Mamma ho perso l’euro

Frizzi e lazzi in poltrona

L’exploit della Svizzera vissuto davanti alla TV
Sommer para il rigore di Mbappé, la Svizzera vola ai quarti. ©AP/NADIR GHIRDA
Flavio Viglezio
29.06.2021 15:51

La maglietta della nazionale rossocrociata, comprata in occasione dei Mondiali del 1994 negli Stati Uniti, rimane nell’armadio. Deve essersi ristretta durante un lavaggio, l’idea di aver messo su qualche chilo negli ultimi 27 anni nemmeno ci sfiora. Si tifa senza oggetti scaramantici: il cuore è a Bucarest, nella mente infuria una battaglia tra speranza e rassegnazione che durerà fino a notte fonda. Fa davvero paura, la Francia di Mbappé, di Benzema e di Griezmann. Una fetta di pizza, un sorso di birra ed è già ora del calcio di inizio. Sembra in forma, la Svizzera, e sono in forma anche l’Armando e il Toni. Seferovic ci porta in vantaggio rapidamente: per l’Armando è già «un’orgia di frizzi e di lazzi» – che caspita significhi per davvero solo lui lo sa – mentre il Toni grida un «gooool» da fare invidia ai migliori telecronisti sudamericani.

Siamo in vantaggio contro i campioni del mondo in carica, che in realtà sembrano capirci poco. Però è ancora lunga, anzi lunghissima. «C’è ancora tanto calcio da giocare», direbbe il Marco dell’hockey. Lo ammettiamo: vedere i volti preoccupati dei galletti è già un mezzo successo. E una mezza goduria: al di là delle dichiarazione di facciata, quelle che sanno di muffa improntate all’«abbiamo un grande rispetto della Svizzera», pensavano di liquidare la pendenza in fretta. Invece i nostri stanno facendo una partita maiuscola. Xhaka e i suoi capelli biondi ossigenati sono padroni del centrocampo, Seferovic è tarantolato, Freuler corre come un maratoneta etiope, Elvedi e Akanji sono due gladiatori da far impallidire Russell Crowe, Zuber sulla fascia sembra Garrincha . Tra un «tiro delle carabattole» dell’Armando e un «Sai, Mbappé lo conosciamo tutti» del Toni, si va in pausa. Calmi, bisogna restare calmi. Ma quando l’arbitro fischia il rigore a nostro favore, il balzo sulla poltrona eguaglia – quasi, dai... – il 2.45 nel salto in alto del leggendario Javier Sotomayor.

Ecco, è la solita Svizzera. Lloris ha ipnotizzato il Rodriguez e due minuti più tardi ci ritroviamo sotto di un gol. Sì, siamo la solita Svizzera incapace di cogliere l’attimo: al momento di cantare, non c’è più voce. L’espressione che ci passa per la testa è invero più colorita, ma manteniamo una parvenza di decenza. Gli elvetici si ammosciano e si ammosciano anche l’Armando e il Toni: quando poi Pogba infila con un gran tiro anche la terza rete, la tentazione di cambiare canale e di consolarsi con una coppa di gelato – freudiano tentativo di sostituzione della Coppa destinata ai campioni d’Europa – è forte. Però si resiste: il masochismo fa parte del DNA sportivo degli appassionati elvetici. Il sito della «Gazzetta» ci ha già condannati con un «Pogba la chiude qui» che sembrerebbe non ammettere discussioni. Ed invece rinasciamo più brillantemente dell’araba fenice. Un’altra capocciata dell’Haris e un piccolo-grande capolavoro del nostro Mario proprio allo scadere fanno esplodere di gioia tutto un Paese. Che, di colpo, si dimentica del parrucchiere di Granit, dell’inno non cantato e dei tatuaggi. Adesso siamo tutti svizzeri. Adesso. All’orizzonte però si profilano i rigori: no, fuori così un’altra volta no. Non le vinciamo mai, ai rigori, poco importa che si tratti di calcio o di Mondiali di hockey. Ed invece ecco il miracolo di Bucarest: l’Armando e il Toni urlano nel microfono come indemoniati, che «quei galletti dei francesi già pensavano di aver vinto». Il sito de «Le Figaro» si sbaglia e decreta il successo della Francia, mentre l’Armando sembra invecchiato di 20 anni. Da bordo campo il Casolini lo vede parlare da solo sulle scalinate dell’Arena Nazionale. Sui canali francesi, invece, ci sono solo sconforto e incredulità. Ovviamente ai meriti della nazionale svizzera nemmeno si accenna. Come se non esistessimo neppure. Si va a letto con il sorriso e con la voce dell’Armando nelle orecchie, cullati dal frastuono dei clacson in festa. Tra frizzi e lazzi.

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