Lutto

La corsa di Mazzone

Ci saluta un allenatore la cui carriera non si può ridurre a qualche riga copiata da Wikipedia — Il ricordo, da quel 30 settembre 2001 al rapporto con Baggio
Stefano Olivari
19.08.2023 20:46

Carlo Mazzone ci saluta, alla bella età di 86 anni, e nel suo caso la carriera non si può ridurre a qualche riga copiata da Wikipedia al di là del fatto che la carriera di uno degli allenatori italiani più famosi la conoscano tutti e che quindi qualsiasi considerazione calcistica su Mazzone sia già stata fatta. Certo l’immagine di allenatore ruspante, quasi una macchietta del tecnico italiano degli anni Settanta, Ottanta e nel suo caso anche Novanta e Duemila, gli ha nuociuto ed è per questo che per lui le grandi occasioni non sono mai arrivate. La stessa Roma di un giovanissimo Totti, la squadra della sua vita, era ben lontana dalla Roma che negli anni dopo sarebbe stata al vertice. Il ricordo di un personaggio popolare come Mazzone non può quindi che essere pop.

La corsa

La summa del mazzonismo il 30 settembre 2001, al Rigamonti di Brescia, con Mazzone sulla panchina dei padroni di casa nel sentitissimo derby contro l’Atalanta: nonostante il gol del vantaggio segnato da Roberto Baggio, al suo secondo campionato dei quattro al Brescia, i bergamaschi dopo il primo tempo sono avanti 1-3 e la curva nerazzurra sfotte Mazzone urlandogli i peggiori insulti con riferimenti anche alla sua nascita a Roma («Romano di m…»), alla madre morta giovane e soprattutto alla sua età. Mazzone, che ha 64 anni ma all’epoca sembra vecchissimo (invece è l’età che hanno oggi Spalletti e Ancelotti, per dire), sente salire dentro di sé una rabbia mai provata e dopo il 2-3, firmato ancora da Baggio, promette alla curva dell’Atalanta il pareggio. Che arriva, ancora per merito di Baggio, punizione a tempo scaduto, ed è seguito da quella pazzesca ed iconica corsa di Mazzone sotto il settore in cui sono i tifosi dell’Atalanta, urlandogli a sua volta di tutto e tentando di raggiungere gente con un terzo dei suoi anni per picchiarla («Mo’ ve meno»). Un comportamento non abituale, essendo stato in carriera insultato mille volte, un comportamento che paradossalmente diventa l’immagine di Mazzone destinata a rimanere nei secoli. Con un retroscena quasi incredibile: sull’1-3 Mazzone, avendo visto tanto calcio, sente le vibrazioni del pareggio e va a dire al quarto uomo «Noi pareggiamo e io poi farò di tutto, tu scrivi pure quello che vedi e senti». Le giornate di squalifica saranno cinque, ma Mazzone le ricorderà con gioia.

Vecchia scuola

Mazzone era un allenatore di una volta, il bello (o il brutto) è che lo era anche una volta. Soprattutto negli anni Settanta, con poche immagini televisive ed il VAR che non sarebbe stato immaginato nemmeno da Asimov, i giocatori delle squadre avversarie lo accusavano di incitare i suoi ad entrare sulle gambe, a fare male. Ed è per questo che aveva battibecchi (eufemismo) soprattutto con i calciatori più tecnici, che nella sua visione del mondo da vecchia scuola erano tutti cascatori, per non andare su definizioni oggi politicamente scorrette. Nel suo mirino Luciano Chiarugi, ai tempi in cui giocava nel Milan, ma non soltanto Chiarugi. Ad un certo punto, proprio per queste sue indicazioni non proprio tattiche gli diedero tre mesi di squalifica e si calmò un po’. Uomo totalmente centrato sul calcio, Mazzone non tollerava che i suoi giocatori avessero altri pensieri ed arrivò a proibire di giocare a carte nei ritiri, in un’epoca in cui non si poteva fare molto altro.

Guardiola

Non esistono due allenatori più distanti di Mazzone e Pep Guardiola, come visione del mondo e del calcio. Il Guardiola anziano giocatore incrociò il Mazzone anziano allenatore per qualche mese a Brescia, periodo che comunque fu memorabile e che ancora oggi fa dire a Guardiola che Mazzone è per lui un maestro. Si riferisce ovviamente più alla gestione dei rapporti umani che alla tattica, visto che in quel Brescia l’indicazione di Mazzone era «Palla in su, Gesù pensaci tu», quando non un meno poetico «Palla alta per Luca Toni». Certo è che l’allenatore del Manchester City campione d’Europa non ha mai perso occasione per elogiare Mazzone, anche se va detto che Guardiola parla bene di chiunque.

Canà

Molti pensano che Lino Banfi-Oronzo Canà, allenatore della Longobarda nel leggendario L’allenatore nel pallone, sia liberamente ispirato a Mazzone ed in effetti è così, visto che il suo personaggio è modellato su allenatori iconici di provincia come appunto Mazzone ed il collega Oronzo Pugliese. Certo la famosa ‘bizona’ di Canà, il 5-5-5, non è mai stata nei pensieri del tecnico romano, profeta del gioco a uomo e di marcature rigidissime, al punto che diceva ai suoi centrocampisti difensivi (quelli che ai tempi marcavano il ‘10’ avversario) di non superare mai la metà campo. Da qui a far passare Mazzone una macchietta ce ne passa, era semplicemente un figlio del suo tempo e certo le sue squadre non avevano gente da tiki taka.

Colombo

La moglie di Mazzone, più volte evocata dall’allenatore in conferenza stampa e nelle interviste, in mezzo secolo di carriera si è vista molto raramente, al punto che qualcuno l’ha paragonata alla moglie del tenente Colombo. Ma nella sua carriera Maria Pia è stata davvero fondamentale e non soltanto per avere sopportato le tante assenze da casa, visto che lui mai ha mai voluto stressare la famiglia facendola spostare da Ascoli: gli ha spesso fatto da ufficio stampa ante litteram, filtrando le chiamate dei giornalisti, e dagli anni Novanta ha sempre risposto lei al cellulare di Mazzone. Che poi era il suo di lei, visto che l’allenatore romano fino alla morte non ne ha mai posseduto uno nonostante per interposto nipote fosse presente addirittura sui social network. Lei aveva un negozio di dischi e nel 1961 Mazzone entrò per caso e le chiese un disco di Tony Dallara. Maria Pia gli consigliò Paul Anka e da lì iniziò una storia durata per sempre, con lui in giro per l’Italia (ma di ritorno a casa ogni settimana, con il mitico autista Mario) e lei a registrare partite. Proprio un mese fa avevano festeggiato i 60 anni di matrimonio, insieme ai figli Sabrina e Massimo e ai nipoti.

Baggio

Tanti i figli calcistici di Mazzone, molti di questi lo stanno ricordando con commozione. Il più amato di tutti è forse Roberto Baggio, forse perché entrambi si sono incrociati alla fine delle rispettive carriere. Baggio è il fenomeno che Mazzone non ha mai avuto in squadra, se non alla Roma con Totti, che però era giovanissimo. Su Baggio amava raccontare un aneddoto, fra i mille possibili: «Baggio la domenica mi faceva vincere. C'era un patto con lui, perché non mi piaceva che quando si andava in trasferta i tifosi invadessero l'albergo e lui non avesse un attimo di respiro. Un giorno gli dissi ‘Quando sei stanco di firmare autografi, ti tocchi la testa e io intervengo’. Ma lui non si toccava mai la testa e allora sbottai: ‘Ahò, ma non ce l'hai una testa?’. Lui mi rispose ‘Mister, come posso deludere gente che ha fatto centinaia di chilometri per incontrarmi?’. Gli voglio bene». Gliene volevano anche Baggio ed il 99% dei calciatori allenati. Icona pop, ma anche uomo vero.