Calcio

Il City, le accuse e ciò che non torna: «In gioco ci sono politica e ipocrisia»

Sponsorizzazioni gonfiate e stipendi parzialmente occultati: i sospetti in merito ai reati oggi imputati al club inglese erano sorti già dal 2009 - Marco Iaria: «All’epoca però la Premier League non ha osato chinarsi sulla questione»
La squadra guidata da Pep Guardiola rischia delle sanzioni che vanno dai punti di penalizzazione nel corrente campionato all’esclusione definitiva dallo stesso. © AP/JON SUPER
Nicola Martinetti
07.02.2023 20:30

Un fulmine a ciel sereno. Dopo quattro anni di lavoro nell’ombra, in rigoroso silenzio. La Premier League, a inizio settimana, ha clamorosamente puntato il dito contro il Manchester City. Come già aveva fatto l’UEFA nel 2018, aprendo un’indagine nei confronti del club inglese dopo le scottanti rivelazioni portate a galla da «Football Leaks». Oggi come allora, le accuse mosse al club dello sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan ruotano attorno ai medesimi reati: violazione delle norme finanziarie del massimo campionato inglese e del fair-play imposto dall’organo calcistico europeo. «Un fatto che non sorprende, poiché anche questa nuova inchiesta si fonda a sua volta su quanto emerso da “Football Leaks”» ci spiega Marco Iaria, giornalista della Gazzetta dello Sport e curatore della rubrica «Sport&Business».

Ostacoli e riflettori

A cogliere maggiormente alla sprovvista, in questo caso, sono piuttosto le tempistiche del «j’accuse» della Premier League. Giunto per l’appunto a cinque anni dalle rivelazioni che hanno scosso il mondo del calcio, e a tre dalla definitiva sentenza dell’UEFA. «Una prima spiegazione, al proposito, è di carattere puramente pratico - prosegue Iaria -. E l’ha segnalata la Premier League stessa nel suo comunicato, in quanto infrazione del regolamento ufficiale. Nello specifico, il City avrebbe in qualche modo ostacolato e ritardato le indagini non collaborando appieno con le autorità preposte, evitando di fare chiarezza su parte delle cifre richieste. Questo è uno dei motivi per cui l’esito dell’indagine è stato ufficializzato pochi giorni fa. Ma non è l’unico». Già. Come spesso accade, azioni simili hanno radici che esulano dal contesto sportivo. E in questo caso, secondo il nostro interlocutore, a giocare un ruolo importante è stata anche la politica. «Vi è da fare una doverosa premessa: la Premier League, oggi, è un’entità che gode di una grandissima autonomia, acquisita nel corso di decenni. Un privilegio che, evidentemente, è intenzionato a mantenere. Recentemente però, i riflettori della politica d’oltremanica si sono accesi proprio sul massimo campionato inglese. Con l’ipotesi, ventilata, di istituire un organismo terzo a tutela e regolamentazione di tutto il sistema, mettendo dunque in discussione la costellazione attuale. Come potete immaginare, l’azione portata avanti contro il City potrebbe dunque avere un’importante valenza pure in quest’ottica. Per sottolineare, al cospetto della politica, di essere perfettamente in grado di gestire in autonomia determinate dinamiche».

Tempistiche paradossali

Tutto vero, tutto giusto. Peccato che, al tempo stesso, l’azione intrapresa dal massimo campionato inglese appaia tuttavia ammantata di ipocrisia. Grazie ai campioni in carica e al loro agire imperturbato per oltre un decennio, la Premier League ha infatti innegabilmente aumentato visibilità, introiti e popolarità del suo prodotto. «Sono d’accordo - rileva Iaria -. E infatti si torna nuovamente alle tempistiche. I sospetti legati ai due maggiori capi d’accusa attuali, le sponsorizzazioni gonfiate e l’occultamento di una parte degli stipendi, erano del resto sorti già dal 2009. La Premier League però, all’epoca, non ha osato chinarsi sulla questione. Non dico con complicità, ma certamente sottacendo indubbi timori. Il paradosso è che le cifre che una volta apparivano come evidentemente sballate, oggi in realtà sono diventate verosimili. È infatti passato così tanto tempo che il club ha raggiunto un valore e uno status tali da renderle congrue».

Chiarezza entro fine stagione

Detto di come si è giunti alla situazione attuale, ora resta da determinare le conseguenze per i Citizens. In passato l’UEFA, nella già citata sentenza del 2020, inflisse al club 2 anni di squalifica dai tornei europei e 30 milioni di euro di multa. Un verdetto però poi attenuato dal Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (TAS), che depennò la squalifica e ridusse la multa a «soli» 10 milioni. Il caso attuale avrà un esito simile? «Sbilanciarsi è difficile. Ma ci sono alcuni elementi che divergono da quanto accaduto tre anni fa. In primis il City non avrà la possibilità di ricorrere al TAS, perché i regolamenti della Premier League non lo consentono. In seconda istanza, gli stessi regolamenti garantiscono che i reati commessi non possano cadere in prescrizione. Insomma, i presupposti per una pena più severa, per non dire esemplare, parrebbero esserci. Ed essa, stando a quanto suggerito - non vengono per ora citati i titoli vinti negli anni toccati dall’inchiesta -, potrebbe oscillare da una penalizzazione in termini di punti nel corrente campionato, all’esclusione dallo stesso. Uno scenario, quest’ultimo, che francamente - considerando che il City è attualmente il club col maggior fatturato al mondo - ritengo utopico. Anche se, e questa è un’opinione personale, finora le autorità si sono dimostrate benevole nei confronti dei club-Stato come PSG e City, appunto. A mio avviso per lanciare un vero segnale, forte e tangibile, andrebbe applicato maggiore rigore. Una risposta potremmo comunque averla a breve: da quanto sta emergendo, la volontà delle autorità preposte - e anche di tanti club di Premier League - e di ottenere una sentenza definitiva entro il termine della corrente stagione».

Ora anche altri club rischiano grosso? «Non è automatico»

Il «caso City», come è già stato rinominato oltremanica, ha evidentemente acceso innumerevoli dibattiti. Facendo scorrere fiumi di inchiostro. In mezzo a scherno, meme e riflessioni varie, è emersa invero anche una certa preoccupazione. Non solo da parte dei tifosi dei Citizens, allarmati dalle possibili sanzioni in cui potrebbe incappare il loro club, bensì anche dai supporter di altre società. In primis i fan del Chelsea, squadra che ha dominato il mercato nelle ultime due finestre, operando delle campagne acquisti faraoniche. Ora i tifosi dei Blues temono che la Premier League possa bussare anche alla porta del loro club, presentando un conto oltremodo salato. «Non credo però che ciò sarà il caso - rileva Marco Iaria, da noi sollecitato sull’argomento -. O meglio, se il Chelsea dovesse venire accusato, non ritengo che potrebbe accadere in base alle medesime imputazioni che oggi si muovono al Manchester City. Non con la costellazione attuale. Questo perché le due società operano in maniera completamente differente. I Blues, ad esempio, negli ultimi due mercati hanno puntato molto sui contratti a lunga durata - 7 o 8 anni -, diluendo e ammortizzando così gli investimenti su più anni per rientrare nei parametri imposti dalle regolamentazioni finanziarie. Solo perché hanno speso vagonate di milioni per rinforzare la squadra, non è dunque automatico che anche loro abbiano commesso gli stessi reati. A contare, di fatto, sono gli “escamotage” scelti per aggirare le regole».

Il tema centrale, dunque, resta il modus operandi. E in questo senso, seguendo la logica, nel mirino delle autorità potrebbero allora finire gli altri club-Stato attivi ai massimi livelli. Nello specifico, il Newcastle in Premier League e il Paris Saint-Germain in Ligue 1. «Francamente non saprei dirti se anche loro, prima o poi, verranno indagati e accusati dei medesimi reati imputati al City. Del resto la recente inchiesta (vedi a lato, ndr) è stata resa nota dopo anni di lavoro nell’ombra. Nessuno può dire se lo stesso stia già accadendo, sottotraccia, anche per le altre società citate» chiosa Iaria.

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