Dietro le quinte

Manna scrive a Renzetti: «Si deve passare»

L’ex direttore sportivo del Lugano lancia la sfida al presidente: a suo dire, il girone di Europa League è abbordabile
Il messaggio di Giovanni Manna. (Foto Putzu)
Marcello Pelizzari
30.08.2019 14:33

Federico stenta a crederci. Ha diciannove anni, lavora come barista a Mentone. A due passi da Monte Carlo. «Il Lugano? In Europa League? Ma dai» esclama con gli occhi sgranati. Il nostro interlocutore vive nei pressi di Ventimiglia ma conosce bene la Svizzera e soprattutto il Ticino. «Mia mamma aveva un ristorante al Gaggiolo, ho vissuto al confine per tre anni assieme a lei. Non era granché a dire il vero, c’era poco da fare». Tutt’altra storia dall’altra parte del confine: «Lugano è bellissima, la ricordo bellissima perlomeno. Il lago, quel clima mediterraneo. Un gioiello. Adesso mi dite che c’è pure una squadra di calcio capace di conquistare l’Europa. Altro che il Torino. È incredibile».

Già, incredibile. Una manciata di curve più in là, nel Principato, l’atmosfera è rilassata. Un altro cameriere, Giacomo, non a caso viene richiamato all’ordine dal suo superiore. «Guarda che bisogna servire i clienti» si sente dire, con una bella sfilza di bestemmie e parolacce a corredo. Rispetto al sorteggio della Champions, quello di Europa League è meno frequentato. Si intuisce dalla lista distribuita dall’UEFA, nella quale sono elencati i vari rappresentanti dei club. Un foglio singolo. E i nomi noti sono davvero pochissimi. A gestire il gran ballo dei bussolotti – perlomeno – ci sono due pesi da novanta: Ashley Cole e Paulo Ferreira. Questo trofeo, loro, l’hanno alzato. Sanno cosa significa arrivare in fondo. Vincere, insomma. E il Lugano? Angelo Renzetti sfila sul tappeto rosso con il solito misto di emozione e consapevolezza. Sorride, ma cerca subito l’entrata. «C’è un’afa asfissiante» afferma. «Mi serve un po’ di aria condizionata».

L’esperimento sociologico

Nell’attesa del sorteggio ci lanciamo in una sorta di esperimento sociologico. Noncuranti del caldo, fra il temerario e il masochistico, indossiamo il costume di Mr. Lvg – la mascotte bianconera – e camminiamo all’esterno del Grimaldi Forum. Siamo mossi da una domanda, fra scienza e marketing per principianti: qualcuno riconoscerà il marchio Lugano? Il test funziona a metà. I curiosi arrivano in massa. Perfino gli inservienti dell’UEFA ci chiedono un selfie. Alcuni turisti italiani, sentendoci parlare, ci chiedono: «Ah, siete dei connazionali. Ma che squadra è questa?». Si aspettavano Roma o Lazio, vai a spiegare che anche in Svizzera parliamo italiano. E che il Lugano è un piccolo, grande esempio di ticinesità nel mondo. Chi conosce i bianconeri è Giorgio Marchetti, direttore delle competizioni in seno all’UEFA. Il gran cerimoniere. Nato a Luino, come il nostro amico Federico conosce bene il confine e – ça va sans dire – quello che c’è dall’altra parte.

La prova generale

Bene, ma il girone? L’UEFA – nella prova generale che precede il grande evento – inserisce il Lugano con Siviglia, Braga e Istanbul Basaksehir. Spagna, Portogallo e Turchia. Niente male, davvero. Michele Campana sorride. Metterebbe la firma per un gruppo del genere. Cole e Ferreira la pensano diversamente. E mettono insieme un girone rognoso ancorché con un certo fascino: c’è la Dinamo Kiev, la regina ucraina dal passato (glorioso) ai tempi dell’Unione Sovietica. E poi c’è un derby scandinavo particolarissimo con Copenhagen e Malmö. Il cellulare di Renzetti vibra non appena il mosaico prende forma. C’è un messaggio di Giovanni Manna. Bisogna passare, suggerisce l’ex direttore sportivo del Lugano. Il patron sorride pur mantenendo una compostezza di fondo. In cuor suo, crede nell’impresa.

La festa è già finita

La festa dura pochissimo. Il tempo di stringere mani, scambiarsi i biglietti da visita e la delegazione bianconera lascia il Grimaldi Forum. Lungo la strada che costeggia la struttura sfilano bolidi clamorosi. Qui si corre un Gran Premio di Formula Uno, d’altronde. Ma Renzetti non paragona la sua squadra ad una Ferrari. Banalmente, il Lugano ha altri ritmi e una velocità normale. Una cosa però si può dire: per una vola ancora – ranking alla mano probabilmente l’ultima – il cuore bianconero batte seguendo il ritmo dell’Europa. Ed è una sensazione bellissima. Impagabile, come alcuni scorci di Monte Carlo.