L'ACB e quel campione purtroppo solo d'ascolti

Luglio 2005. Reduce dall’ennesima stagione interlocutoria, conclusa con il sesto posto in Challenge League, l’AC Bellinzona necessita di una scossa. Il cambio in panchina, che porta Stefano Maccoppi a sostituire lo stravagante Maurizio Battistini, si spiega anche così. E però non basta. Serve un’altra scintilla. Una mossa eclatante, toh, per generare nuovo entusiasmo attorno al Comunale. A tentare l’azzardo è Marco Degennaro, 35 anni e nel destino una carriera da abilissimo dirigente. La conoscenza del mercato e degli umori italiani fanno il resto e, appunto, si traducono in un acquisto fuori dagli schemi. Un nome, tuttavia, di cui anche in Ticino si parla da un anno: Christian Giuffrida.
Classe 1985, romano, l’attaccante ha appena vissuto da protagonista uno dei fenomeni televisivi di maggiore successo delle reti Mediaset. Un reality show, per la precisione: Campioni, il sogno. Sì, parliamo del Cervia, compagine di Eccellenza che viene affidata a quel mattacchione di Ciccio Graziani e a un gruppo di aspiranti calciatori professionisti filmati 24 ore su 24. Il programma, su Italia 1, conosce un seguito enorme; si parla di picchi di share del 47% - insomma, un apparecchio acceso su due - per osservare, tra televoti, gaffe diventate culto e qualità calcistiche opinabili, la cavalcata promozione in serie D.
«L’idea ci stuzzicò»
Giuffrida, per l’appunto, fa parte di quella squadra e della prima di due edizioni del reality. E anche se non figura tra i tre vincitori, Lorenzo Spagnoli, Fabio Borriello e Cristian Arrieta, che si guadagnano la partecipazione ai ritiri estivi di Juventus, Milan e Inter, conosce una notorietà clamorosa. «E, proprio alla luce di questo percorso particolare, incredibile in termini mediatici e comunque interessante sul piano sportivo, venni contattato dal suo agente» rammenta, 20 anni più tardi, Marco Degennaro. «La proposta - spiega l’allora direttore generale dell’ACB - ci stuzzicò. D’altronde parliamo di un ragazzo che disponeva di una “fan base” pazzesca». Già. E immaginatevi che cosa sarebbe potuto accadere se i social media fossero già esistiti.


«Alla fine fummo convinti da entrambi i fattori» spiega Degennaro: «Da un lato puntare su un profilo deciso a sfondare nel calcio vero, dall’altro attirare l’attenzione e creare visibilità sul Bellinzona».
Una reputazione ingombrante
Il Corriere del Ticino dell’epoca, da questo punto di vista, non perse l’occasione per calcare la mano sul personaggio. «Giuffrida, un divo in granata» il titolo scelto dopo l’arrivo del giocatore. Degennaro conferma in un senso, per poi correggere la mira. «Non passò molto prima di notare i bus pieni zeppi di ragazzi e ragazzine che, dall’Italia, arrivavano appositamente per ammirare le gesta di Giuffrida in allenamento e in partita. Qualcosa di totalmente nuovo per una realtà comunque di serie B svizzera. A fronte di una celebrità di questa portata, ad ogni modo, ho il ricordo di un ragazzo eccezionale, educato e che rimase sempre umile. Insomma, in spogliatoio non entrò un montato». Queste, al proposito, le prime parole pronunciate dal diretto interessato al Comunale: «Campioni? Un’esperienza che capita una volta sola. Rappresenta una sorta di trampolino di lancio da sfruttare bene». Beh, non va esattamente in questo modo. Anzi. Giuffrida, in effetti, disputa una sola partita in Challenge League: 61 minuti al Rankhof di Basilea, contro il Concordia, per una sconfitta di misura e due pagelle, il 4 del CdT e il 3 del GdP.
Dagli sponsor a Petkovic
L’investimento sul 20.enne italiano, detto altrimenti, paga solo a livello di marketing. «Portò al club diversi sponsor» conferma Degennaro. Che, risultati deludenti alla mano, a inizio autunno viene costretto a licenziare Maccoppi per affidare la squadra a Vladimir Petkovic. E, considerati il carattere e la filosofia del nuovo allenatore, non si tratta esattamente della migliore soluzione per favorire l’emergere del «personaggio» Giuffrida, tra l’altro tesserato dalla società solo alla fine di agosto. L’inverno seguente, ecco quindi il ritorno al Cervia e a un programma in chiara perdita di velocità. Arriva pure un libro, «Giuffrida, il mio sogno di campione», prima di numerose avventure calcistiche lontane dai riflettori. Oggi l’ex granata è attivo in ambito digitale e turistico. L’attrazione, una volta, era lui.
Da Borriello al Lugano al fantasma di Gullo al St. Jakob-Park
Christian Giuffrida non è l’unico trait d’union tra il calcio svizzero e Campioni. Nell’estate del 2007, Fabio Borriello firma per il Lugano dell’accoppiata Preziosi-Pastorello. Il difensore, fratello del celebre bomber Marco, riesce quantomeno a sfondare. Con la maglia bianconera, in Challenge League, viene schierato 14 volte da mister Simone Baldini. Al termine della stagione, però, decide di ritirarsi, per dedicarsi all’attività di broker.
Decisamente più esilarante, la parabola di Francesco Gullo, capace - almeno in un primo momento - d’incantare gli autori dello show televisivo. Come? Millantando di aver giocato per il Chiasso in Lega Nazionale (in verità il breve passaggio è in Prima Lega) e, soprattutto, al Basilea, con tanto d’ingresso in Champions League al cospetto della Juventus. Il castello, fragilissimo, crolla in fretta. Basta una telefonata a Christian Gross, tecnico dei renani, per sbugiardare il giocatore davanti a milioni di telespettatori. Veste pure la casacca del Mendrisio. E il presidente dell’epoca, Renzo Zanotta, descrive così quel «giocherellone» al GdP: «Se devo essere sincero il calcio non era il suo sport: le lacune a livello tecnico-tattico erano fin troppo evidenti. Crede di essere forte, ma non ha grosse possibilità per emergere».