Ma che cosa succede ai campi di Cornaredo?

Il primo affondo lo aveva piazzato Mijat Maric, dopo la vittoria ottenuta al Letzigrund contro il Grasshopper. «Non è una scusa, ma ci alleniamo in condizioni pessime. Attualmente, purtroppo, a Cornaredo lavoriamo su dei campi di patate. A Zurigo il terreno da gioco è invece eccellente, e infatti qui i ragazzi sono riusciti a rendersi molto più pericolosi». Una presa di posizione forte. Significativa. Ribadita, una manciata di giorni più tardi al Tourbillon di Sion, da Jonathan Sabbatini. «Le condizioni in cui ci alleniamo non sono idonee per una squadra che ambisce ai primi posti in classifica. Non è un caso se, quando giochiamo fuori casa, la qualità del nostro calcio migliora. Non so cosa sia successo ai campi di Cornaredo nell’ultimo periodo, ma non sono in ottime condizioni».
Due
fattori scatenanti
L’interrogativo
sollevato dal capitano bianconero, in effetti, è lecito. Chiunque, passeggiando
dalle parti dell’impianto comunale, può constatare che attualmente i vari
terreni da gioco - dal principale a quelli d’allenamento - non godono di buona
salute. Ma cosa sta succedendo a quello che solitamente è un fiore
all’occhiello della Divisione Sport della Città di Lugano? A risponderci è il
direttore della stessa, Roberto Mazza: «Purtroppo la situazione attuale, del
tutto atipica rispetto a quelli che sono gli standard abituali, è dettata da
due fattori. Il primo è la grande siccità che nelle ultime settimane non ha
dato respiro ai nostri campi, complicandone la cura. Il secondo è invece il
mancato ritiro in Spagna della prima squadra del FC Lugano, che effettuando la
preparazione invernale “in casa” per via della pandemia, ha inevitabilmente
logorato più del previsto le infrastrutture». Le cause del problema, dunque,
sono note. E, come confermato dallo stesso direttore della Divisione Sport, non
sono affatto da ricondurre a un abbassamento della guardia da parte degli
operai comunali in seguito all’esito del referendum sul nuovo Polo Sportivo e
degli Eventi (PSE), come suggerito da qualche maligno. Cionostante, gli
interventi atti a risanare i terreni sono per ora fattibili soltanto in minima
parte:«Ci troviamo in una fase particolare - spiega Mazza -. Per combattere la
siccità dovremmo irrigare con maggiore frequenza i campi, ma di notte le temperature
si abbassano ancora troppo e vi è il rischio che essi gelino, compromettendosi
ulteriormente. Con l’innalzarsi delle minime, nel corso delle prossime
settimane, potremo però operare in maniera più incisiva e far rientrare il
problema. Anche perché il terreno del campo principale non è messo male, mentre
quelli d’allenamento rimarranno tendenzialmente “incerottati” fino a fine
stagione, ma l’obiettivo è recuperarli pienamente per l’inizio di quella
2022/23».
Una
convivenza complessa
Nel
frattempo bisognerà però stringere i denti. E a farlo non sarà soltanto la
squadra di Mattia Croci-Torti, ma anche tutte quelle dei vari settori giovanili
e del movimento femminile. «In un mondo ideale, in cui un club dispone di un
centro d’allenamento adeguato a tutte le richieste, vi sarebbero abbastanza
campi per tutti. E, in particolare, due terreni d’allenamento a uso esclusivo
della prima squadra, che intervallandoli ogni sei mesi sarebbe in grado di
lavorare sempre in condizioni ottimali. Come potete intuire, però, a Cornaredo
non operiamo in un mondo ideale e far combaciare tutte queste realtà è un
esercizio complesso. Nonostante le difficoltà, riusciamo comunque a garantire
al Lugano un campo a uso esclusivo (il C1, ndr), oltre che la possibilità di
effettuare la rifinitura sul terreno principale. Mi sembra una soluzione
dignitosa, considerate le premesse». Per quanto
concerne invece le critiche citate in precedenza, Mazza preferisce passare
oltre:«Come dipendenti del FC Lugano, i giocatori sono liberi di esternare le
loro opinioni in quanto singoli. Ciò che conta, però, è che la società
bianconera e il suo staff tecnico sono allineati con quella che è la gestione
operata dalla nostra Divisione, sempre concordata con le varie parti in causa».
Con il
PSE si cambia passo
La
questione, emersa quest’anno a causa di condizioni meteorologiche atipiche,
potrebbe potenzialmente ripresentarsi anche in futuro. Ma per quel che concerne
la Città di Lugano, si rivelerebbe problematica soltanto fino all’avvento del
PSE. Da lì in avanti, infatti, vi sarà un deciso cambio di marcia per tutti gli
attori interessati. «La prima squadra bianconera potrà contare su un terreno
d’allenamento esclusivo in erba naturale (misura standard, 105 metri per 64
metri, ndr), compreso di pista d’atletica. Nell’arena vi saranno poi dei campi
sintetici (come del resto quello principale, ndr), destinati a prima squadra
maschile, femminile e l’U21. A Sud, infine, permarranno come oggi i campi F ed
E per l’hockey su prato e gli allievi più piccoli dei settori giovanili, che
non andranno al Maglio».
Croci-Torti: «Siamo tutti una grande squadra»
Le difficili condizioni dei terreni di Cornaredo, nelle ultime settimane, hanno inevitabilmente inciso sul lavoro del tecnico bianconero Mattia-Croci-Torti. Il quale, oltre a fare quotidianamente i conti con una realtà non ideale, è chiamato a rapportarsi sia con la Divisione Sport della Città di Lugano, sia con il gruppo da lui allenato. Che, recentemente, non ha trattenuto qualche mugugno: «Con la Divisione Sport c’è da anni un ottimo rapporto - rileva il «Crus» -, sia con il direttore Roberto Mazza, sia con il responsabile Cesare Lotti. È chiaro che staff tecnico e giocatori aspirano ad allenarsi nelle migliori condizioni possibili, con il dialogo cercheremo dunque di trovare le soluzioni più adeguate. Non va dimenticato che i miei ragazzi sono abituati a disporre del campo più bello della Svizzera, e che è una delle prime volte che ciò non accade. Sono però sicuro che, con l’arrivo della primavera, questo eccellente status verrà ristabilito». A pesare sul deterioramento dei terreni, come spiegato da Mazza, è stato anche il mancato ritiro in Spagna da parte di Sabbatini e compagni, a causa della pandemia. «Sì, purtroppo sapevamo che questo rischio era presente. Uno dei principali motivi per cui generalmente andiamo in ritiro è proprio per evitare di rovinare i nostri campi nel momento peggiore dell’anno. Purtroppo, però, è la seconda stagione di fila che non riusciamo a muoverci da Lugano. Questo fattore, unito all’anomala siccità che attanaglia la nostra regione, non ha aiutato i campi. Si tratta ora di stringere i denti per qualche settimana. Ma ripeto, gli aspetti più importanti sono il dialogo, la collaborazione e la programmazione. Tre elementi che non sono mai venuti a mancare. Ci terrei poi a sottolineare un’altra cosa. Lo stato dei campi incide sugli allenamenti, che a loro volta incidono sulle partite e - di riflesso - sui nostri risultati. Il mio obiettivo è dunque far sì che ogni dipendente del Dicastero Sport si senta, almeno in parte, partecipe del nostro percorso sportivo. E, si spera, anche delle nostre (tante) vittorie (ride, ndr)!».