Manuel Rivera mister spareggi: «La promozione del 2008 batte il derby»

Manuel Rivera Garrido oggi ha 41 anni. Passa le giornate al Bar Granata, del quale è proprietario e gerente. Se prima offriva assist al bacio ai compagni, l’ex capitano del Bellinzona oggi si divide fra caffè e birrini. Il calcio, però, è ancora al centro del suo mondo. Lo disturbiamo per parlare dello spareggio fra Xamax e Aarau. In palio la Super League. «Già, io di quelle doppie sfide ne ho giocate sei» spiega. È l’inizio di un viaggio lungo il viale dei ricordi.
In campo Manuel era preciso. Un vero regista, si diceva. Anche nell’esercizio del ricordare pare un metronomo. Tira fuori date e aneddoti con lo stesso ritmo di quando impartiva la manovra. «A dire il vero, se contiamo anche il 2000 gli spareggi sono sette» dice. «Ma quelli fra A e B sono sei, sì. Due con la maglia del Vaduz e ben quattro con quella del Bellinzona. Sono il giocatore che ne ha fatti di più, infatti ero diventato mister spareggio nello spogliatoio».
Giovedì, Xamax e Aarau daranno vita ad una sfida delicatissima. È più «facile» giocarla andando a caccia della promozione oppure cercando di salvare la categoria? «Io ho vissuto le due situazioni» risponde Rivera. «Banalmente, la squadra di B ha meno pressioni. Ma non è sempre così. Nel 2008, ad esempio, per certi versi l’ACB era favorito. Se avessimo perso si sarebbe parlato di un’occasione gettata alle ortiche. Anche perché quell’anno disputammo la finale di Coppa e restammo in testa alla classifica a lungo, salvo poi finire alle spalle del Vaduz. In generale, chi arriva dalla B ha motivazioni extra mentre chi deve difendere il posto è più nervoso».
Lo spareggio del 2010, invece, fu drammatico sul piano sportivo. «Il derby» sintetizza Manuel. «Noi a quel giro eravamo la squadra di Super, il Lugano invece sprecò la promozione diretta ma trovò la forza per ricompattarsi in vista del doppio confronto. Per il Ticino fu un momento incredibile, d’altra parte la rivalità fra le due squadre è arcinota. Quando vidi Doudin salire in cielo e intercettare quel pallone di testa, pensai: adesso è finita, torniamo giù. Il pallone per nostra fortuna centrò la traversa. Ci salvammo. Peccato che l’anno successivo, contro il Servette, la sorte non fu dalla nostra».
Ma come si affronta una «finale»? Rivera non ha dubbi: «La testa è importante, ma contano di più l’anima, il cuore, la voglia. Sono due partite in cui ti giochi tutto. E fra una sfida e l’altra ci sono pochi giorni per recuperare. Credetemi, essere la squadra di Super non è l’ideale. Prendete lo Xamax: ha fatto un bel ritorno, però adesso vede un ostacolo come l’Aarau. Una formazione che ha spinto e che, va da sé, non mollerà. Poi al Brügglifeld sarà tostissima per i rossoneri. È uno stadio caldo, avvolgente. In più il campo non è il massimo. Io lì ci ho perso uno spareggio nel 2007».


Di pronostici, Manuel, non ne fa. «Tuttavia tiferò per Igor Djuric, mio ex compagno di squadra» prosegue riferendosi al difensore del Neuchâtel. «È di Bellinzona, conosco lui e la sua famiglia. Se centrasse la salvezza sarei felice. Ma, appunto, parliamo di partite difficili da inquadrare. Spesso si parla dell’abisso che ci sarebbe fra Super e Challenge. In realtà, le cose non stanno esattamente così. Quando ti trovi nel vortice non c’è più differenza. Nel 2008 secondo il Blick e gli altri giornali svizzero tedeschi il San Gallo non avrebbe avuto problemi contro di noi. E invece il doppio confronto andò in un altro modo».
Dei sei spareggi disputati, Manuel ne ha vinti solamente due. Uno nel 2008 contro il San Gallo e uno due anni dopo contro il Lugano. A quale successo è più legato? «Il derby fu una gioia immensa, ma la promozione con Petkovic fu ancora più incredibile. L’idea di giornata perfetta, avete presente? Ecco. Fu l’apice della mia carriera e uno dei momenti più belli della mia vita. Andammo in Super con due vittorie. Meritando, quindi. Niente a che vedere con la finale di Coppa, anche perché al di là dell’emozione rimase l’amaro per il risultato. Per tutti questi motivi dico 20 maggio 2008, una data scolpita nel mio cuore».
Quello spareggio, dicevamo, non fu semplice per il Bellinzona. La squadra arrivò alla sfida dopo una finale di Coppa persa e, soprattutto, dopo aver buttato via il primo posto in campionato sinonimo di promozione diretta. «È vero, noi dopo Basilea andammo in crisi» ricorda Manuel. «Perdemmo un bel po’ di partite, una in maniera pazzesca a Delémont. Loro in 9 e noi in 11. Impressionante. Ad un certo punto, oltre ad aver perso il primo posto in classifica rischiavamo di finire terzi perché il Wil dietro premeva. Ne uscimmo con la forza del collettivo, dicendoci le cose in faccia».
Quel Bellinzona era guidato in panchina da Vladimir Petkovic e si portava appresso un’etichetta: squadra spettacolo. «Giocavamo bene in effetti. Ritornando al discorso spareggio, a darci la forza fu il nostro percorso in Coppa. Per arrivare alla finale eliminammo il Sion e lo Xamax. All’ultimo atto tenemmo testa al grande Basilea. Capimmo, insomma, di essere forti e di poter rivaleggiare con una squadra di Super in crisi. Il San Gallo. Non eravamo né ci sentivamo inferiori. E poi avevamo la forza del gioco. Petkovic ci aveva dato un’identità. Credeva nelle nostre qualità, ci faceva giocare in maniera esuberante. Per molti era un Bellinzona troppo offensivo e spregiudicato, ci dicevano che ne avremmo pagato lo scotto. Ma non potevamo farci nulla. Sapevamo giocare solamente così, con quel 3-4-1-2 divenuto leggenda».
Il tempo dei ricordi è finito. Ora Xamax e Aarau scriveranno una nuova pagina nella piccola, grande storia del barrage. E chissà se un domani il record di Manuel verrà battuto. «Ma io sarò sempre mister spareggi».