Calcio

La Serie A e, sulla maglia, Mussolini

Romano, pronipote del Duce, ha appena firmato con la Cremonese e in questa stagione potrebbe esordire in Serie A - Laterale destro promettente, il 22.enne deve fare i conti con un cognome scomodo, che però ha deciso di porre in primo piano
Romano Floriani Mussolini, 22 anni, ha disputato l’ultima stagione in Serie B con la Juve Stabia. © reuters/franco romano
Massimo Solari
15.07.2025 18:04

Per uno strano scherzo del destino, a regalargli la prima panchina in Serie A - alla Lazio - era stato Maurizio Sarri, uomo di sinistra, fiero delle gesta partigiane di nonno Goffredo durante la Resistenza. La stagione buona per l’esordio nel massimo campionato italiano, tuttavia, dovrebbe essere quella che scatterà il 23 agosto. Nelle scorse ore è arrivata la firma con la Cremonese, compagine neopromossa che ha voluto investire in un laterale destro intraprendente, di cui si dice un gran bene alla luce delle prestazioni offerte in B con la Juve Stabia. Lui è Romano Floriani Mussolini. Sì, il pronipote del Duce.

Un gol controverso

Figlio di Alessandra, già europarlamentare radicale per Forza Italia e da quest’anno membro della Lega, il 22.enne presenta diversi secondi nomi, tra cui Benito. Inizialmente formatosi alla Roma, nel 2016 è passato al settore giovanile biancoceleste, arrivando ad affacciarsi alla prima squadra. A fornire al giovane gli strumenti necessari per competere a livello professionistico è però stato Zdenek Zeman, suo allenatore al Pescara - in Serie C - lungo la stagione 2023-24. Quindi, suggerivamo, il prestito dalla Lazio alla Juve Stabia, formazione con la quale Romano si è spinto sino ai playoff promozione. Il primo gol siglato nella lega cadetta, il 22 dicembre scorso, aveva fatto scorrere fiumi d’inchiostro. L’esultanza del pubblico campano, più precisamente, era stata ritenuta controversa: infiammati dallo speaker del Romeo Menti, diversi tifosi avrebbero infatti urlato il cognome del calciatore e, il braccio teso, riprodotto il saluto romano. La Juve Stabia, va da sé, ha rispedito le critiche al mittente: «Non accettiamo strumentalizzazioni per un ragazzo d’oro come Romano Floriani Mussolini e la stessa cosa vale per i nostri tifosi che hanno esultato come sempre fatto in passato con qualsiasi altro atleta».

Il figlio del secolo e i suoi fratelli

Scontrarsi e interrogarsi sulla questione, ad ogni modo, è stato per certi versi inevitabile. E lo sarà ancora. Perché, nel 2025, «Mussolini» rimane un cognome scomodo. Per chi lo evoca e per chi quell’eredità la esibisce sul retro della maglietta. «E il fatto che il giocatore abbia scelto volontariamente di anteporre il cognome della madre a quello del padre, beh, presta il fianco a eventuali osservazioni» sottolinea Nicola Sbetti, storico dello sport e ricercatore in storia contemporanea al dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. Già, poiché se alla Lazio e al Pescara sul foglio partita si poteva leggere Floriani M., nell’ultimo campionato si è passati a F. Mussolini. «Avrei messo entrambi se fosse stato possibile, ma ho voluto cambiare dopo aver utilizzato Floriani per lungo tempo» ha spiegato il diretto interessata in una delle rare interviste concesse alla stampa.

In un’Italia che non ha fatto appieno i conti con la storia, un certo neofascismo ha proliferato in modo sempre più visibile
Nicola Sbetti, storico dello sport

«Sebbene il fascismo storico costituisca un’esperienza conclusa, esclusiva del passato, è chiaro come il cognome Mussolini non sia affatto neutrale, oggi, in Italia» prosegue Sbetti. Per poi precisare: «Basterebbe osservare il dibattito suscitato dalla fiction “M - Il figlio del secolo”, basata sul romanzo di Antonio Scurati. O, più semplicemente, il partito che governa il Paese, Fratelli d’Italia, erede del Movimento sociale italiano e, dunque, legato al primo neofascismo. Insomma, “Mussolini” rimane un cognome che polarizza e alimenta la contesa politica. Parlarne è legittimo e sono sicuro che l’esordio di Romano in Serie A non passerà inosservato».

Dal Foro italico a Di Canio

Il singolo caso può fungere da grimaldello per un’analisi più approfondita sul rapporto tra l’Italia sportiva e il regime mussoliniano. «Al netto di una narrazione che, a seconda dello schieramento politico, tende a esaltare o sminuire il successo, alcuni elementi nostalgici - di carattere culturale - resistono» spiega Sbetti. «Nel salone del CONI, in occasione di incontri pubblici, non si ritiene per esempio necessario celare il quadro intitolato “Apoteosi del fascismo”. Il che, al netto delle indicazioni della Soprintendenza per i Beni Architettonici, deriva da una scelta che non può definirsi neutra. Così come procedere al restauro di tutte le iscrizioni fasciste al Foro italico, ex Foro Mussolini, di Roma».

Tornando al calcio, e alla sovrapposizione tra passato e presente, è lecito altresì soffermarsi sulla visibilità di una figura come Paolo Di Canio, che per Sky si occupa di Premier League e non solo. Per dire: nel 2016, l’ex attaccante della Lazio venne sospeso dalla piattaforma televisiva dopo che in diretta venne mostrato il tatuaggio sul bicipite destro con la scritta «Dux». Poco male, perché l’opinionista fu riabilitato dopo cinque mesi e l’immancabile pentimento ufficiale per la leggerezza commessa. «E questo episodio - osserva Sbetti - forse ci dice che in un’Italia che non ha mai pienamente fatto i conti con il fascismo storico, un certo neofascismo ha potuto proliferare prima silenziosamente e poi in maniera sempre più visibile. Va da sé, il tatuaggio con la croce celtica ora viene nascosto in Tv...».

Meglio scherma ed equitazione

E dire che il calcio, al Duce, non interessava. «Benito Mussolini, in quanto figura dell’Ottocento, era legato ad altri sport» indica Sbetti, riferendosi all’educazione impartita all’aristocrazia dell’epoca e alla pratica delle discipline della cultura militare: «Penso alla scherma e all’equitazione. Attività, queste, alle quali aggiungere la fascinazione, d’ispirazione futurista, per l’aviazione, i motori e la velocità». Ma una volta al potere, rileva lo storico, «il Duce comprese, come buona parte del fascismo e una larga fetta dei partiti politici di massa, la portata e il potenziale del fenomeno sportivo. L’elemento in questione diventò quindi funzionale al disegno politico, proiettato alla creazione di un uomo nuovo fascista. Ospitare e vincere il Mondiale del 1934 si trasformò così in un’enorme opportunità». Uno strumento di consenso e propaganda, già, alla pari della costruzione di nuovi stadi e della Coppa Rimet conquistata pure nel ‘38 o del tentativo (fallito) di plasmare una sola grande squadra di Roma.

Benito Mussolini non amava il calcio, ma cammin facendo ne fiutò il potenziale per il suo disegno politico, proiettato alla creazione di un uomo nuovo fascista
Nicola Sbetti, storico dello sport

Quando la Gazzetta dello Sport gli ha chiesto del bisnonno, Romano Maria Benito Mauro Magid Andrea Floriani Mussolini si è comportato come ama fare in campo, sull’out di destra. Un pistone che prima avanza e poi si ritrae. «È stato un personaggio molto importante per l’Italia, ma siamo nel 2024 e il mondo è cambiato. I pregiudizi continueranno a esistere, ma la questione non ha nulla a che vedere con il mio lavoro e non mi pesa». Tenerla a distanza di sicurezza in caso di esordio in Serie A, tuttavia, sarà quasi impossibile.