Calcio e televisione

Il Mundialito di Giuseppe Albertini

Quarant’anni fa, il 30 dicembre del 1980, Silvio Berlusconi interruppe il monopolio della RAI trasmettendo il torneo sudamericano che radunava il meglio del calcio internazionale: a commentare le partite fu chiamato il telecronista dell’allora TSI
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Marcello Pelizzari
30.12.2020 20:52

Calcio italiano e televisione. Un binomio, oggi, indissolubile. Quarant’anni fa, per contro, ci fu un vero e proprio big bang. Già, perché nel 1980 – di fatto – il monopolio della RAI giunse al termine. Complice il Mundialito o, meglio, la Copa de Oro de Campeones Mundiales. Un torneo per nazionali allestito in Uruguay direttamente dal Governo di Montevideo per celebrare il cinquantesimo anniversario del primo titolo mondiale. Calcio d’inizio il 30 gennaio, esattamente quarant’anni fa. Un’operazione, quella degli uruguaiani, legata a doppio filo al colpo di stato che, nel 1976, aveva consegnato il potere ai militari. I quali, però, con il passare degli anni persero parecchio in termini di popolarità. La Copa de Oro, va da sé, venne messa in piedi con meri scopi propagandistici. Un po’ come fece l’Argentina con i Mondiali del 1978. Anche il regime di Montevideo cercava, attraverso il pallone, di ottenere visibilità. E consensi.

Una spesa di 900 mila dollari

A dare l’imprimatur alla competizione arrivò perfino la FIFA, guidata allora da Havelange. A livello italiano, invece, la rassegna fece il gioco di Silvio Berlusconi, proprietario di Canale 5. Un’emittente privata, già. Berlusconi riuscì ad accaparrarsi i diritti. Un colpaccio, soprattutto perché fino a quel momento il calcio era un’esclusiva assoluta dei canali RAI. Il processo di attribuzione fu, eufemismo, poco trasparente. I costi lievitarono e le trattative con i partner abituali – l’Eurovisione – saltarono. Berlusconi a quel punto si inserì e, con 900 mila dollari, la spuntò. Certo, per la messa in onda in Europa sarebbe servito il satellite tant’è che Canale 5, per forza di cose, avviò una seconda trattativa, parallela, proprio con la RAI per la concessione satellitare. L’accordo fu infine trovato: l’emittente privata avrebbe trasmesso le partite in differita (con diretta unicamente in Lombardia) mentre la RAI avrebbe conservato le partite dell’Italia. Una rivoluzione, che permise a Berlusconi di assicurarsi popolarità e, ovviamente, introiti pubblicitari. Le partite, su Canale 5, raggiunsero picchi di ascolto importanti. Fino a 8 milioni di spettatori. D’altronde, in Uruguay si affrontarono i migliori dell’epoca: l’Argentina, la Germania Ovest, il Brasile, l’Olanda e l’Italia.

Il Mundialito aprì un’epoca: il calcio non fu solo una banale trasmissione di partite ma diventò un evento, uno show all’americana

L’era del calcio-spettacolo

Ma il Mundialito fu, altresì, un vero e proprio evento televisivo. Che aprì l’era del calcio-spettacolo, inteso come uno show all’americana. In studio Mike Bongiorno, con tanto di ospiti pescati dal giornalismo e dallo sport. E ancora esibizioni musicali, interviste prima e dopo la partita, commenti e approfondimenti. Una novità, per l’epoca. A commentare le partite fu chiamato il ticinese Giuseppe Albertini, nato a Roma nel 1911 e cresciuto nella capitale italiana, capace poi di dividere la sua carriera fra il Belpaese e il Ticino dove fu telecronista per l’allora TSI. Un’emittente seguita e conosciuta anche nel Nord Italia, con gruppi di ascolto in occasioni delle finali di FA Cup, la Coppa d’Inghilterra, clamorosi. Albertini, a suo modo, contribuì ad una vera e propria rivoluzione. Da quel Mundialito cambiò infatti il modo di vedere e intendere lo sport in televisione, che da semplice partita da trasmettere diventerà un evento, uno spettacolo. E proprio Berlusconi, al di là del Mundialito, fu motore e spinta del cambiamento: negli anni a seguire, il Cavaliere comprerà diritti per il Superbowl di football americano, il basket americano, la grande boxe, il tennis e ancora il wrestling. Nacque, fra gli altri, il mito di Dan Peterson. Berlusconi tentò addirittura di fare suoi i diritti per le Olimpiadi di Los Angeles 1984. Non ci riuscì.