È un movimento in evoluzione quello alla vigilia dell’Europeo

Chiacchiere, risate, foto e sorrisi. È un clima disteso, leggero, persino gioioso quello che aleggia sopra la nazionale svizzera femminile. Alcune ragazze si conoscono da anni, altre hanno fatto conoscenza da poco e già creato legami forti. Non tutte, tuttavia, sono state convocate per l’imminente Europeo casalingo. La rosa di Pia Sundhage - completata ieri da Riola Xhemaili e Meriame Terchoun - è un mix tra esperienza e forze fresche. Quando ancora non si sapeva nulla su chi avrebbe difeso la maglia rossocrociata in luglio, abbiamo avuto l’occasione di incontrare la squadra elvetica al completo. I temi trattati sono stati svariati. Quello più ricorrente, manco a dirlo, è stato la rassegna al via tra una settimana. Torneo che, per gli organizzatori, cambierà il calcio femminile svizzero. Non tutte le elvetiche, tuttavia, sono dello stesso avviso. «Spero che l’Euro dia una scossa, ma sono scettica - rivela Coumba Sow -. Fino a 14 anni non ho potuto giocare con le ragazze. Sono quindi partita per gli USA rendendomi subito conto della differenza tra i due Paesi. Se provi l’esperienza all’estero non torni più indietro. Per cosa? Per dover trovare un altro lavoro oltre al calcio perché qui non vieni pagata a sufficienza? È assurdo. Non credo invece sia esagerato, come ha ipotizzato la federazione, raddoppiare il numero di donne sui campi nei prossimi anni. Il problema non è la domanda, ma l’offerta».
Migliorarsi altrove
Le fa eco Terchoun. «È irrealistico pensare di modificare la mentalità e la cultura svizzere in poco tempo. Ci sono troppe cose che al momento non vanno. Penso alle infrastrutture, al campionato non professionistico, alla mancanza di club femminili. Le ragazze che giocano ad alti livelli devono poter essere in grado di autofinanziarsi senza aiuti dalle famiglie o secondi lavori». Per la numero 22 elvetica, c’è spazio anche per la frustrazione. «È scoraggiante che la Svizzera ti “obblighi” ad andare all’estero per migliorarti per poi farti tornare al top per giocare in Nazionale. Si dovrebbero garantire le condizioni per sbocciare anche alle nostre latitudini, altrimenti le altre realtà saranno sempre più attraenti. Ma so una cosa del nostro Paese: magari ci mette un po’ ad attivarsi, ma quando lo fa ci si impegna al massimo. Ecco perché, nonostante tutto, nutro la speranza che Euro2025 lasci un segno duraturo».
Alisha Lehmann guarda il bicchiere mezzo pieno. «Sì, il torneo cambierà il modo in cui il pubblico guarderà al nostro sport. Sarà bellissimo vivere la rassegna in casa. Siamo davvero fortunate di poterne fare parte in prima persona. Inoltre tantissime ragazzine ci guarderanno. Dovremo ricordarcelo e dare il meglio di noi per incentivarle a credere nei loro sogni arrivando dove siamo noi ora».
Se il minutaggio non conta
L’attaccante della Juventus è stata convocata nonostante il minutaggio infimo accumulato quest’anno sul campo. «Ma mi sono allenata tanto quante le altre, se non di più. Tutti pensano che se non giochi le partite non sei in forma. Ma è sbagliatissimo. A volte decidere di non partecipare a un match è una scelta mia. Io mi sento benissimo. Ogni anno che passa imparo qualcosa di nuovo e continuo a migliorare. Anche alla Juve sto alla grande. Abbiamo ottime giocatrici, il clima di Torino è perfetto, il cibo è strepitoso e la vita va a un’altra velocità. Non potrei chiedere di meglio. Forse solo di imparare qualche parola in più di italiano oltre le parolacce (ride, ndr)». Anche per la ragazza da 16 milioni di follower su Instagram, in realtà, qualcosa in Svizzera andrebbe però migliorato. «Servono nuove strutture. I campi non sono buoni e non esiste un luogo idoneo per allenarsi. Nei club le condizioni sono perfette, mentre quando si gioca per la Nazionale le cose sono ben diverse. Una casa del calcio rossocrociata è assolutamente necessaria».
Un’atmosfera magica
C’è un aspetto, invece, che mette tutte d’accordo: il gruppo è fantastico. Ce ne parla Riola Xhemaili. «Sì, siamo una squadra bellissima. Con diverse ragazze ci conosciamo ormai da 6-7 anni. Si respira un’aria davvero speciale. Siamo tanto amiche anche fuori dal campo ed è sempre bello rivedersi». Per le più giovani, a tutto questo si aggiunge anche la fierezza nell’indossare per le prime volte la maglia rossocrociata. È il caso di Noemi Ivelj, 18 anni, la più piccola del gruppo. «Sono estremamente grata di far parte della rosa. È un’occasione enorme. È bello che siamo in tante giovanissime, possiamo davvero portare una ventata di aria fresca». La centrocampista elvetica, appunto, ha 18 anni appena. Eppure anche per lei lanciare la carriera di calciatrice non è stata una passeggiata. «Sicuramente è stato meno complicato che per le veterane del gruppo. Ma nonostante la mia età, anche per me l’accesso al calcio femminile non è stato semplice. Ho cominciato giocando coi ragazzi, sentendomi dire delle frasi poco carine. Penso sia capitato a tutte. Ecco perché spero che le prossime generazioni potranno godere della rivoluzione definitiva».
Passiamo dalla più giovane a una senatrice del gruppo. Cosa pensa Luana Bühler del mix rossocrociato? «È fantastico. Mischiare le età funziona. E questo è grazie a quello che abbiamo costruito negli anni. Ci completiamo a vicenda. Se dovessi descriverci in una parola? Musicali. Il fatto che Pia canti per noi è una caratteristica piuttosto unica (sorride, ndr)».
Il ruolo di Pia
Per l’appunto, Pia. Un po’ più di dubbi, invece, ruotano da qualche giorno intorno alla sua figura. Alcune giocatrici avrebbero infatti denunciato le durissime condizioni di preparazione fisica a cui l’allenatrice svedese avrebbe sottoposto l’organico in vista dell’Europeo (vedi testo a lato). «Personalmente mi trovo bene con lei - chiarisce un’altra giovanissima, Iman Beney -. Parla tanto con noi sia individualmente sia in gruppo e ha tanta esperienza. Poi è vero che ha qualche abitudine particolare, perché la sua cultura è diversa dalla nostra». Completa il discorso Sandrine Mauron: «Non penso che chi è rimasta esclusa ci sia rimasta troppo male. Le scelte dello staff vanno rispettate perché prese nel bene della squadra. Siamo un bel gruppo, quindi è triste vedere un’amica restare a casa, ma l’obiettivo rimane la performance del collettivo».
Se le rossocrociate avessero un milione, su chi lo punterebbero? Chi vince l’Euro2025? «Non scommetterei su nessun altro al di là della Svizzera - la risposta risoluta di Elvira Herzog -. Altrimenti vorrebbe dire che non credo in noi». «Punto sulla Germania. È fortissima», il parere di Riola. «Se avessi un milione lo terrei per me», conclude con una risata Luana.