Calcio

Il Lugano, il Winterthur e la Coppa: «Il trionfo del 1968 è indelebile»

54 anni fa bianconeri e zurighesi, stasera nuovamente avversari, si contesero il trofeo al Wankdorf - Il ricordo di Simonetto Simonetti, che quella finale la decise: «Quel giorno il nostro gruppo chiuse un cerchio»
Capitan Adriano Coduri e compagni esibiscono il trofeo appena conquistato dai ticinesi, raccogliendo gli applausi dei quasi 35.000 presenti a Berna. © KEYSTONE/PHOTOPRESS-ARCHIV/Str
Nicola Martinetti
09.11.2022 06:00

Il Winterthur sul cammino verso la gloria. Già, come nell’autunno del 2015. Di nuovo negli ottavi di finale. Ma per quanto dolce sia quel ricordo, legato al Lugano del «Maestro» Zeman e a una cavalcata tramontata solo nell’ultimo atto, ve n’è uno anche migliore. Più impolverato, certo. Ma altresì composto da pura gioia. Quella dispensata dalla formazione bianconera del 1968, che in un Wankdorf pieno in ogni ordine di posto - ricorda qualcosa? - regalò al club la sua seconda Coppa Svizzera. L’avversario di giornata, in quel lunedì di Pasqua di 54 anni fa? Proprio il Winterthur, capolista nell’allora Lega Nazionale B e assetato di trofei. «Eravamo i chiari favoriti - ci racconta Simonetto Simonetti, all’epoca bomber dei sottocenerini, che quel giorno segnò il gol decisivo -. Eppure per lunghi tratti furono gli zurighesi a fare la partita. Vincere, quel pomeriggio, fu tutt’altro che scontato».

Il Grande Lugano dei dilettanti

Prima di riavvolgere il nastro di una giornata storica, l’oggi 81.enne ci fornisce una fotografia di quella particolare epoca storica. Quella, per intenderci, del «Grande Lugano». «Parliamo di un periodo d’oro per il club - conferma Simonetti -. La nostra era una squadra di vertice in Lega Nazionale A, che annoverava diversi giocatori ticinesi, pescati nelle leghe regionali dall’allora presidente Francesco “Cechin” Malfanti. Tra cui il sottoscritto, approdato a Cornaredo - alla corte di Louis Maurer - via Bodio. Allo zoccolo duro dei vari Prosperi, Signorelli, Coduri e Brenna erano poi stati aggiunti un paio di elementi provenienti da fuori. Uno in particolare: il fuoriclasse tedesco Otto Luttrop. L’unico, peraltro, che in quella squadra viveva di solo calcio. Tutti gli altri erano invece dilettanti, che rimbalzavano tra sveglie alle 6 di mattina, turni lavorativi di 8 o 9 ore e allenamenti serali. Costantemente sollecitati - dentro e fuori dal campo - da un ambiente caldissimo. Allo stadio infatti, a quei tempi, vi erano spesso più di 10.000 spettatori. Lo sport era un catalizzatore sociale enorme».

Due reti per lanciare la festa

A Berna, il 15 aprile del ‘68, il pubblico si attestava invece attorno alle 35.000 unità. In un Wankdorf vestito a festa per quella che, sulla carta, doveva essere una finale di Coppa a senso unico. «Per lunghi tratti fu così, ma non nella direzione attesa - ammette il classe 1941 -. La verità è che noi preparammo il match con un piccolo ritiro nell’Oberland bernese. Fu un autogol. Ci caricammo solo di eccessivo nervosismo e, specialmente nel primo tempo, pagammo tutta quella tensione. Certo, il gran gol di Luttrop dopo 12’ ci portò subito in vantaggio. Ma gli zurighesi continuarono a spingere imperterriti e alla fine trovarono il pareggio in avvio di secondo tempo». Una rete che, paradossalmente, liberò infine i ticinesi. «Da lì in poi giocammo con più leggerezza, conquistando metri e fiducia. E così al 78’, al termine di una bella azione corale, un mio tiro si infilò all’incrocio, senza lasciare scampo al portiere ticinese Franco Caravatti. Quel giorno nostro avversario in campo, ma pur sempre un amico fuori. Ancor di più negli anni successivi, quando ci ritrovammo nei veterani bianconeri. Purtroppo ci ha lasciato qualche settimana fa, troppo presto».

Quel gol di Simonetti, al quale il Winterthur non seppe più rispondere, di fatto regalò al Lugano la sua seconda Coppa Svizzera. Consegnata quel giorno dal consigliere federale ticinese Nello Celio, nelle mani di capitan Coduri. Un trionfo storico, che a distanza di cinquant’anni continua a far parlare di sé. «È bellissimo - commenta col sorriso l’ex attaccante -. Significa che in fondo, nonostante quella fu un’epoca segnata anche da grandi sacrifici, realizzammo qualcosa di importante. Di indelebile, il cui eco risuona ancora oggi. Che permise al nostro gruppo, partito dalla B e cresciuto negli anni, di chiudere un cerchio».

Il bis è fattibile

A segnare il presente vi è invece un’impresa ben più recente. Quella dello scorso 15 maggio, quando - sempre al Wankdorf - Sabbatini e compagni hanno messo in bacheca la quarta Coppa della storia bianconera. Una cavalcata trionfale che aveva preso corpo negli ottavi di finale, con il grande exploit contro lo Young Boys. Stasera in un contesto simile - a Cornaredo vi sarà nuovamente il tutto esaurito - gli uomini di Croci-Torti proveranno a ripetersi, per continuare ad alimentare i sogni di un secondo trionfo. «Ripetersi non è mai facile. Nel 1969 il nostro gruppo fallì in questa impresa, salutando la competizione allo stadio dei quarti di finale. Ma ho grande fiducia nella squadra odierna e nel suo staff ticinese. Il “Crus” e Ortelli mi piacciono davvero molto. Credo che questo Lugano abbia tutte le carte in regola per bissare il successo ottenuto a maggio. In quell’occasione, peraltro, la mia salute non mi permise di essere presente al Wankdorf, nonostante fossi stato invitato. Ecco, mettiamola così: spero di potermi rifare il prossimo 4 giugno» chiosa Simonetti.

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