Il rapporto

In Qatar gli abusi continuano anche dopo i Mondiali

Il Paese ha fatto troppo poco per proteggere adeguatamente i lavoratori migranti dallo sfruttamento, secondo Amnesty International – L'eredità lasciata dalla FIFA, così, è piena di ombre
Un'immagine degli operai addetti alla costruzione degli impianti di Qatar 2022, nel 2019. © AP
Red. Online
16.11.2023 11:01

L’eredità di Qatar 2022, una delle edizioni dei Mondiali maschili di calcio più discusse e criticate di sempre, è in pericolo. O, meglio, presenta non poche ombre. A dirlo è un nuovo rapporto – A Legacy in Jeopardy – di Amnesty International.

Riassumendo, dalla fine del torneo i progressi verso il miglioramento dei diritti dei lavoratori si sono in gran parte arenati, mentre i risarcimenti e la giustizia per centinaia di migliaia di lavoratori che hanno subito abusi legati al torneo rimangono – citiamo – sfuggenti. I pochi progressi compiuti, secondo l’organizzazione non governativa, sono stati oscurati dalla mancanza di azioni concrete per affrontare e superare una vasta gamma di abusi. «La continua incapacità del Qatar di applicare o rafforzare adeguatamente le riforme del lavoro prima della Coppa del Mondo – ha dichiarato Steve Cockburn, responsabile Giustizia economica e sociale di Amnesty International – mette in serio pericolo qualsiasi potenziale cambiamento positivo per i lavoratori. Il governo deve rinnovare con urgenza il proprio impegno a proteggere i lavoratori, mentre sia la FIFA sia il Qatar dovrebbero concordare piani di riparazione per tutti coloro che hanno sofferto».

E ancora: «Dalle tasse di reclutamento illegali ai salari non pagati, centinaia di migliaia di lavoratori migranti hanno perso denaro, salute e persino la vita, mentre la FIFA e il Qatar hanno cercato di sviare e negare le proprie responsabilità. Oggi, a un anno dal torneo, è stato fatto troppo poco per rimediare a tutti questi errori. Ma non possiamo consentire che i lavoratori che hanno reso possibile la Coppa del Mondo 2022 siano dimenticati». 

Le riforme, introdotte tardi e applicate con poca convinzione dal governo del Qatar, nonché l’introduzione da parte della FIFA di una politica sui diritti umani nel 2017, non sono riuscite a prevenire i diffusi abusi verificatisi nel periodo precedente ma anche durante il torneo. Non finisce qui: gli abusi, scrive Amnesty, continuano ancora oggi. Sempre Steve Cockburn: «Gli abusi legati alla Coppa del Mondo 2022 dovrebbero servire a ricordare agli organismi sportivi che i diritti umani devono sempre essere al centro delle decisioni quando si assegnano gli eventi». 

Riforme e applicazione inadeguate

Nel 2017, il Qatar aveva firmato un accordo con l’Organizzazione internazionale del lavoro che, negli anni successivi, ha portato a modifiche significative alle leggi sul lavoro, tra cui la riforma del sistema Kafala, un nuovo salario minimo e la legislazione in materia di salute e sicurezza. Tuttavia, all’inizio della Coppa del Mondo le misure di attuazione e applicazione necessarie per prevenire ulteriori abusi diffusi sono risultate inadeguate. Dalla fine del torneo, poi, i progressi si sono ulteriormente arenati.

Gli intervistati hanno dichiarato ai ricercatori che sì, la maggior parte dei lavoratori migranti ora può lasciare liberamente il Paese. Hanno altresì notato progressi nell’applicazione delle leggi relative al lavoro in condizioni estreme, in particolare il divieto di lavorare all’aperto nelle ore più calde della giornata. Eppure, hanno pure dipinto un quadro desolante di continuo sfruttamento. I lavoratori dovrebbero essere in grado di cambiare liberamente lavoro per sfuggire agli abusi o, ancora, per cercare condizioni migliori. Se è vero che questi lavoratori non hanno più bisogno di un «certificato di non opposizione» (NOC) da parte dei datori di lavoro, in realtà molti devono ancora ottenere una qualche forma di permesso. I lavoratori hanno riferito ad Amnesty International che persino i funzionari governativi continuano a suggerire loro di ottenere tale permesso per facilitare i trasferimenti di lavoro. Gli stessi permessi sono, spesso, un requisito dichiarato negli annunci di lavoro. I dati del governo mostrano che, mentre oltre 150 mila persone hanno cambiato lavoro nei primi otto mesi dell’anno, nello stesso periodo un terzo delle richieste di trasferimento dei lavoratori è stato respinto. «Cambiare lavoro è ancora un problema, i lavoratori non possono cambiare senza il NOC» ha dichiarato ad Amnesty un diplomatico di un Paese di origine dei lavoratori. «È come un requisito non dichiarato. I nuovi datori di lavoro richiedono ancora il NOC e le vecchie aziende non vogliono darlo». Inoltre, i datori di lavoro controllano ancora efficacemente la presenza dei lavoratori nel Paese, mettendo a rischio il loro status legale e impedendo loro di cambiare datore di lavoro. Ad esempio, in risposta alle denunce dei lavoratori o alle loro richieste di cambiare lavoro, i datori abusivi continuano a cancellare i permessi di soggiorno dei lavoratori o a segnalare falsamente che i dipendenti sono «fuggiti» dal loro posto di lavoro. Il che può portare all’arresto e all’espulsione dal Paese. Un rappresentante di un’ambasciata straniera a Doha ha dichiarato ad Amnesty che i «datori di lavoro tengono ancora i lavoratori sotto scacco».

Il furto di salario rimane la forma di sfruttamento più frequente per i lavoratori migranti in Qatar, anche tra i driver impiegati nelle consegne di cibo, in forte crescita. Tuttavia, il sistema per individuare e rispondere a salari e benefit ritardati e non pagati non è ancora adeguato allo scopo. Anche i salari rimangono bassi e non c’è stato alcun aumento del salario minimo dalla sua introduzione nel 2021, nonostante l’aumento del costo della vita. Nonostante l’istituzione di commissioni del lavoro specializzate in Qatar, cinque al momento, permangono enormi barriere per i lavoratori che cercano di ottenere un risarcimento attraverso il sistema giudiziario. Si tratta ancora di un processo lungo e impegnativo per i lavoratori migranti, che devono effettivamente rimanere nel Paese per discutere i loro casi. Di conseguenza, i lavoratori spesso non hanno altra scelta che accettare risarcimenti di gran lunga inferiori a quelli a cui hanno diritto, e i datori di lavoro che commettono abusi raramente sono chiamati a risponderne pienamente. Una situazione tutto fuorché equa, insomma. I lavoratori migranti impiegati come personale domestico, la maggior parte dei quali donne, rimangono particolarmente vulnerabili a gravi abusi: il governo ha fatto poco nell’ultimo anno per proteggere meglio queste lavoratrici o per portare gli autori degli abusi davanti alla giustizia.

Rimedi e risarcimenti

Sebbene gli abusi sul lavoro subiti dai lavoratori migranti, da quando la FIFA ha assegnato al Qatar il diritto di ospitare i Mondiali di calcio, non possano essere cancellati, è possibile e necessario porvi rimedio ribadisce Amnesty. La FIFA ha ricavato la cifra record di 7,5 miliardi di dollari dalla Coppa del Mondo in Qatar, ma i dettagli del cosiddetto Legacy Fund del torneo promesso rimangono tutt’ora vaghi. A marzo, la FIFA aveva annunciato l’avvio di una revisione delle azioni da intraprendere per garantire un rimedio in linea con le sue politiche sui diritti umani. La pubblicazione è prevista per il prossimo futuro. Per adempiere ai rispettivi obblighi e responsabilità in materia di diritti umani, il Qatar e la FIFA devono agire con urgenza per garantire che il diritto delle vittime al risarcimento e alla riparazione non venga ulteriormente negato o ritardato.

Come già documentato da Amnesty International, centinaia di guardie di sicurezza e addetti alla sicurezza migranti dislocati nei siti legati al torneo e assunti con contratti a breve termine sono stati soggetti a sfruttamento lavorativo durante i Mondiali. I lavoratori hanno pagato commissioni di reclutamento illegali, sono stati ingannati sulle loro mansioni e sono stati costretti a lavorare per un numero eccessivo di ore senza giorni liberi settimanali. A distanza di quasi un anno, non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento. Marcus, 33 anni, ghanese, in Qatar per mantenere i suoi fratelli, ha pagato quasi 400 dollari di costi di assunzione. Questa la sua testimonianza: «Ho dovuto chiedere un prestito per pagare le spese di viaggio per andare a lavorare in Qatar durante i Mondiali. Lo sto ancora pagando, quello che ho guadagnato non era sufficiente».

Il briefing ribadisce un piano di riforme in 10 punti elaborato da Amnesty International nel novembre 2022, che sollecita il Qatar a migliorare e far rispettare meglio le sue leggi sul lavoro per proteggere i lavoratori da ulteriore sfruttamento e garantire l’accesso alla giustizia e al risarcimento per tutte le vittime. La chiosa di Cockburn: «Il Qatar non deve illudersi che solo perché il torneo è finito le sue azioni non saranno sottoposte a un esame e deve rinnovare gli sforzi per migliorare i diritti dei lavoratori. Per quanto riguarda la FIFA, per evitare che si ripetano gli abusi associati alla Coppa del Mondo in Qatar, deve imparare dai propri errori, essere pronta ad assumersi seriamente le proprie responsabilità in materia di diritti umani e porre direttamente rimedio agli abusi che le sue mancanze hanno causato o contribuito a causare».

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