L'analisi

Ma alla fine, conta davvero che Leo Messi vinca i Mondiali?

Il capitano dell’Argentina ha dimostrato una volta di più perché in molti lo ritengono il giocatore più forte del pianeta – La progressione della Pulce in Qatar è impressionante, così come la natura reazionaria del suo gioco – Decisivi come lui solo altri tre campioni
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Massimo Solari
14.12.2022 17:30

In pochi se ne sono accorti. E quelli che vi hanno fatto caso, per un paio di minuti, hanno provato una sensazione di disagio. Correva il 15’ minuto di Argentina-Croazia - o giù di lì - e Lionel Messi ha iniziato a toccarsi la parte posteriore della coscia sinistra. Quindi si è defilato sulla fascia, mentre il gioco si sviluppava sul fronte opposto. Ha abbassato lo sguardo e poi - almeno così ci è parso - si è schiaffeggiato il volto. Quasi a convincersi che «no, dai, non è nulla di grave». Quale genere di prestazione abbia poi offerto la Pulce, beh, è noto. Ed è proprio a posteriori, grati per quanto ammirato, che quei frangenti d’incertezza hanno assunto un valore particolare. Sì, perché giunti a questo punto del torneo ogni partita del 10 argentino rischia di assumere i contorni dell’addio. Della serie: «Oddio, e poi cosa faremo? Cosa ne sarà del calcio?».

Di qui l’interrogativo forse più importante. Persino più importante dell’abusato paragone con Diego Armando Maradona. Conta davvero che Messi vinca il Mondiale? Se in cambio di una sostituzione prudenziale - al 15’ della sfida con la Croazia - ci avessero assicurato la conquista del trofeo da parte dell’Albiceleste non avremmo accettato. Privarsi dell’intimo tête à tête con Gvardiol e della magica giravolta con cui Messi l’ha lasciato a bocca asciutta sarebbe blasfemo. Onestamente. Che poi i gesti e i numeri del capitano argentino assomiglino a un’affidabile promessa (a proposito 4 dei 5 gol realizzati sono caduti al Lusail Stadium, teatro della finalissima), questo è un altro discorso.

Un 2022 pazzesco

Martedì sera la stella del PSG ha contribuito a un gol della sua nazionale per la diciannovesima volta nella storia dei Mondiali: 11 reti (come lui nessuno in patria) e 8 assist. Messi ha così raggiunto i migliori, i più grandi, in vetta: Gerd Müller (14 gol e 5 assist), Ronaldo il Fenomeno (15 e 4) e Miroslav Klose (16 e 3). A impressionare, nel torneo ma non solo, è inoltre la progressione del giocatore. In termini di coinvolgimento e impatto. Messi, scrivevamo oggi, non aveva mai segnato nelle fasi a eliminazione diretta. In Qatar è a quota 3. Di più: abbracciando tutto il 2022, i gol per l’Argentina sono stati addirittura 16. Mai, in passato, aveva anche solo avvicinato un simile livello. Pazzesco. La crescita del 10 sudamericano è poi confermata da altre voci. E analizzare gli estremi è di per sé indicativo: contro l’Arabia Saudita, all’esordio, Messi aveva completato il 74% dei passaggi. Al cospetto della Croazia è salito all’82%, dopo per altro aver toccato il 90% con il Messico. Altro? Al debutto Leo ha percorso 7,83 chilometri. L’altro ieri, in semifinale, 8,25.

Funziona al contrario

Proprio la statistica relativa alla corsa, ad ogni modo, può aiutare a radiografare il genio di Messi. Non a comprenderlo, quello no. Tolto il portiere e Paredes - sostituito però al 62’ - nessun titolare dell’Albiceleste ha coperto meno spazio della Pulce nel penultimo atto. Di più: in quella che la FIFA definisce la «zona 1», e cioè le fette di partita vissute tra gli 0 e i 7 km/h, Messi emerge su tutti i compagni di squadra. E di molto. Per intenderci, per oltre metà incontro - 4,78 km su 8,25 - il capitano ha passeggiato. Al massimo trotterellato. Eccolo l’inconcepibile. Eccolo, semmai, il raffronto più sensato con la Mano di Dio. Messi, sostanzialmente, funziona al contrario. E, di riflesso, permette all’Argentina di agire in controtendenza. Per dire: Arsène Wenger, Jürgen Klinsmann e la squadra di analisti della FIFA evidenziano come rispetto ai Mondiali del 2018, a Doha le reti nascano soprattutto da giocate sugli esterni. O ancora mettono in rilievo il calo del 33% degli uno contro uno durante le gare: dai 10 di media in Russia ai 7 di Qatar 2022. L’Albiceleste, lei, riesce a incunearsi nell’asse centrale come forse nessun’altra contendente. Ma, soprattutto, regala spettacolo e reti con i dribbling dei suoi uomini migliori. Del suo uomo migliore.

La rete del 3-0 contro la Croazia, citata in apertura, è un trattato d’insolenza. Un movimento reazionario. Messi che sa esattamente quando accendersi, quando accelerare, per cinquanta metri e oltre, aggirando a più riprese e mandando in tilt quello che - sin lì - era stato giudicato il migliore difensore del torneo. Ora il fastidio muscolare accusato dal campione argentino - un «lieve sovraccarico agli ischio tibiali» - sta tenendo in ansia una nazione e milioni di tifosi. La Pulce ha però già annunciato che quella di domenica sarà la sua ultima partita a un Mondiale. Essergli devoti appare dunque come una condizione inevitabile. Necessaria, anche. Poco importa se non vincerà la Coppa del Mondo prima di congedarsi.

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