«Eriksen? Un trauma da elaborare»

Christian Eriksen è a terra. I compagni di squadra – così come gli avversari della Finlandia – si portano le mani nei capelli. C’è chi non riesce a trattenere le lacrime. La fidanzata del giocatore danese scende sul terreno di gioco, piangendo. Lo stadio ammutolisce, scandisce il nome del giocatore e esplode in un boato liberatorio quando lo speaker annuncia che il fantasista dell’Inter si è ripreso.
Emozioni fortissime, un’ansia difficile da gestire. Per Eriksen in primis, certo: la sua vita, in un attimo, è cambiata. Troppo presto per affermare se potrà tornare a fare il calciatore: però è vivo ed è l’unica cosa che conta oggi. Momenti difficili da vivere anche per chi si trovava allo stadio: compagni di squadra, avversari, pubblico.
Di colpo l’Euro sparisce, alla partita non pensa più nessuno. «A volte – spiega Giona Morinini, psicologo dello sport – ci si dimentica che questi giocatori, considerati un po’ da tutti come dei supereroi, sono prima di tutto delle persone. Confrontate, come tutti noi, a dubbi e problemi nella loro vita. Quando si vedono immagini come quelle di Eriksen, ci si preoccupa per la persona, non per il calciatore. Lo si è visto nell’incredulità e nello spavento che hanno colpito i compagni di squadra, ma anche gli avversari della Finlandia e i tifosi sugli spalti».
Il rispetto del dolore
A proposito dei compagni di squadra di Eriksen, c’è chi – come Simon Kjaer – ha reagito immediatamente, mantenendo un invidiabile sangue freddo e chi invece si è subito lasciato prendere dal panico e dallo sconforto.
«Ogni essere umano – prosegue Morinini – reagisce naturalmente a modo suo, ma nel contesto della drammaticità dell’evento è stato bello vedere come i giocatori della Danimarca abbiano cercato di farsi forza l’uno con l’altro, pensando pure a proteggere Eriksen da sguardi troppo indiscreti. Il cerchio formato attorno al giocatore ha un importante valore simbolico, anche e soprattutto in termini di rispetto. La componente umana ha preso il sopravvento e la Danimarca ha evidenziato una grande unità di gruppo. C’è stato un grande rispetto del dolore».
Spazio alle emozioni
Ora che per fortuna è fuori pericolo, la sfida principale di Eriksen sarà quella di superare lo shock subito. Si porrà sicuramente mille e più domande, il danese, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi: «Quello patito da Christian Eriksen è un evento traumatico che può senza dubbio lasciare il segno. Ci sono persone che superano situazioni di questo tipo piuttosto rapidamente, mentre ad altre serve un po’ più di tempo. Ciò che più conta, in situazioni come queste, è lasciare spazio alle emozioni. Per Eriksen sarà importante parlare di ciò che è accaduto, raccontare e descrivere i fatti, i suoi pensieri, le emozioni che ha provato da quando ha ripreso conoscenza. Sono tappe fondamentali per elaborare un trauma e per andare avanti. In questo percorso saranno importantissime le persone più vicine al giocatore».
Opportunità per riflettere
Persone vicine che hanno però altresì vissuto momenti di grande paura. Basti pensare alla fidanzata Sabrina, presente allo stadio e scesa in campo in lacrime quando ancora Eriksen stava ricevendo i primi soccorsi dallo staff medico. «Ogni trauma – e il modo di affrontarlo – è qualcosa di molto soggettivo. C’è quello personalissimo di Eriksen, quello delle persone a lui più vicine e quello di chi era allo stadio come semplice spettatore. Ma anche chi ha guardato la partita da casa può rimanere colpito in maniera forte da immagini che raccontano eventi così drammatici. Anche per chi si trovava davanti al televisore, è un’ opportunità di riflessione nel percorso della propria vita».
Una vita spesso appesa a un filo. Un filo che questa volta non si è spezzato. Lo shock rimane, ma Christian Eriksen ce l’ha fatta.