Calcio

Non si tratta di una rivoluzione, di De Bruyne ce n’è uno solo

Il centrocampista belga del Manchester City ha recentemente discusso in prima persona il suo rinnovo contrattuale
Kevin De Bruyne ha rinnovato fino al 2025 il suo contratto con il City.
Stefano Olivari
23.04.2021 06:00

I procuratori sarebbero uno dei mali del calcio e dello sport mondiale, secondo un luogo comune mediatico. Ma allora non si capisce come mai la quasi totalità dei giocatori e dei club si servano di loro, spesso pregandoli in ginocchio. È per questo che la storia di Kevin De Bruyne, che ha trattato da solo il suo nuovo contratto con il Manchester City, ha fatto così scalpore. Storia rara, a questi livelli quasi unica.

Statistiche e avvocato

De Bruyne, che aveva con il City un contratto fino al 2023, ha gestito da solo la trattativa per il prolungamento, facendosi assistere dal suo avvocato soltanto per la stesura del contratto. Il belga si è quindi legato fino al 2025 alla squadra in cui è arrivato nel 2015, prima di Guardiola, e che sta dominando la Premier League. Ha adeguato il contratto in essere e lo ha portato fino a quando avrà 34 anni: al lordo delle imposte guadagnerà di solo ingaggio l’equivalente di 26,4 milioni di franchi l’anno, quindi ha avuto un aumento di circa il 15% rispetto al precedente accordo.

Merito dell’abilità negoziale, ma anche della massa di statistiche avanzate che il belga aveva commissionato ad una società di analisi di dati e che ha, non metaforicamente, messo sul tavolo del direttore sportivo Beguiristain. I numeri in stile Moneyball hanno dimostrato la sua incidenza su ogni fase del gioco di Guardiola, anche se basta guardare le partite del City per rendersi conto che da anni De Bruyne è il più completo centrocampista del mondo.

Il caso De Bruyne, cioè di un calciatore che non si fa assistere da un agente e nemmeno dai familiari, è nello sport professionistico più unico che raro ed è facile capire perché: il livello altissimo del giocatore, il fatto che sia nella squadra da tanto e abbia un rapporto personale con l’allenatore e il potenziale di spesa del club. Certo un De Bruyne in trattativa con una nuova società avrebbe trovato qualche difficoltà in più, ma questo non toglie che possa fare scuola in casi simili.

Tutto in famiglia

Nel calcio moderno è quasi impensabile essere di livello internazionale e non avere un agente, non fosse altro che per le mille complicazioni e clausole dei trasferimenti. Fra l’estremo di De Bruyne e quello di chi affida totalmente la propria vita - oltre che i propri contratti - ad un estraneo, ci sono molti casi di atleti assistiti da familiari. A volte con una minima cultura giuridica e finanziaria, più spesso con nessuna preparazione. Rimanendo nel presente, tutta delegata ai rispettivi padri è la gestione di Messi (fra l’altro Jorge Messi è stato anche causa dei suoi guai con il fisco spagnolo), Neymar, Hazard, Hudson-Odoi e Mata, mentre altri familiari curano gli interessi di Icardi (la moglie Wanda Nara, causa della sua rottura con l’Inter), Rabiot (la madre Veronique, fra l’altro artefice del suo pazzesco contratto con la Juventus) e Chiellini (il fratello gemello Claudio).

Situazione con diversi pro, su tutti il rapporto di fiducia totale, e molti contro, come l’emotività nel trattare gli affari e l’improvvisazione (basti pensare nel passato ai fratelli di Totti e Nesta). Particolarissimo il caso di Xherdan Shaqiri, visto che suo fratello Erdin cura i suoi interessi ma anche quelli di tanti altri, quasi tutti con passaporto svizzero: da Freuler a Embolo, passando per Bajrami, i due Ajeti, Turkes, Haderjonaj e tanti altri.

Raiola e Mendes

La realtà è che per la carriera di un calciatore di livello medio il procuratore è decisivo, visto che permette di agganciarsi al treno del fuoriclasse della scuderia. Ma vale anche il contrario, perché un club senza rapporti con i grandi procuratori difficilmente riesce a rinforzarsi. Per questo Mino Raiola, agente di Haaland, Ibrahimovic, De Ligt, Donnarumma, Pogba, eccetera, è così corteggiato dai club; ma anche dai giocatori, al pari di Jorge Mendes che con la sua Gestifute gestisce gli interessi di Cristiano Ronaldo, Bernardo Silva e Mourinho. Un calciatore intelligente come De Bruyne può anche far preparare l’analisi dei suoi dati, ma se il suo livello calcistico fosse stato inferiore è certo che il City gli avrebbe fatto una proposta al ribasso. E a dirla tutta, anche nell’era del coronavirus, il contratto di De Bruyne non è certo il massimo che potesse spuntare.

Il prezzo di tutto

Quanto guadagna un agente? Alla fine l’unica vera domanda è questa. Non c’è una regola fissa ed ogni accordo è individuale, ma si può dire che nella media il calciatore e lo sportivo in genere lascino agli agenti il 5% dell’importo dei loro contratti, anche se spesso la base è il 3. Non è comunque nell’interesse del procuratore chiedere troppo agli atleti, perché soprattutto negli ultimi anni i soldi veri arrivano dai club sotto forma di commissioni. Il Raiola o il Mendes della situazione può essere consulente anche di una sola delle tre parti in causa, di solito il calciatore, ma non mancano situazioni paradossali in cui lo stesso agente cura gli interessi di tutti. Lì non si lavora più a percentuale, ma a contrattazione libera: la situazione più lucrosa è quella relativa al trasferimento di un giocatore a fine contratto, quindi senza che la sua vecchia società possa accampare pretese.

Forbes ha stimato in 1,74 miliardi di franchi svizzeri le commissioni guadagnate nel 2020 dai principali agenti sportivi, per contratti di importo di 37,8 miliardi: percentuale media del 4,6%, quindi. I nomi al top sono Scott Boras (che si occupa soprattutto di baseball MLB), con 147,8 milioni di commissioni nel solo 2020, Jonathan Barnett (calcio inglese, 130,5), Jorge Mendes (95,4), Mino Raiola (77,6) e Jeff Schwartz (pallacanestro NBA, 66,9 milioni), in una classifica in cui è presente anche il rapper e produttore discografico Jay-Z, con 26,3 milioni. Tutti loro sanno che di De Bruyne ce n’è uno.