Calcio

Il Basilea e un’agonia senza limiti: «Ci sono problemi a tutti i livelli»

Partito con l’ambizione di contendere il titolo allo Young Boys, il club renano si trova confrontato con una crisi profonda - Toni Esposito: «I molteplici motivi che si celano dietro a queste difficoltà partono dalla dirigenza e arrivano fino al settore giovanile»
La delusione di Bradley Fink dopo il recente k.o. contro il Grasshopper è l’emblema dello scoramento di un gruppo che fin qui non ha reso secondo le attese. © Keystone/Michael Buholzer
Nicola Martinetti
07.02.2023 06:00

Per farsi un’idea della stagione fin qui vissuta dal Basilea, basterebbe andare a ripescare un singolo minuto di gioco. Nello specifico, il novantaquattresimo dell’ultima sfida contro il Grasshopper, momento in cui - con un’uscita tanto scellerata quanto inspiegabile - il portiere renano Marwin Hitz ha consegnato a Kawabe il gol partita, così come i tre punti alle Cavallette. La perfetta fotografia di un’annata nettamente al di sotto delle aspettative. L’ennesima, per una squadra che aveva approcciato il campionato sognando in grande, e che invece - oggi - si ritrova a tre punti dall’ultimo posto in classifica. «Una situazione tanto triste quanto preoccupante - rileva Toni Esposito, ex centrocampista del club rossoblù e della Nazionale svizzera -. Ma in fondo, nemmeno poi così sorprendente. Sono infatti diverse stagioni che i renani provano a uscire da questa impasse, incamerando però risultati deludenti. Ora il club sta vivendo una fase particolarmente delicata, in cui le vittorie scarseggiano e la confusione regna sovrana. È una sorta di luna park, in cui non si capisce bene chi conduce e come lo fa».

«Manca sempre la serenità»

Per Esposito i motivi che si celano dietro a queste difficoltà sono molteplici, e intrinsechi a diverse sezioni dell’organizzazione. «La società accusa dei problemi a tutti i livelli - prosegue il classe 1972 -. Dalla dirigenza al settore giovanile, una volta filo conduttore del movimento renano e oggi un po’ perso di vista. Un aspetto, quest’ultimo, a mio avviso fin troppo trascurato nelle analisi sulla crisi rossoblù». Già. Eppure un paio d’anni fa, con l’addio alla turbolenta gestione di Bernhard Burgener e il conseguente insediamento di David Degen alla presidenza del club, vi era la sensazione che il Basilea potesse finalmente voltare pagina, ritrovando quella serenità persa nel 2017, dopo la partenza di Bernhard Heusler. La tranquillità, invece, non è mai più tornata a fare capolino dalle parti del St. Jakob-Park. «Va detto che le premesse per fare bene c’erano tutte - ammette il ticinese, in forza ai renani dal 2002 al 2004 -. Perché David Degen è una persona del posto, strettamente legata alla società e quindi apprezzata dai tifosi, che da subito gli hanno accordato grande fiducia. A livello di mercato poi, specialmente quest’anno, la dirigenza si è in fondo mossa piuttosto bene, assemblando una squadra interessante e di qualità per la Super League. In grado, sulla carta, di impensierire lo Young Boys in ottica titolo».

Tutto vero, tutto giusto. Peccato che proprio questi due aspetti, stando al nostro interlocutore, si siano presto trasformati in un clamoroso boomerang. «Le grandi aspettative derivanti dalla campagna acquisti hanno cozzato con i risultati negativi ottenuti dalla squadra, generando un forte malcontento in una piazza esigente, che negli ultimi vent’anni - tra Svizzera ed Europa - era stata abituata a ben altro. Lo stesso Degen, dal canto suo, ha poi purtroppo commesso degli errori nella sua gestione. Negli ultimi mesi lo abbiamo visto agire un po’ da “padre padrone”, come viene spesso definito in Svizzera tedesca. Finendo con l’aggiungere ulteriore instabilità a un ambiente che invece necessitava del contrario. L’insieme di tutti questi elementi negativi - compresa la scarsa presenza di giovani del vivaio - sta nuovamente influendo sull’affetto della piazza. Basta dare un’occhiata alla media spettatori per capire l’entità dello scollamento. Per ora ancora ridotto rispetto a quando al potere vi era Burgener, ma comunque inequivocabile. Ho l’impressione che il credito dell’attuale dirigenza si stia pian piano esaurendo. E che al club manchi fortemente una figura di riferimento, in grado di prendere in mano la situazione. Degen, per i motivi sopra citati, non riesce ad esserlo».

«Alex Frei non è l’uomo giusto»

Chi avrebbe potuto e dovuto ricoprire tale ruolo, almeno nel disegno della società, era - e resta tuttora - il tecnico Alex Frei. Riportato a casa dopo la promozione ottenuta col Winterthur, per far quadrare l’intero progetto: «Una mossa che però, francamente, fin dall’inizio non mi ha entusiasmato - rileva il 50.enne ticinese -. Perché da allenatore non mi ha mai impressionato. Eccezion fatta, ovviamente, per la citata promozione con gli zurighesi. Giunta però in un contesto particolare. Io ho conosciuto l’Alex giocatore, un elemento dal carattere egoistico, che in campo era la sua forza. Quando si diventa allenatori però, bisogna essere in grado di cambiare. Perché gestire venticinque teste all’interno di uno spogliatoio non è semplice e se toppi insorgono problemi, come sembra essere il caso. Ho l’impressione che lui fatichi parecchio in questo compito, specialmente quando i risultati non arrivano. Ciò mi porta a dire che non è l’uomo giusto per il Basilea, nonostante per ora continui a incassare la fiducia della dirigenza. Qualcun altro, al suo posto, forse oggi non sarebbe già più lì. Ma non escludo che in caso di ulteriori sconfitte nelle prossime uscite lo status quo possa cambiare, al netto di un contratto - pesante - valido fino al 2024. Frei non è intoccabile».

«Le idee non sono chiare»

In attesa di scoprire cosa riseverà il futuro, resta il fatto che per chi ha vissuto da protagonista un’epoca d’oro del club basilese, in patria come in Europa, non è semplice vederlo così in difficoltà. «Fa molto male - chiosa Esposito -. Noi, a inizio millennio, fummo i precursori di una fase storica, che vide i renani cambiare gli equilibri del campionato, prendendo il posto del Grasshopper quale club di riferimento della Super League. Negli ultimi anni lo Young Boys ha strappato questo ruolo al Basilea, e - ripeto - da ex fa male, perché so quanta passione, anche viscerale, nutre la piazza nei confronti della squadra rossoblù. Al tempo stesso sono preoccupato, come accennavo all’inizio, perché mi sembra che non vi siano delle idee chiare in merito a come raddrizzare la barca. I continui cambi di giocatori, staff tecnici e persino dirigenti non giovano a nessuno. Non c’è terra ferma e purtroppo il Basilea ha finito col perdersi. L’unico aspetto positivo rimane la classifica, talmente corta (vedi a lato, ndr) da permettere ancora una rimonta per il secondo posto in caso di inversione di rotta. Ma bisogna cambiare marcia al più presto».

Mai così vicini negli ultimi vent’anni: «Non è un buon segno»

Nove punti. Questo è lo scarto, esiguo, che dopo 19 giornate di campionato divide il San Gallo secondo in classifica da Zurigo e Winterthur, appaiate all’ultimo posto. Mai negli ultimi vent’anni, da quando la competizione ha formalmente cambiato il nome in Super League, era stato registrato un gap così sottile a questo punto della stagione. Il precedente «record» era infatti stato fissato a 15 punti, nelle annate 2004/05 e 2020/21. Un segnale positivo per la competitività del torneo? Toni Esposito, da noi sollecitato sulla questione, la vede differentemente. «Non credo che sia un buon segno, perché di fatto conferma una tendenza negativa evidente da un paio d’anni. La Super League sta conoscendo un livellamento verso il basso in termini di valori assoluti. Prova ne è che quando una squadra come lo Young Boys - nettamente più forte delle altre - non tradisce le aspettative, si ritrova a dominare pressoché incontrastata».

La costellazione attuale, dunque, non giova al campionato nel suo insieme. Ma in ottica FC Lugano, al tempo stesso, apre scenari intriganti. «Non è un caso se i bianconeri si trovano ai vertici della competizione - rileva Esposito -. Chi lavora bene in questo contesto, infatti, può mettere in difficoltà squadre che sulla carta appaiono più attrezzate. Approfittando dei passi falsi di alcune “big”, o presunte tali». Già. I bianconeri però, a loro volta, nelle ultime uscite non hanno pienamente convinto. Generando qualche dubbio in merito alle reali possibilità di chiudere la stagione al secondo posto. «È un momento un po’ così, dove forse è emersa qualche lacuna legata al mercato operato dalla società. Comunque non sono preoccupato. Anzi, sono sicuro che la squadra saprà presto risollevarsi. In primis perché spesso in stagione, pure nelle difficoltà, ha dimostrato di saper reagire incamerando punti anche nelle giornate no. E poi perché ho piena fiducia nell’operato di Croci-Torti, che sta lavorando davvero bene. Personalmente sono curioso di vedere cosa accadrà domenica contro il Lucerna, a mio avviso la rivale più accreditata dei bianconeri nella corsa al secondo posto».