Il dato

Ma come fanno i portieri a parare un rigore?

Un tentativo su tre ai Mondiali in Qatar è stato neutralizzato, facendo di Bono e gli altri estremi difensori degli eroi – Una percentuale così alta non si era mai vista: che cosa sta succedendo?
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Red. Online
07.12.2022 14:51

Finora, a Qatar 2022 due partite sono state decise dai calci di rigore. Lo spettacolo, in entrambi i casi, è stato francamente imbarazzante. Quantomeno, pensando a chi si è presentato sul dischetto. E ai tanti, troppi errori commessi. Il Giappone, rispetto alla Spagna, almeno ha avuto il merito di segnare una rete alla Croazia. Gli iberici, invece, contro il Marocco hanno fallito tutti e tre i tentativi. Possibile? Evidentemente sì.

Anni fa, nel 1966, alla Coppa del Mondo in Inghilterra i portieri non riuscirono a intercettare nessuno degli otto rigori assegnati. Finora, prendendo in esame anche i tiri dal dischetto durante la partita e non solo quelli finali, otto tentativi su ventiquattro sono stati parati mentre uno ha centrato il palo.

Il problema, si badi, riguarda un po’ tutte le nazionali. E la domanda, beh, sorge spontanea: chi si presenta a calciare un rigore, improvvisamente, si è trasformato in un brocco o i portieri, dall’oggi al domani, sono diventati dei fenomeni?

Ma quale lotteria...

Premessa: parlare di «lotteria dei rigori», nel 2022, non ha più senso. Impensabile, per dire, che Luis Enrique abbia mandato gente a caso sul dischetto dopo lo 0-0 contro il Marocco. Gareth Southgate, commissario tecnico dell’Inghilterra, perse una semifinale degli Europei come giocatore e una finale, sempre degli Europei, da allenatore. Nel 1996, fu proprio un suo errore a condannare i Tre Leoni. Ora, in Qatar, ha fatto e sta facendo di tutto affinché i suoi calciatori – nell’eventualità – si presentino pronti, mentalmente e fisicamente, a calciare un rigore. Fra le varie misure adottate, quella di prevedere sessioni di rigori dopo ogni allenamento. Un insegnamento, questo, arrivatogli dalla selezione britannica femminile di hockey su prato, che vinse le Olimpiadi a Rio de Janeiro. E che, per vincere, si esercitò a lungo proprio a tirare rigori. Non solo il tiro di per sé, ma proprio l’intera trafila: la camminata dalla linea di metà campo, l’ordine delle tiratrici e via discorrendo. Così facendo, i corpi delle atlete ai Giochi avevano una memoria muscolare sufficientemente allenata per sapere, con esattezza, cosa fare.

Ma torniamo alla domanda, pensando anche alle prodezze di Yassine Bounou, detto Bono, portiere del Marocco, come alla parata del portiere spagnolo sull’unico errore dell’avverario. I portieri hanno preso il sopravvento? Probabilmente sì. Quantomeno, non sono più legati alla superstizione (con sequenze di tuffi prestabilite) o a improvvisazioni. Alle spalle, leggiamo, c’è un grande studio degli avversari. E una conoscenza quasi maniacale delle loro abitudini di tiro. Il vantaggio, in questo caso, è anche psicologico. Oltre alla gestione dell’ambiente, come il rumore dei tifosi, un calciatore che si presenta dal dischetto oggi sa benissimo di essere stato vivisezionato dal portiere. E qui sorge un dubbio amletico: insistere sul piano originario, calciando come uno ha sempre calciato, o tentare qualcosa di nuovo? Aiuto.

Il consiglio

Secondo alcuni studiosi dei rigori (sì, ne esistono) una possibile soluzione, fronte giocatori, potrebbe essere quella di cambiare – radicalmente – l’avvicinamento al calcio. C’è chi, come l’italiano Jorginho, reo di essersi fatto ipnotizzare due volte da Sommer nelle qualificazioni ai Mondiali, aspetta sempre fino all’ultimo momento. Della serie: prima vedo dove si sdraia il portiere, poi decido dove calciare. Un esercizio pericoloso, anche perché i portieri sono diventati iper-reattivi e, pur costretti a rimanere sulla linea di porta, oramai sanno ingannare chi calcia. Come? Facendogli credere di andare da una parte salvo poi buttarsi dall’altra.

Proprio per questo motivo, il consiglio che molti allenatori danno ai giocatori è il seguente: andate, correte e calciate forte, se possibile mirando l’angolino. Alto o basso. Almeno, non darete al portiere altro tempo per studiarvi.

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