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Il nostro Cantone con gli occhi di un amico inglese

Rubrica a cura di Gianluca Pusterla
Gianluca Pusterla
Gianluca Pusterla
06.05.2019 06:00

BARCELLONA - In questo capitolo usciamo un po’ dagli schemi. Mercoledì sono andato a Barcellona per assistere alla semifinale di Champions League tra i padroni di casa e il Liverpool, la mia squadra del cuore. Alla fine non è andata come speravo; nonostante un’ottima prova (lo dicono i numeri e le statistiche) i reds sono usciti dal Camp Nou con un passivo pesante e difficilmente recuperabile. L’esperienza, in ogni caso, è stata splendida: una giornata magica, tra incontri memorabili, cori e momenti che non dimenticherò mai. Vi voglio appunto parlare di un incontro. Io e il mio compagno di viaggio (il mitico Danyaal, calciatore del Castello, che meriterebbe un capitolo a parte per quante riesce a combinarne in ventiquattro ore) siamo arrivati a Barça intorno alle 9 di mattina. La città era pressoché deserta. Ci siamo fatti una bella passeggiata tra Plaça de Catalunya, La Rambla e Plaça Reial per svegliarci. Non c’era un’anima. I tifosi del Liverpool dormivano ancora dopo i bagordi della notte precedente. Pochi turisti. Qualcuno abbozzava una foto ma niente di più. Alla fine ci siamo accomodati su una panchina e si è presentato un personaggio memorabile. Ve lo descrivo. Sulla quarantina. Vestito pesante. Parlava inglese. E sembrava un clochard. Noi fumavamo una sigaretta, lui provava a riaccendersi un vecchio drum. Gli abbiamo offerto un sigaretta ed è nata un’interessante discussione che si è protratta per ore. Philip, ci ha spiegato, proveniva da Southampton, ed è un super tifoso del Liverpool. Era giunto in Spagna da qualche giorno e dormiva in spiaggia. Perché? A suo dire un hotel lo aveva, ma quando è arrivato la sua prenotazione non risultava e allora, visto la meteo clemente, ha deciso di arrangiarsi. Nonostante fosse presto gli abbiamo detto se voleva prendersi una birra con noi. All’inizio ha declinato, noi abbiamo insistito. Probabilmente non voleva spendere. Ciò che più ci ha sorpreso è stato che nel tempo in cui siamo stati insieme moltissimi senzatetto sono venuti al nostro tavolo a chiedere l’elemosina. Philip si è dimostrato un signore. Per fare del bene non bisogna essere per forza il proprietario della Louis Vuitton, e a ognuno ha dato qualcosa. A ognuno. A chi dei soldi, a chi un pezzo di pane, dell’acqua e così via. Un bell’insegnamento. Philip ci ha raccontato di tutto e di più. Abbiamo parlato delle gare memorabili a cui ha assistito, in Inghilterra e nel mondo. Dei suoi viaggi. Ci ha parlato della sua famiglia. Dei calciatori svizzeri del Liverpool, tra aneddoti e battute. Poi ci ha raccontato, come fosse ieri, del suo trip in Ticino. Non si è mai fermato da noi. Ma ha oltrepassato il Cantone durante una trasferta (ça va sans dire). Dall’Inghilterra a Roma, per la finalissima di Champions League (che allora si chiamava Coppa Dei Campioni). I suoi commenti sono stati lusinghieri: «il panorama era splendido, da cartolina. Peccato che allora non era così facile fare fotografie, altrimenti ne avrei fatte tantissime». Philip non ha dimenticato le peculiarità del nostro Cantone, tra colline e pianure. E poi mi ha detto una cosa: «sicuramente il calcio vi piace molto, perché ho visto tantissimi campi». Non sbaglia. Buon tutto, nuovo amico.