Nikita Vlasenko e quel sogno chiamato Juventus

Nikita Vlasenko è nato a Donetsk, allora territorio ucraino ma oggi grosso, grossissimo punto di domanda. È un ragazzone di un metro e novanta, fa il difensore e, soprattutto, da quel 20 marzo 2001, giorno della sua nascita, ha fatto parecchia strada. Il Team Ticino, la Juventus, ora il Sion. «Una grande occasione» ci tiene a sottolineare.
Durante la guerra fredda, negli anni Ottanta, Elton John scrisse una canzone. Raccontava di un amore impossibile. Impossibile perché di mezzo c’era la cortina di ferro. Il titolo? Nikita. Amore e, di riflesso, scelte hanno caratterizzato anche la vita di Vlasenko. Nikita, appunto. Questo difensore dai piedi educati non ha ancora vent’anni. Eppure, ne ha già viste e vissute tante. A cominciare dalla Juventus, gigante fra i giganti, società che mise gli occhi su di lui nel 2019, a gennaio, quando l’unico, possibile sbocco in bianconero sembrava legato alla prima squadra del Lugano. «Quando ti chiama un club del genere, beh, non puoi dire di no» afferma il talento scuola Team Ticino, da pochi mesi accasatosi a Sion.
Il calcio vero
In Italia, a Torino, Nikita ha sfiorato il calcio vero. Quello dei campioni assoluti. «Un altro mondo, sì» prosegue. «Il pallone, là, è vissuto in maniera differente. A contare è quasi esclusivamente il risultato. Tutto, ma proprio tutto, ruota attorno alle vittorie. Alla Juve ho fatto due anni canonici di Primavera, quindi sono stato aggregato alla Under 23 in Serie C ma poi è saltata fuori l’opportunità Sion, in Super League. Mi sono detto: perché no? In fondo, sono e rimango un prodotto del calcio svizzero e conoscevo già l’ambiente. Il Vallese, ai miei occhi, è un’altra occasione per crescere».
A livello giovanile, Vlasenko con la Juventus ha messo assieme poco più di venti presenze. «Ma se tornassi indietro rifarei tutto, perché quel club per me è stato molto importante. Mi ha permesso di maturare, in campo e fuori. A Torino sono stato allenato da ex calciatori, gente come Francesco Baldini che, fra l’altro, nella stagione 2007-08 passò da Lugano, o ancora Lamberto Zauli e Fabio Pecchia. E poi, va da sé, più volte ho avuto la fortuna di aggregarmi alla prima squadra. Sia durante l’era Max Allegri sia con Maurizio Sarri. Quando sei lì, assieme a grandi campioni come Cristiano Ronaldo, un pensiero all’esordio in Serie A lo fai. Direi che è naturale. Sarebbe potuto accadere, certo, ma in quei casi hai bisogno anche di un pizzico di fortuna».
Partire o restare?
Vlasenko, andando in Italia, a suo tempo riaprì l’annoso dibattito: è giusto lasciare il nido così presto per abbracciare le sirene estere? «Dal Ticino mi ero portato un bagaglio buono, direi perfino ottimo. Mi mancavano, questo sì, ritmo e intensità del passaggio. In Italia ho lavorato anche sui dettagli, come la postura del corpo, gli appoggi e i tipi di corsa che deve fare un difensore. Sul partire o sull’aspettare, comunque, posso dire soltanto una cosa: io la mia formazione l’avevo conclusa, sono uscito dal Team Ticino a diciotto anni. Ecco, non sono andato alla Juventus a quindici o sedici anni, come magari hanno fatto altri. La chiamata dei bianconeri arrivò mentre ero in ritiro con il Lugano di Fabio Celestini. Lì, appunto, cominciò tutto. Non prima. Ad un giovane che si affaccia al professionismo dico: se ti senti pronto, vai. Fare esperienza aiuta a prescindere. Ti arricchisci come persona e come calciatore. Di più, lontano dalla famiglia diventi anche decisamente più responsabile, cresci in tutti i sensi. La cosa, poi, si riflette in campo a livello di atteggiamento e assunzione dei rischi. Al Team Ticino, ricordo, quando tornavo a casa stanco dopo un allenamento o una partita trovavo un pasto caldo mentre qualcuno, spesso mia mamma, svuotava la borsa con le cose sporche al posto mio. Era tutto molto più comodo».
Aspettando un’occasione
A Sion, in fondo, Nikita può sentirsi ancora uno juventino. Merito di Fabio Grosso, campione del mondo con l’Italia nel 2006, calciatore a Torino fra il 2009 e il 2012 e in seguito allenatore della Primavera bianconera. «Ci sono tanti cambiamenti, devo un po’ farci l’abitudine ancora ma sto lavorando per farmi trovare pronto. È chiaro che, arrivando da un grosso club come la Juventus, le aspettative nei miei confronti sono alte. È una responsabilità che, tuttavia, mi prendo volentieri e accetto. Con il passare delle settimane la conoscenza con i compagni migliora sempre di più e il rapporto con mister Grosso è davvero ottimo. Ripeto: Sion è un’occasione per crescere. Non vedo l’ora di fare il mio esordio».