L’intervista

La FIFA è pulita, parola di Zvonimir Boban

L’ex campione del Milan ha lavorato a lungo come dirigente al fianco di Gianni Infantino: «Questa inchiesta non ha un vero motivo né una logica spiegazione» afferma «Zorro»
Paolo Maldini (52 anni) e Zvonimir Boban (51) nel settembre 2019. © EPA/EMANUELE PENNACCHIO
Marcello Pelizzari
12.08.2020 06:00

Ha legato il suo nome al Milan, di cui è stato prima giocatore e in seguito dirigente (anche se per poco). Parliamo di Zvonimir Boban, per tutti semplicemente «Zorro». Lo abbiamo raggiunto in Croazia, la sua terra, per una chiacchierata a tutto tondo fra passato, presente e futuro.

Signor Boban, dopo il lungo stop a causa del coronavirus il calcio è tornato. Le è piaciuto quello che ha visto finora e in particolare la Serie A italiana?

«Ovviamente, era tutto molto diverso e direi anche strano. Ma il gioco del calcio è sempre magico. In generale, ci siamo resi conto quanto ci definisca questo sport meraviglioso. Non soltanto sportivamente, ma anche socialmente».

Il Milan post lockdown non ha praticamente sbagliato un colpo e mister Pioli si è guadagnato la conferma: il rendimento dei rossoneri l’ha sorpresa?

«Il Milan ha avuto bisogno di due giocatori di esperienza e di un po’ di tempo. Le scelte che avevamo fatto a suo tempo adesso sono state capite. E il nostro operato rivalutato. Ecco, sono davvero orgoglioso di questo. Il Milan adesso ha la base per tornare ai vertici e a quello che deve essere: una società vincente e di assoluto livello».

Lei aveva lasciato la dirigenza del Milan e il ruolo di Chief Football Officer perché in contrasto con il possibile arrivo di Ralf Ragnick. Adesso è facile dire che aveva ragione lei, ma almeno qualcuno si è scusato?

«Non importa, è importante piuttosto che la squadra che abbiamo costruito prometta un futuro migliore rispetto agli ultimi anni».

A lei si devono in particolare l’arrivo di Zlatan Ibrahimovic e la scommessa (vinta) Ante Rebic: che tipo di giocatori sono e cosa hanno dato al Milan?

«Ibra è un fenomeno e con lui è cambiato tutto. Ha fatto la differenza da solo, ma al di là di questo lui migliora tutti quelli che gli stanno attorno. Come fa? Beh, è intelligentissimo: vede il gioco prima degli altri. Rebic, per contro, ha fatto cose straordinarie dopo aver ingiustamente sofferto all’inizio della sua avventura. Siamo rimasti tutti sorpresi dai miglioramenti fatti e dalla continuità di rendimento ad altissimo livello. Parliamo pur sempre di un vicecampione del mondo, un giocatore di esperienza e carattere».

Quanto manca a questa società e a questa squadra per arrivare ai livelli del Milan di Berlusconi?

«Non è giusto fare paragoni, ma credo che per essere competitivi e forse vincenti serva ancora un 30-40%».

Per lei è stato più difficile dire addio al Milan da calciatore o, pochi mesi fa, da dirigente?

«Ovviamente da giocatore, quelle emozioni sono irripetibili. Io amo anche l’ufficio, ma il magico quadrato verde è un’altra cosa. Ed è normale sia così».

Ritiene sia più probabile un suo rientro in rossonero oppure un ritorno alla FIFA?

«Ora mi godo la mia Croazia e la famiglia. Vedremo dopo il come e il dove».

A tal proposito, FIFA e UEFA si sono prodigate per sostenere l’intero movimento: secondo lei è stato fatto abbastanza per sostenere il calcio durante questa crisi?

«Tutte e due le organizzazioni hanno fatto il massimo. Questo fa loro onore».

Intanto, il presidente della FIFA Gianni Infantino è indagato dalla giustizia svizzera per gli incontri con il procuratore generale della Confederazione Michael Lauber. Lei ha lavorato a lungo con Infantino, che idea si è fatto?

«Gianni è una persona pulita, non potrebbe mai sbagliare su certe cose. Sono sconcertato. Parliamo di un’inchiesta senza un vero motivo e senza una logica spiegazione. La FIFA ora è pulita e la Svizzera dovrebbe esserne fiera: i conti quadrano, i soldi non spariscono più. La reputazione, decente, riacquistata è soprattutto merito dell’attuale presidente. Uno che ha fatto bene al calcio, alla FIFA e se volete pure alla vostra terra. La paura di un nuovo Baur au Lac non esiste più, questa FIFA è un’organizzazione seria e trasparente come lo è il suo presidente. Non è la FIFA infangata e indecente di qualche anno fa e il tempo lo confermerà».

Torniamo al rettangolo magico: la Croazia vicecampione del mondo dovrà aspettare un anno prima degli Europei. Meglio o peggio?

«Peggio, ma la Croazia resta forte: ha tanto talento e un giocatore speciale come Modric».

Lo sa che in Svizzera in tanti rimpiangono la scelta di Rakitic, che avrebbe potuto vestire la maglia elvetica ma scelse la Croazia?

«Mi dispiace per voi, ma sono contento per la Croazia».

La sua Croazia arrivò a un passo dalla finale nel 1998 mentre quella attuale, con Rebic e gli altri, è arrivata in finale. Ha senso fare confronti?

«No, non ha senso fare dei confronti: sono due fantastiche generazioni che hanno reso fiera una piccola terra che amo tanto».

Chiudiamo con una curiosità: suo fratello Drazen negli anni ‘90 giocò nel Chiasso. Quando eravate bambini chi vinceva le partitelle in famiglia?

«Lui aveva talento, eleganza. Ma vincevo io, ero più forte».