Nicola Berti e la Champions: «Tifo per il mio Tottenham»

Nicola Berti, 52 anni, ex centrocampista dell’Inter con cui ha vinto da protagonista uno scudetto, una Supercoppa Italiana e due coppe Uefa, ha partecipato anche a due campionati del mondo con l’Italia, Cavaliere per meriti sportivi dopo il terzo posto nel 1990 e il secondo nel 1994. Idolo dei tifosi nerazzurri per la sua travolgente simpatia e il suo attaccamento alla maglia, è poi entrato nel cuore anche dei supporters del Tottenham, con cui ha giocato tra il 1998 e il 1999. E proprio nel ricordo della sua esperienza con gli Spurs presenta la finale di Champions League di sabato sera a Madrid, parlando del passato e del presente, in esclusiva per i lettori del «Corriere del Ticino».
Berti, tutti la ricordano all’Inter ma lei ha vinto anche con la maglia del Tottenham: qual è il ricordo più bello di quell’esperienza?
«La gioia e la spensieratezza con cui giocavo tutte le partite. A 31 anni non avevo più la velocità di prima, mi sentivo al settanta per cento della condizione anche perché praticamente non giocavo da due stagioni e allora mi ero inventato un nuovo ruolo. Facevo il centrocampista alla Pirlo in mezzo al campo, ma ogni tanto scattavo in avanti con qualche inserimento alla vecchia maniera».
C’è una bellissima foto in cui lei salta all’altezza della traversa proprio contro il Liverpool: ricorda quella partita?
«Come no? Era una gara di campionato del 1998-’99 in casa nostra. Non ero riuscito a segnare, ma avevo servito un assist allo svizzero Ramon Vega che poi mi ha ringraziato per il gol. Fu una partita meravigliosa, in puro stile inglese, piena di emozioni e rovesciamenti di fronte, finita 3-3. Ricordo che nel Liverpool giocava Paul Ince, un altro grande ex interista».
Come mai era andato al Tottenham?
«È stato un caso, davvero. A Natale avevo fatto gli auguri al mio amico Jurgen Klinsmann, con cui avevo giocato nell’Inter. Lui mi chiese che cosa stavo facendo e io gli risposi che ero fermo. “Nicola, allora perché non vieni a giocare con noi?”, mi chiese. Credevo che scherzasse e invece, dopo qualche giorno, mi ritrovai a Londra in un altro Paese, altra città, altro campionato e naturalmente altra squadra».
Come fu l’impatto con una realtà così diversa dall’Italia a livello non soltanto calcistico?
«Mi sono trovato subito non bene, ma benissimo. Klinsmann giocava e mi aiutò nell’inserimento con i nuovi compagni che non conoscevo. Ma devo dire che fui molto fortunato a trovare un grande allenatore, lo svizzero Christian Gross con cui legai subito, perché era un uomo adorabile, davvero geniale. La squadra era in difficoltà quando arrivai io e rischiava la retrocessione, ma riuscii a dare il mio contributo con tre gol e quattro assist. Ci salvammo grazie a un grande girone di ritorno e così mi rinnovarono il contratto per meriti, non perché mi chiamavo Berti, e questa per me fu una enorme soddisfazione. Mi sentii uno del Tottenham da sempre, anche se ero arrivato soltanto a gennaio».
Come mai, allora, la sua esperienza durò così poco?
«Non lo immaginavo nemmeno io. Mi sentivo così coinvolto nei programmi della società e così inserito nella squadra che Gross a fine stagione mi chiese chi potevamo prendere e io gli consigliai Paolo Tramezzani, altro ex interista. E grazie a me anche il “Trame” prese parte al ritiro estivo a Sankt Moritz, in quel meraviglioso verde dell’Engadina. Purtroppo, però, il campionato successivo incominciò male. Dopo quattro giornate fu esonerato quel gran signore di Gross. Al suo posto arrivò lo scozzese George Graham, che aveva altre idee, e da quel momento mi ritrovai ai margini della squadra. Rimasi fino al termine della stagione, ma siccome io non sono un tipo da mezze misure, non sono nemmeno più andato in panchina. O titolare o a casa e così mi ritrovai fuori rosa, in pratica in vacanza».
Che cosa le è rimasto di quel periodo a Londra?
«Soltanto bellissimi ricordi. Vivevo in centro e non devo spiegare io come si sta a Londra. Ma soprattutto ricordo che c’era sempre un’atmosfera di festa allo stadio, il vecchio White Hart Lane».
Ha mantenuto rapporti con il Tottenham?
«Certo. Sono sempre in contatto con amici e tifosi della squadra e due mesi fa sono stato felice di tornare con la formazione delle Leggende dell’Inter, guidata da Toldo, per un’amichevole con le glorie del Tottenham, in occasione dell’inaugurazione del nuovo grande e magnifico stadio degli Spurs».


Se l’immaginava il Tottenham finalista di Champions?
«Sinceramente no, ma penso che nemmeno il più accanito tifoso del Tottenham lo potesse immaginare. Ero a San Siro quando si giocò la prima partita del girone che l’Inter vinse 2-1 contro il Tottenham nel finale, dopo aver pareggiato con quel gran gol di Icardi. E c’ero anche al ritorno a Wembley, dove l’Inter ha perso 1-0, compromettendo la qualificazione. Al di là del tifo, era più facile che arrivasse l’Inter in finale e invece ce l’ha fatta il Tottenham ma con pieno merito».
C’è un favorito per questa finale?
«È davvero una finale molto equilibrata, ma se mi devo sbilanciare dico che trionferà il Tottenham che è alla sua prima finale e giocherà spensierato, senza pressioni, proprio perché non ha l’obbligo di vincere per riscattarsi. Il Liverpool, invece, ha perso le ultime due finali, contro il Milan e il Real Madrid l’anno scorso, per cui occhio perché non c’è due senza tre. Una cosa è certa comunque: una partita tra Tottenham e Liverpool non può finire 0-0 perché sono due squadre che non sanno fare calcoli. E quindi sarà una finale bellissima e spettacolare».
Chi può essere l’uomo decisivo?
«Il Liverpool conterà sulla voglia di rivincita di Salah che un anno fa si fece male in finale, ma io penso ai “nostri” e dico che il Tottenham ha tre grandissimi giocatori: Eriksen è un centrocampista straordinario che segna e fa segnare, Son ha una velocità pazzesca e un gran tiro e poi c’è Kane un trascinatore, un vero capitano. Se il Tottenham è arrivato in finale senza i suoi gol, vuol dire che è davvero una grande squadra che non dipende da un singolo».
Quanto contano i due allenatori, Pochettino e Klopp?
«Sono bravissimi tutti e due. Ho conosciuto Pochettino a Londra e devo dire che è anche molto simatico e aperto oltre che bravo. Klopp mi sembra più un istrione, comunque bravissimo anche lui. Se Tottenham e Liverpool sono in finale, quindi, il merito è anche loro, perché una finale così era imprevedibile, pensando alle altre squadre in corsa, dal Real Madrid al Barcellona, dal Manchester City alla Juventus».
Due finali europee con quattro squadre inglesi: è un caso oppure no?
«Non può essere soltanto un caso. La spiegazione è il money-money, i soldi cioè, perché in Inghilterra ci sono i soldi che non ci sono più in Italia per costruire grandi squadre. Negli anni Novanta l’Inter ha vinto tre volte la coppa Uefa, due quando c’ero con il grande presidente Ernesto Pellegrini e una quando c’era Moratti. Ma oltre all’Inter hanno vinto la Juventus, il Parma e sono arrivate in finale la Roma, la Lazio, il Torino, la Fiorentina, perché allora in Italia non c’era la crisi di adesso».
Sabato, secondo i pronostici di inizio stagione, avrebbe dovuto trionfare la Juventus: è stato un fallimento non raggiungere nemmeno la finale?
«Direi proprio di sì, perché con Cristiano Ronaldo la Juventus in Champions League ha fatto peggio degli anni scorsi».
E quindi che cosa dovrebbe fare Cristiano Ronaldo per vincere?
«Intanto gli consiglio di cambiare macchina. Deve prenderne una ancora più grande, ma che sia della Fiat mi raccomando».
Scherzi a parte, l’ultima squadra che ha vinto la Champions è stata la sua amata Inter, nel 2010: ce la farà a tornare sul tetto d’Europa l’anno prossimo?
«L’Inter mi sembra sulla buona strada, ma credo che sia più facile correre per vincere lo scudetto tra un anno».
Quindi crede nel nuovo allenatore Conte?
«Spalletti è un ottimo allenatore, ma penso che per tanti motivi ci volesse un cambiamento e già vedo un ambiente più positivo, con un rinnovato entusiasmo anche tra i tifosi».
Per concludere, dove vedrà la finale sabato sera?
«Sarò al Mugello con alcuni amici a tifare per Valentino Rossi, ma prima naturalmente tiferò per il Tottenham davanti alla tv. Dopo vent’anni mi rimetterò la vecchia maglietta bianca portafortuna che conservo ancora. E quindi forza Spurs».