L’intervista

Jonathan Sabbatini: «Il mio futuro è solo a Lugano»

Il capitano dei bianconeri parla per la prima volta dopo il rinnovo triennale – Il tira e molla societario, la stagione che verrà, la voglia di Ticino
Il capitano del Lugano Jonathan Sabbatini. (Foto Putzu)
Massimo Solari
12.07.2019 06:00

Sì, Jonathan Sabbatini avrebbe potuto lasciare il Lugano. Il rischio c’è stato, lo ammette lo stesso uruguaiano. Dopo settimane di silenzio e incertezza per il capitano bianconero è il momento di tornare a parlare. Meglio, di spiegare quello che a molti tifosi è parso un brutto incubo dal quale risvegliarsi madidi di sudore. Perché ha atteso così a lungo per legarsi altri 3 anni al club? Ed è vero che sulle tracce del centrocampista c’erano Sion, Grasshopper e i turchi dell’Antalyaspor, tutti con offerte economicamente importanti? Con Asiago e le sue pianure alle spalle, «Sabba» infine apre il libro.

Il suo rinnovo sembrava una semplice formalità, ma al termine della scorsa stagione il tutto si è incagliato. Cosa è successo?

«L’accordo in effetti era stato trovato già a maggio. A differenza di quanto si è detto, le condizioni però sono cambiate in un secondo momento. Una situazione, questa, che non ho condiviso e che in parte ha frenato la trattative, creando alcuni problemi. Il presidente Renzetti ha fatto le sue considerazioni in merito, che naturalmente ho rispettato. Personalmente ho invece preferito non esprimermi sulla questione, aspettando che la società e il mio procuratore trovassero finalmente un’intesa. E alla fine tutto è andato per il meglio, dal momento che quella trovata è la soluzione che ho sempre voluto».

Ma è vero che le sono state fatte offerte anche allettanti da altri club svizzeri e dall’estero?

«Lo confermo. Delle proposte concrete mi sono state presentate e non nego come sul piano economico si trattasse di contratti importanti. La società ne era a conoscenza. Dirò di più: se avessi voluto andarmene, avrei potuto farlo già in febbraio».

Il capitano bianconero Jonathan Sabbatini e alle sue spalle il sacrario militare di Asiago. (Foto Putzu)
Il capitano bianconero Jonathan Sabbatini e alle sue spalle il sacrario militare di Asiago. (Foto Putzu)

Perché, dunque, non ha accettato?

«Il bene della mia famiglia però veniva prima di tutto. È vero, da un lato il mestiere del calciatore lo svolge il sottoscritto, ma dall’altro dovevo prendere in considerazione anche il futuro di mia moglie e dei miei figli. E in tal senso non esiste miglior posto al di fuori di Lugano. Sia come scelta di vita, sia sul piano sportivo. Non aveva senso tirare troppo la corda di fronte a un’opportunità che, come ho detto al presidente e ai compagni di squadra, fa la mia felicità. Sono in Ticino da sette anni e a dispetto delle puntuali speculazioni estive sono sempre rimasto. Tengo moltissimo al club e ai tifosi bianconeri e continuerò a dare il massimo per questi colori».

Anche lei, insomma, ha compreso il contesto in cui si muoveva la società?

«Quando si negozia è giusto cercare di far valere le proprie posizioni. Detto ciò non potevo pretendere dal Lugano delle condizioni contrattuali che altri club erano probabilmente in grado di garantirmi. L’ho capito e ora è giusto lasciarsi alle spalle il passato, guardando con ottimismo alla nuova stagione».

Le trattative tra Renzetti e Leonid Novoselskiy per il cambio di proprietà invece l’hanno in qualche modo influenzata?

«Sarò sincero. Come detto se ho avuto dei piccoli tentennamenti non è stato per questioni finanziarie. Senza dubbio la voce circolata circa un possibile cambio sulla panchina del Lugano qualora Novoselskiy avesse preso le redini non ha aiutato. Ho 31 anni e sono a Cornaredo dal 2012: in questo periodo ho visto arrivare e andarsene più di dieci allenatori. Ma con una stagione delicata da affrontare, tre competizioni e un progetto sportivo da consolidare, non era sicuramente il momento di trovarsi con un mister diverso da Celestini, magari con altri compiti per me».

A proposito di progetti. Lei ha firmato 3 anni, ma Renzetti ha già aperto a una possibile collaborazione una volta chiusa la carriera. Cosa ne pensa?

«Ringrazio il presidente per queste parole che mi hanno fatto davvero piacere. È uno scenario a cui penso, anche se è presto per dire in che vesti potrei restare nella famiglia bianconera. Magari, più che come dirigente, in qualità di scout».

Torniamo al presente. La stagione è alle porte. Che sensazioni ha Jonathan Sabbatini circa la qualità e la competitività del Lugano?

«Ho visto una buona squadra. Sono arrivati dei nuovi giocatori, molto validi, ma l’ossatura della rosa che ha terminato l’ultimo campionato è rimasta. E questo in fondo è un bene, visto che l’innesto di diversi profili necessita di essere compensato con una buona dose di stabilità. La stagione che scatta fra una settimana sarà molto, molto importante. In Europa League, dopo la prima esperienza di due anni fa, non vogliamo sfigurare. Anzi, sono certo che molti di noi ambiscono a fare un passo in più. Con campionato e Coppa svizzera disputeremo tre competizioni, e per questo dovremo essere molto intelligenti. Soprattutto i primi sei mesi non saranno semplici».

L’ambizione non vi manca. Siete pronti a competere stabilmente con le prime della classe o la priorità deve restare la salvezza?

«In questi sette anni il club è migliorato tantissimo e io con lui. Per questo motivo, personalmente, miro ad arrivare il più in alto possibile. Veniamo da sei mesi che sono stati tanta tanta roba, ma ora è giunto il momento di fare un salto di qualità sul piano mentale. Se il Lugano dimostrerà di poter avere continuità, ricalcando un po’ quanto successo con Tramezzani, penso che potrà ambire a giocare in pianta stabile in Europa».

Dopo gli ultimi, ottimi risultati, sente la pressione dei tifosi?

«Più fai bene, più il tifoso si abitua bene e diventa esigente. Ma è giusto che sia così a questi livelli. Aggiungerò una cosa: se come detto riusciremo a cambiare mentalità forse sarà possibile giocare più spesso in un Cornaredo pieno. Fin qui, purtroppo, non è stato sempre il caso e per noi non è stato il massimo. Speriamo quindi di poter crescere e diventare grandi insieme al nostro pubblico».