. Da Cunha, che fino a un anno fa faceva l’esterno, si è messo a disposizione del progetto, accettando di trasformarsi in interno, a volte mediano, a volte mezzala, un po’ entrambe le cose. E corre, e fa, e prova, ed è bellissimo, una luce sempre accesa.
Nella prima giornata del nuovo campionato, contro la Lazio, il Como ha offerto una prova troppo bella per essere vera. Il Como non può, oggi, pensare di essere davvero, e già, quella roba lì. Non da qui alla fine dell’anno. Sbaglierà ancora, la squadra con tutti i suoi singoli. Sbaglierà ancora anche Nico Paz, e lo stesso farà Da Cunha (lo scrivo, ma non ci credo), sicuramente potrà sbagliare il giovane e folgorante Rodriguez sull’out di sinistra, ma l’insieme è destinato a crescere ulteriormente. Per rispondere ai colleghi della Gazzetta, non lo so dove arriverà il Como. Ma so dove sta andando. Sta andando in un calcio nuovo, sta andando nel futuro.
Di una cosa poi sono sicuro, questa bellezza è ciò che voglio, è ciò di cui tutti abbiamo bisogno.
E da quest’anno, ecco…
Como me gusta la Serie A, dialetto edition
A caval dunaa se varda minga in buca: Davide Nicola
A lavurà la vita l'è düra, ma la pagnòta l'è sicüra: Sebastiano Luperto
Al m'ha menaa a mesa senza vedè al prevat: Nico Paz
Al ma fà gnè còlt gnè frech: Ivan Juric
Al ma fai vedè al sant e al miracul: l’Inter
Al sa regorda minga dal nas ala boca: il Torino
Cantà e purtà la crus: Scott McTominay
Chi va via pert al post de l'usteria: Simone Inzaghi
Galina vegia la fà bun broeu: Dusan Vlahovic
Se la mia nona la ghera i roeut a l'era un tram: Max Allegri