Mister Ballardini promuove l’Inter di Conte: «È la più attrezzata»

Oltre 200 panchine in Serie A, tra Cagliari, Palermo, Lazio e Bologna. L’ultima esperienza, nella stagione 2018-19, l’ha invece vissuta (ancora) al Genoa. Con Davide Ballardini, tecnico esperto, gettiamo lo sguardo al campionato che scatta domani con Fiorentina-Torino e Roma-Verona.
Mister Ballardini, si riparte dalle gerarchie e dagli equilibri della stagione terminata poco più di un mese fa?
«Non direi. Anche perché il periodo post-lockdown è stato particolare, con tante gare ravvicinate e la totale assenza di pubblico. Fare inoltre delle previsioni a mercato aperto è rischioso. Molte squadre sono tutt’ora dei cantieri. Basti pensare che la Juventus sta sciogliendo solo in queste ore il nodo del centravanti».
Il duello al vertice tra Inter e bianconeri appare comunque assodato. Vero?
«Indubbiamente. A questo giro però trovo che l’Inter si presenti al via più attrezzata della rivale. Non tanto in un raffronto sul piano tecnico, e quindi relativo alle qualità dei singoli. Quanto, invece, in termini di motivazioni. I nerazzurri hanno una fame leggermente superiore a quella della Juve. La società è economicamente forte e, soprattutto, Antonio Conte ha saputo farsi puntellare ulteriormente la rosa».
E il fattore Pirlo?
«È stato un giocatore straordinario ed è un ragazzo per bene, serio. Detto questo, l’equazione «fenomeno in campo=allenatore di successo» è tutto fuorché automatica. Se vogliamo Pirlo sta replicando i percorsi di Zidane o Mancini. A dirci se merita di stare dove sta sarà però il tempo. Tradotto: i risultati».
Lei prima di costruirsi una carriera di tutto rispetto in Serie A ha invece dovuto fare la classica gavetta...
«Premessa: un allenatore non può mai permettersi di abbassare la guardia. Solo poche realtà, in Italia, supportano e accompagnano con rispetto il ruolo del tecnico. Penso all’Atalanta o al Sassuolo. Ultimamente le cose vanno meglio anche alla Lazio. In tutte le altre situazioni devi invece essere bravo a capire, decidere e incidere alla svelta».
Delle società virtuose citate, Ballardini ha tuttavia conosciuto da vicino solo quella biancoceleste. Come la mettiamo?
«È così. Il Genoa, ad esempio, ha un metodo tutto suo, spieghiamola in questi termini. A Cagliari nel frattempo è per contro cambiata la proprietà. Anche se molti cagliaritani non mancano di chiamarmi, dipigendomi come un’icona e un simbolo della storia del club. Fa piacere».
I presidenti si lamentano: a causa della pandemia fare mercato è diventato un’impresa. Vale lo stesso discorso per gli allenatori, che come lei sono alla ricerca di un nuovo contratto?
«È una tesi che non condivido. A parlare a favore o meno di un tecnico senza panchina è solo il percorso che si è costruito alle spalle. L’unica cosa che conta sono i fatti e, in parte, le doti caratteriali della persona. Restare fermi non è mai facile. E poco importa se a causa della COVID-19 il calcio è apparso meno attrattivo. Ho sfruttato gli ultimi mesi per studiare le preparazioni di alcuni top club come Ajax e Liverpool. Adesso però non vedo l’ora di trovare un nuovo incarico. Sento, fortissimo, il bisogno di tornare in campo».
Un’ultima curiosità: lei alla Lazio ha allenato Stephan Lichtsteiner, da poco ritiratosi dal calcio. Cosa ricorda dell’ex capitano della Nazionale?
«Parliamo di un professionista esemplare. E la sua carriera è lì a dimostrarlo. Sarò onesto: in quella baraonda che era la Lazio del 2009-10 non compresi appieno le qualità di Lichtsteiner. Sì, credo di non essere stato alla sua altezza. Meritava di più da me».